Volume Primo. Del Cavalier Lionardo Salviati, diviso in tre libri
Autore:
Lionardo Salviati | Salviati Leonardo
LIBRO PRIMO
Proemio al Signor Duca di Sora, a c. [p.] 1.
Principio del uolume. a c. [p.] 5.
Di due originali del Decameron.cap.1.ac. [p.] 6.
Delle copie, con l'aiuto delle quali s'è corretto il Decameron .cap.2.car. [p.] 6.
Della miglior copia,da quei del73. detta l'Ottimo ,e da noi il Mannelli. cap.3. a car. [p.] 7.
Dell'Ortografia del Mannelli, e dell'altre copie del libro delle Nouelle. cap.4. car. [p.] 7.
Dell'altre copie del detto libro, e onde fieno eftratte.cap.5.car. [p.] 8.
Del modo, che s'è tenuto nell'emendare il libro delle Nouelle. cap. 6. car. [p.] 8.
Quale Ortografia s'è seguita nel Decameron dell'82. cap.7.car. [p.] 9.
Rendesi ragione della lettura del Decameron dell’82.in certi luoghi particolari. cap.8.car. [p.] 13 .
Perchè nel Decameron dell’8 2. la Tauola talora discordi da' titoli delle nouelle, e i medesimi nomi propri si leggano in quel libro diuersamente. cap.9.car. [p.] 23.
Che non si parla sempre a un modo; e esempli d'altro parere ne' testi del Decamerone. cap.10. car. [p.] 26.
Luoghi del Decam. che in alcune copie paion corretti difantasia.cap.11.c. [p.] 28.
Luoghi, che nel Decam. dell’82. si fono anzi uoluti lasciar difettosi,ò imperfetti, che correggergli di fantasia. cap.12.car. [p.] 40.
Del Titolo del Decam. del Bocc.cap.13.car. [p.] 42.
Parole, parlari e luoghi particolari del Decam. che si considerano, ò si dichiarano,ò si difendono, ò si correggono,ò intorno a quali come che sia s i ragiona. cap.14.car. [p.] 44 .
Luoghi, concetti, parlari,ò uocaboli del libro delle Nouelle, che'o gli stessi, ò simili si truouano in altri Libri del medesimo secolo.cap.15.car. [p.] 59.
LIBRO SECONDO
Se le lingue viue sien da ristrigner sotto regola, e spezialmente il volgar nostro. cap.1.car. [p.] 70.
Da chi si debbano, e per iscriuere,è per fauellare raccor le regole, e prenderle parole nelle lingue, che si fauellano, e che sono atte a scriuersi, e spezialmente nel volgar nostro. cap.2.car. [p.] 72.
Come si conosca, e si pruoi, che in Firenze si parla oggi manco bene, che non ui si parlaua nel tempo del Bocc. cap.3.car. [p.] 75.
Luoghi ,e fauellari estratti dal libro degli Ammaestramenti degli antichi, ne' quali l'efficaccia, la breuità, la chiarezza, la bellezza, la vaghezza, la dolcezza la purità, e la semplice leggiadria si vede espressa della fauella della migliore età. cap.4.car. [p.] 78.
Del fauellare, che alcuni oggi chiamano lingua corrente, e di quello, il quale a questi tempi s'usa da segretari. cap.5 .car. [p.] 82 .
Contr'un Moderno, che dice, che non si dee scriuere nella fauella del miglior secolo, perchè non si scernono le parole, e maniere nobili dalle vili, e che chi scriue in Latino, dourebbe s criuere nella lingua di tutti i secoli. cap.6.car. [p.] 85.
Qual fosse la cagione del peggioramento del fauellare. cap.7.car. [p.] 87.
Perchè non si debbano usar molti vocaboli, e modi piouuti dal Latino, dal quale viene il corpo del volgar nostro, come molti se n'usa venuti dal Prouenzale, che c'è in tutto straniero. cap.8.car. [p.] 90.
Quando la lingua cominciasse a peggiorare, e quando a rimigliorare e che progresso abbia fatto fino a oggi.cap.9.car. [p.] 93 .
Se nel tempo del Bocc. erano nel popolo di Firenze le medesime, ò simili scorrezioni di fauella, che vi sono oggi.cap.10.car. [p.] 95.
Quale nel buon secolo fosse piu pura, ò la fauella del popolo, ò quella degli scrittori: e tra gli scrittori, ò quella de' letterati, ò quella degli idioti.cap.11.c. [p.] 100.
Scrittori del buon secolo chi furono, e quali cose, e in che tempo scrisse ciascun di loro, e qual piu, e qual meno sia da pregiare, e perchè. cap.12.car. [p.] 100.
Se la Toscana lingua per l'auuenire, e di bontà di fauella,e d'eccellenza d'autori possa tanto soprauanzar l'età del Bocc. che s'abbiano a dismetter le regole tratte dagli Autori di quel tempo. cap.13.car. [p.] 134.
Dell’uso delle fauelle.cap.14.car. [p.] 135 .
Perchè molte voci si pronunzino diuersamente. cap.15. car. [p.] 139.
Dell’abuso, che cosa sia nelle lingue. cap.16.car. [p.] 143 .
Se nelle basse poesie s’hanno a feruar leregole. cap.17.car. [p.] 144.
Le voci, e i modi del dirsi mutano, e deonsi lasciare stare,come gli scrisse l'autore.cap.18.car. [p.] 145 .
Vane contese d'alcuni non Toscani co' Fiorentini per conto della lingua. cap. 19.car. [p.] 146.
Voci, e parlari, che da alcuni fon tenuti moderni idiotismi del popolo di Firenze, e s'usarono parimente da migliori scrittori del miglior secolo. cap.20.c. [p.] 148.
Contra la vana mordacità d'alcuni moderni non Toscani. cap. 21. car.150. [p.] 150
Voci, e parlari, che alcuni hanno fatta falsa imprensione, che non s'usassero nel buon secolo. capit.22.car. [p.] 153
Proemio del terzo libro.car.1 [p.] 55.
Della lettera, Capitolo primo.
Se tutte le lettere s'abbiano a nominar come femmine, come sogliono alcuni, la bi, la ci, ec. part.1.car. [p.] 165.
Se i nomi del b, c, d, g, p, t, s'abbiano a pronunziare, be, ce, de, ge, pe, te, come c'insegnano i Latini gramatici, ò pur bi, ci, di, gi, pi, ti, come costumano gl'idioti. part.2. car. [p.] 167.
Se veramente alla Toscana Abbiccì manchino segni, o caratteri da rappresentar tutte le pronunzie delle sue lettere. part.3.car. [p.] 167.
Quante e quali nel volgar nostro son le lettere, che si scriuono: e quante, e quali quelle, che si pronunziano, ò si posson pronunziare. part.4.c. [p.] 170.
Come si distinguono le lettere. part.5.car. [p.] 171.
Quante, e quali sono le vocali del volgar nostro. part.6. car. [p.] 172.
Se piu vocali in una sillaba sieno d Toscani cio, ch' appoi Greci, e i Latini fu il Dittongo, e se dittongi abbia veramente la lingua nostra, e quali part.7. car. [p.] 198.
Quante, e quali fono le consonanti nel volgar nostro. part.8. car. [p.] 80.
Quante, e quali fono appresso di noi le lettere semiuocal. part.9. car. [p.] 130.
Quale è il suono del gli nfranto, e del gn infranto. part. to. car. [p.] 181.
Quali fono i suoni delle zete, e come diuerfi. part. 1 t.car. [p.] 184.
Come s'appruona l’uso della z per t. part.12.car. [p.] 185.
Z per t se è la medesima, che la, z offra, e perchè si distingua con titolo di forti le, e perchè non si raddoppi. part.13.c. [p.] 187.
Il tz in vece delle zete, messo auanti da un moderno, perchè non si riceuano. part. 14.c. [p.] 138.
I suoni delle lettere mutole quanti, e quali fono appo noi. part. 15.c. [p.] 189.
C uale è l’u consonante. part. 16.car. [p.] 189.
Come sono diuersi i sioni del c, del ch rotondo, e del ch schiacciato. part.17. car. [p.] 190.
Come sono diuersi i suoni del g, del gh rotondo, e del gh schiacciato, e quanti sono in tutto caratteri, che ti mancano nell’Abbiccì. part. 18. c. [p.] 192.
Sea tempo del Bocc. erano ancora i detti suoni, che oggi mancano di propri segni, o se forzo soprauuenuti dappoi. E quante e quali sieno le rime improprie, e se si possono difendere, e usarsi ne' tempi nostri. part. 19. car. [p.] 190.
Come si potrebbe sopperire nella nostra abbiccì al difetto de’ caratteri, senza introdur figure strane nella scrittura. part.20.c. [p.] 194.
Dell’ortografia capitolo secondo.
ORTOGRAFIA quanto talora importi allo'ntendere i senfi del fauellare. par.1.c. [p.] 196.
Quanti e quali luoghi nel Decato si sono acconci con l’aiuto dell'ortografia solamente. part.2.c. [p.] 197
Quanto è difficile in queta lingua il fermar I’uso dello scriuer correttamente. part.3.c. [p.] 159.
Se la volgar fauella volentieri si discosti dalla Latina, e se da essa nelle nostre parole dobbiamo allontanarci, come presuppongono alcuni part.4.c. [p.] 200.
Che la scrittura seguiti la pronunzia, vero, primo, e general fondamento dello scriuer correttamente.part.5.c. [p.] 201.
Se la scrittura in qualche parte sia piu chiara, che la pronunzia: e la pronunzia allo ‘ncontro in qualche parte piu chiara, che la scrittura. part.6.c. [p.] 202.
Qual pronunzia seguir si dee nello scriuer correttamente nel Toscano idioma. part.7.c. [p.] 204.
Ortografia degli antichi ne' libri del volgar nostro se sia costante, ò no. p.8.c. [p.] 205.
Se di quel di Firenze, ò d'altro popolo di Toscana si debba seguir la voce nello scriuer correttamente. par. 9.0. [p.] 206.
Se degli antichi, ò de moderni seguir si dee la pronunzia nello scriuer correttamente. par.10.c. [p.] 207.
Quali voci nel testo del Mann. talor con mala, e talor sieno scritte con buona ortografia par.11.c. [p.] 109.
Quali voci nel testo del Man. paiano scritte sempre con mala ortografia. part. 12.c. [p.] 212.
La Toscana pronunzia fugge la fatica, e l'asprezze. part.13.c. [p.] 212.
La Toscana pronunzia fugge il percotimento, e lo strepito delle diuerse consonanti. part.14.6. [p.] 213.
Lettere dalla pronunzia cacciate di varie voci, è parlari, per fuggire il percotimento delle diuerse consonanti part.15.c. [p.] 213.
Lettere aggiunte dalla pronunzia al principio della parola per ischisare il percotimento delle diuerse consonanti. par.16.c. [p.] 214.
Lettere cangiate dalla pronunzia, per tor via il percotimento delle diuerse consonanti. par.17.c. [p.] 215.
Lettere trasposte dalla pronunzia, per fuggire il percotimento delle diuerse consonanti. part.18.c. [p.] 217.
Alla S, che principio sia di parola, e a cui segua diuerse consonati, quado preporre, e quando,e come si debba tor la i, ò la e, che le stessero auanti. par.19.c.2 1 8.
La lingua cerca di profferir le voci ageuolmente, e colpite.part.20.221.
Lo contro delle vocali si schifa dalla pronunzia per fuggir la fatica, e prima del naturale incontro part.21.c. [p.] 222.
La pronuzia per lo contrario par, che procacci studiosamente lo scontro delle vocali. part.a 2.c. [p.] 225.
Come accaggia nella Toscana lingua l’accidentale incontro delle vocali, e in quanti modi si schifi dalla pronunzia. part.23.c. [p.] 227.
L'accidentale incontro delle uocali si schifa dalla pronunzia con interponimento di consonante, e di qual consonante, ed esempli, primo modo. par 24.c. [p.] 228.
L'accidentale incontro delle uocali si fa, scacciandone una, e di quattro riguardi, che ci contiene auere. part.25.c. [p.] 229.
Se nell’uso dell’apostrofo sien comuni regole alla prosa, e al uerso. par. 26.c. [p.] 230.
Se ognora, che tra parola, e parola si fa intoppo di uocali s'estingua l'una delle dette uocali part.27.c. [p.] 230.
Se la scrittura seguiti ognora la pronunzia nell’estinguimento della uocale. par.28.c. [p.] 231.
Se quando s'estingua una delle due uocali, che s'intoppano tra parola, e parola, tocchi ad estinguersi all’ultima della precedente, ò alla prima della noce, che segue, e quali uoci sien quelle, che nella fronte riceuano il troncamento. p.29.c. [p.] 232.
Quando non si tolga uia alcuna delle uocali, che fanno l’accidentale intoppo. par. 30.0. [p.] 235.
Regole della detta particella.
Cio che troncato è sconcio nella pronunzia, troncato nella scrittura molto piu è difforme. c. [p.] 235.
Scriuansi nella prosa comunemente, quanto pertiene allo’ntoppo tutte le voci intere. c. [p.] 235.
Non s'estingue uocale doue ella uaglia per una noce intera ed esempli. c. [p.] 235.
Doue sia posa nel fauellare, che punto fermo, i mezzo punto, ó punto coma, o segno di parentesi richeggia, come che sia, non puo in alcun modo estinguersi la uocale. c. [p.] 236.
V uocale sopra cui sia l'accento, ne in principio, ne infin di parola non si dilegua mai. c. [p.] 236.
Vocale di dittongo, cioè, che con altra uocale in una stessa sillaba uenga pronunziata, anch'ella mai non s'estingue, se la seguente uoce cominci da uocale altresì. car. [p.] 236.
La scrittura, contra quel che s'è detto generalmente dello'n toppo delle uocali, par che tronchi men uolentieri la coda delle parole, quando parola segua, che da uocale incominci: ed esempli car. [p.] 236.
E larga non si discaccia mai ne in principio, ne infin di parola. car. [p.] 237.
L'o largo non si lascia mai discacciare, ò sia nella fronte, ò sia nella coda della parola. car. [p.] 237.
L'o largo nel fin della uoce se parola gli uenga appresso cominciante dai, anche nel dire sciolto si dilegua tal uoltaa. car. [p.] 237.
Troncar si puo anche nella prosa per feruire al suono, ed esempli. c.1. [p.] 237.
L'v douunque si sia non auuien mai, che s’estingua. car. [p.] 237.
A voci d'una sillaba non si tronca la coda, ed esempli. car. [p.] 237.
Quando, e a quali voci nel fin della parola nel verso, ò nella prosa s’estingua sempre la vocale, che s'intoppa con là seguente. part.31. car. [p.] 238.
Quando, ed a quali uoci nel fin della parola eziandio nella prosa s'estingua non sempre, ma tal uolta la vocale, che s'intoppa con la seguente ed esempli. part.32.car. [p.] 241.
Del segno dell’apostrofo, e come i nostri vecchi non l’ebbero in costume, ma altro usarono in quella pace. part 33.c. [p.] 241.
L'apostrofo, come, e doue, e quando dirittamete si debba adoperare. p.34.c. [p.] 246.
L'apostrofo s’usa nel fin della parola in alcune noci, che non s'adoperano se presso a quelle non segna consonante: ed esempli. part.35.c. [p.] 249.
L'apostrofo s’adopera anche in fin di parole, che s’usano tronche segua, à non segua consonante, per isfuggir lo ‘ntoppo nella uoce medesima. part.36.c. [p.] 250.
La pronuncia cerca la breuità, e del troncamento delle parole, che precedono a voci comincianti da consonante. part.37.c. [p.] 251.
Regole della detta praticella.
Qualunque voce non puo troncarsi, e qualunque vocale non puo estinguersi per isfuggir lo 'ntoppo d'altra vocale. car. [p.] 252.
Non si mozza parola cui segua voce cominciante da f, che sia seguita da altra consonante, ed esempli. car. [p.] 252.
Non si puo troncar uoce, la cui penultima lettera non sia una di queste quattro l, r, m, n. ed esempli. car. [p.] 252.
In alcune delle parole, che troncate restino finite in m, la m nella pronunzia si muta in n, e se altresì far si debba nella scrittura. car. [p.] 254.
Non si tronca parola d'una sillaba sola, e perchè, ed esempli. car. [p.] 254.
Non si tronca parola, la qual finisca in a fuorchè ora, quando è auuerbio. c. [p.] 355.
Non si tronca nel numero de piu voce di nome la qual termini in e. car. [p.] 255.
Non si mozza alcun nome nel numero de piu, il quale mozzato resti finito in l. ed eccezioni. car. [p.] 255.
I nomi della predetta regola maschili e femminili quasi sempre troncar si possono nel numero dell'uno, ed esempli. car. [p.] 255.
Non si mozza uoce di uerbo, la qual mozzandosi resti col fine in l, fuorchè la terza del numero dell’uno nello indicatiuo del primo tempo, ed esempli. c. [p.] 256.
Voci de verbi alle quali se si tronchino, l’ultima lettera rimanga la m, poche ò niune forse si mozzerarno, ed eccezioni,ed exempli. car. [p.] 158.
Nomi, che mozzicati restino in fine con la n, quasi tutti troncar si possono, ed eccezioni, ed esempi. car. [p.] 257.
Ne’ verbi tutte le voci di cui la n sia penultima lettera, se la n sia scempia, e segna appresso a uocale, troncar si lascia nel uerso, e nella prosa, ed eccezioni. car. [p.] 258.
Nomi di queste quattro fini are, ere, ire, ore, quasi tutti mozzar si possono nel numero dell’uso. ed esempli. car. [p.] 258.
Voci di nomi, che nel singulare finiscano in ri sostengono il troncamento. c. [p.] 258.
Le medesime anche nell’altro numero spesse siate riceuono il troncamento, ed esempli. car. [p.] 259.
Nomi uscenti in aro alcuni non si mozzano, ne nel verso, ne nella prosa, ed eccezioni, ed esempli. car. [p.] 259.
De nomi in ero, in iro, e in oro, quasi lo stesso è da dire, che delli in aro ed esempli. саr. [p.] 260.
Nomi in uro non si troncano nella prosa, ed anche nel uerso non in ogni postura. car. [p.] 260.
Non si tronca uoce di verbo, la qual troncata resti finita in r ed eccezioni, ed esempli. car. [p.] 260.
Gli auuerbi, e l'altre parti del fauellare nel troncamento seguono i nomi, a cui son simiglianti nella terminazione. car. [p.] 261.
Che la nostra lingua volentieri addoppia le consonanti, non solo nel mezzo, ma nel principio della parola: che il sì fatto non è veramente, ne puo esser raddoppiamento di consonante. Ma che chè egli si sia, qual cosa lo generi, e quando accaggia, e quando no, e come debba scriversi in questa parte, ed in quali voci spezialmente piu che nell’altre si raddoppi la consonante. par. 38.c. [p.] 261.
Il raddoppiar le consonanti appo i Latini fu piu in uso ne primi tempi, e i Greci la l, e la n sempre volentieri addoppiarono. part.39.car. [p.] 267.
Voci nelle quali il Mann. mai non raddoppia le consonanti. part.40.c. [p.] 268.
La lingua nostra allo ‘ncontro talora sdoppia le consonanti. part.41.c. [p.] 268.
Delle lettere quanto appartiene all'ortografia. Cap. III.
Lo i: raccolto, che altri chiamano liquido, e altri consonante, si ficca volentieri innanzi all’e, e anche talora innanzi all’a, e all’o. part.1.car. [p.] 269.
Lo i raccolto in principio di parola si muta uolentieri in gi, ma non sempre. part.2.car. [p.] 271
L’i, e l’u raccolti, quando si fuggano della parola, e quando ui si conferuino. . part.2.car. [p.] 271
L'e e l’o, che seguono dopo lo i, e l’u raccolti, sono sempre larghe, e dileguandonsi li detti i, ed u, le predette lettere e, ed o sempre di larghe si fanno strette. part.4.car. [p.] 272.
L'e, e l’o larghe sempre, che perdon l'accento perdono anche la larghezza. part.5.car. [p.] 273.
Della l, e come in certe uoci simile all’i raccolto si pronunzi da’ Fiorentini. part.6.car. [p.] 273.
Dalla m, e se la n innanzi a certe lettere sempre in lei si trasformi, e quali sieno le dette lettere. part.7.car. [p.] 275.
Della n scolpita, e della n imperfetta, e dubbio contro ad Agellio, e Nigidio intorno a quesli due suoni. part. 8.car. [p.] 277.
Z aspra, e z rozza se sien doppie. part.9.car. [p.] 278.
Col z, e non col t si dee scriuer malizia, e sentenzia, e tutte altre uoci simili nel uolgar nostro. part.10.car. [p.] 280.
Esempli delle scritture del miglior secolo, nelle quali malizia, e diliberazione, e scienzia, e altre uoci simili sono scritte con la z. part.11. car. [p.] 280.
Lo x se abbia luogo nel uolgar nostro, e quando nelle parole, che si tolgono dal Latino si riuolga in due ss, e quando in una sola. part.12. car. [p.] 282.
Il c, e’l g, da certi popoli non si posson pronunziare. part. 13.c. [p.] 282.
Il g, nel uolgar nostro uolentier si raddoppia. part.14.c. [p.] 284.
H come abbia luogo in questa lingua. part.15.car. [p.] 285.
H pare, che credessero alcuna uolta i nostri del miglior secolo, che auesse forza di raddoppiar la consonante, a cui era preposta. part.16. car. [p.] 287.
H nelle nostre scritture, come discretamente si possa adoperare. par.17.c. [p.] 287.
E mezzo segno di lettera se ben s'adoperi in tutto nella nostra scrittura. part. 18.c. [p.] 288.
Delle parentele, e amistà tra le lettere, e del mutarsi, che fanno d’una in altra. part.19.car. [p.] 289.
Delle sillabe, e loro ortografia. Cap. I III. Part.I.c.302
Dell’ortografia delle parole. part.2.car. [p.] 303.
Voci, e parole, che di piu paiano diuenute una sola, se scriuer si debbano unitamente. part.3.car. [p.] 304.
Particelle del fauellare, che consistono di piu parole, se tutte insieme in un corpo, ò distinte nelle lor membra si debban rappresentare. part.4.car. [p.] 309.
Se ufici uficy ,uizi, o uizy, torchi, o torchi, inuidi ,o innidi cominci, o cominci, od altre simili si scriua correttamente. part.5. car.312.
Dell’ortografia d’alcune parti del fauellare, doue si rimetta il lettore. partic.6. carte. [p.] 314.
Della particella chiamata copula, e di suoi segni, e caratteri.part.7.car. [p.] 314.
- per e’ in sentimento d'egli scritta ne’ libri del tempo del Bocc. part.8.c. [p.] 315
- per e’ verbo scritta ne' libri del tempo del Boccaccio. part.9. car. [p.] 315.
- per la lettera e scritta in principio di parola ne' libri del buon Secolo part. 10.carte. [p.] 316.
Ed, e non et scriuenano i Toscani del tempo del Boccaccio, quando fuggir voleano lo ‘ntoppo delle vocali, part.11. car. [p.] 316.
La copula segnauano quei del buon secolo, anche con la comune e semplice. part.12 .cart. [p.] 317.
Il moderno segno della copula così formato, e se paia douersi fare. partic. 13. car. [p.] 318.
Dell'uso dell’abbreuiature, e se paia commendabile. part.14.car. [p.] 318.
Accenti se abbia, e pronunzi, e conosca veramente la lingua nostra, e se nel vero scerna differenza tra l'acuto, el graue. part.15. car. [p.] 319.
Il segno dell’accento graue, doue, e come nelle nostre scritture s'adoperi dirittamente. part.16.c. [p.] 320.
Il segno dell’accento graue sopra alcune voci piu per consenso, e per uso s’adopera, che per ragione. part.17.c. [p.] 321.
Segni d'accenti per distinguer i sensi è abuso, e non bastano. particel.18.carte. [p.] 321.
Sopra quali voci d'una sillaba sola il segno dell’accento non per ragione, ma per acconcio, e per ubbidire all’usanza, si possa adoperare. partic. 19. carte. [p.] 322.
Il segno dell'accento acuto, doue possa riceuersi nella nostra scrittura, e come i nostri del miglior secolo taluolta l'adoperarono, ma il segno del graue, ne altro, non mai part. 20.car. [p.] 323.
Se sopra la stessa lettera si debba por due, o piu segni, si come per esemplo dell'apostrofo, dell'accento grane, e del titolo, che suole stare sopra l’i. part.21.car. [p.] 3?3.
Se sopra le maggiori lettere, che si chiamano maiuscole, segno d’accento d’apostrofo, ò titolo si debba porre. part.22.car. [p.] 324.
Di quali parole la prima lettera si debba scriuer maiuscola, e della parentesi per incidenza. part. 23.c. [p.] 325.
Del punto, e degli altri segni, onde si distinguono le parti della scrittura. part.24.car. [p.] 328.
Del segno della diuisione delle parole nella fine della riga, e d’alcuni altri segni, che s’usano ne' margini, ouuero orli de’ libri. part. 25.c. [p.] 332.
Se l'ortografia del uerso debba esser differente da quella della prosa. vart. 26.car. [p.] 333.
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