Nasce la grammatica per la scuola: le Regole di Corticelli
di Elena Felicani
Tra Settecento e Ottocento: nuove grammatiche per nuove scuole
Il Settecento è il secolo di svolta nel percorso di progressiva acquisizione di autonomia dell’insegnamento dell’italiano: la grammatica non viene più intesa solamente come disciplina a sé stante, posta a livello basilare dell’educazione primaria, ma viene riconosciuta tra le materie fondamentali per l’istruzione, all’interno di un impianto didattico in cui le discipline sono strutturate in modo che possano accompagnare gli studenti durante tutto il percorso formativo.
In questo processo che coinvolge teoria e prassi didattica, il libro di grammatica subisce trasformazioni e assume forme diverse, per organizzazione e per grado scolastico: da testo normativo regolistico si trasforma progressivamente in uno strumento pensato per una più immediata e possibile educazione linguistica. Se l’impianto dei testi normativi era da sempre fondato sulla conoscenza teorica e astratta delle regole, nel sentire comune dei maestri e anche dei teorici va affermandosi la necessità di produrre e rendere immediatamente fruibili strumenti che permettano l’apprendimento della lingua basato sull’esperienza. Le regole, quindi, devono essere pronte all’uso.
Occorre precisare, almeno sul piano teorico, che il latino mantiene ancora un ruolo di rilievo nelle dinamiche di apprendimento della lingua “toscana”: per gli alunni degli istituti ecclesiastici, già edotti delle fondamenta della grammatica latina, vengono progettati manuali per lo studio dell’italiano in cui l’enunciazione delle regole e delle osservazioni grammaticali segue la nomenclatura latina, quale termine di raffronto e di spiegazione. Maestri nei seminari, per lo più uomini di chiesa, realizzano strumenti didattici che seguono il metodo contrastivo tra le due lingue, impiegando la classificazione e la terminologia della tradizione latina per spiegare le regole dell’italiano.
In questo panorama segnato da persistenza dei modelli e da spinte al rinnovamento, le Regole di Salvatore Corticelli si collocano come uno spartiacque.
La prima edizione delle Regole (1745)
È questa la prospettiva in cui si inseriscono le Regole ed osservazioni della lingua toscana del padre barnabita Salvatore Corticelli, stampate in due edizioni d’autore nel 1745 e nel 1754 e successivamente pubblicate in numerose ristampe. Le Regole presentano un approccio didattico moderno, che nel suo essere non rinuncia alla tradizione precedente, almeno nella prima edizione: la fortuna dell’opera è garantita non solo dalla scelta di ridurre a metodo le norme grammaticali, raccogliendole e ordinandole secondo criteri linguistico-filologici, ma anche nell’essere uno strumento per l’educazione linguistica particolarmente duttile tale da rispondere alle esigenze dei secoli XVIII e XIX.
Il libro che propone Corticelli, sia per metodo sia per struttura, attinge dalla tradizione delle scuole di latino, secondo un criterio logico e pratico dettato dalla necessità di apprendere il nuovo a partire dal noto. Le Regole, pensate e realizzate per essere pronte all’uso, ottengono larga accoglienza, perché si configurano come uno strumento pratico e agevole, come una raccolta ragionata di norme grammaticali, sebbene siano rivolte a un pubblico preciso, «a’ convittori, ed alunni del seminario di Bologna», com’è dichiarato nel frontespizio della prima edizione, pubblicata nel 1745 per i tipi di Lelio della Volpe.
Rispetto alle grammatiche precedenti, il lavoro di Corticelli eredita e al contempo supera la tradizione: la proposta garantisce un’immediata acquisizione delle norme per mezzo di regole brevi, a cui l’autore vi aggiunge note, commenti, esempi di varia natura, che riguardano anche modi di dire ed espressioni proverbiali.
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana, ridotte a metodo per uso del Seminario di Bologna da Salvatore Corticelli bolognese,
Bologna, Stamperia, Lelio dalla Volpe, 1745.
La seconda edizione delle Regole (1754)
Se le prime Regole sono pensate per i seminaristi di Bologna, con la seconda edizione, cambiando il destinatario, cambiano anche le premesse metodologiche: la nuova versione, stampata sempre per i tipi di Lelio della Volpe nel 1754 è rivolta all’intera società dei colti, a tutti «gli studiosi della lingua toscana» e ideale per essere adottata anche in quelle scuole in cui non è previsto l’insegnamento del latino.
La struttura complessiva delle Regole, dall’edizione del 1745 a quella del 1754, rimane invece invariata nei tre originari volumi, rispettivamente ripartiti in morfologia, sintassi, pronuncia e ortografia. Questa organizzazione è frutto di una scelta precisa che rispecchia inoltre la ripartizione della materia negli anni scolastici: in questo modo, Corticelli propone un preciso quadro pedagogico che insegnanti, alunni e studiosi di lingua possono seguire per spiegare, conoscere, saper disporre e ben ordinare tutte le parti della «toscana orazione», ed essere infine in grado di «pronunziare, e di scrivere toscanamente».
Con un lavoro di riedizione durato quasi dieci anni, le Regole di Corticelli si presentano come strumento didattico davvero moderno da tener presente e studiare dentro e fuori la scuola. Proprio il metodo di insegnamento della lingua che l’autore perfeziona nelle due edizioni garantisce all’opera una diffusione e una fama imperitura, anche molto tempo dopo la morte dell’autore. Prova evidente sono, tra il 1760 e il 1887, le più di ottanta edizioni stampate in sedici città italiane in maniera capillare da Nord a Sud. Basterà menzionarne solo qualcuna:
1760, Bologna, Stamperia di Lelio della Volpe; 1761, Venezia, Stamperia Remondini; 1764, Bologna, Stamperia di Lelio della Volpe; 1766 e 1768, Venezia-Bassano del Grappa, Remondini; 1768, Parma, Borsi; 1770, Napoli, Stamperia Abbaziana; 1773, Venezia-Bassano del Grappa, Remondini; 1775, Bologna, Stamperia di Lelio della Volpe; 1780, Catania, Giovanni Riscica; […]; 1795, Napoli, Migliaccio; 1802, Napoli, Marotta; 1805, Genova, Caffarelli; […] 1809, Milano, Galeazzi; 1813, Mantova, Pazzoni; 1814,1817, 1819, 1823, 1825, Venezia-Bassano del Grappa, Remondini; 1825, Milano, Silvestri, 1826, Milano, Agnelli; 1826, Reggio Emilia, Fiaccadori, 1826, Venezia, Rizzi; […] 1827, Napoli, Tramater; 1827, Napoli, Gabinetto Letterario; 1827, Torino, Pomba; 1828, Mantova, Carmenti; […] 1840, Torino, Canfari; 1841, Napoli, Tramater; 1843, Piacenza, Majno; 1843, Roma, Tipografia dell’Ospizio Apostolico; 1845, Firenze, Batelli; 1845, Napoli, Gentile; 1845, Roma, Tipografia dell’Ospizio Apostolico; 1846, Firenze, Battelli; […] 1854, Napoli, Stamperia di Saverio Cirillo; 1854, Venezia, Tasso; 1856, Napoli Stamperia di Saverio Cirillo; 1856, Torino, Stamperia Reale [...]. |
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana
ridotte a metodo ed in tre libri distribuite da Salvadore Corticelli,
Bologna, Stamperia Lelio dalla Volpe, 1754.
La fortuna Regole nell’Ottocento
Nella lunga e fortunata storia editoriale della grammatica di Corticelli, vale la pena di ricordare l’edizione fiorentina del 1845 prodotta per tipi di Batelli e curata da Pietro Dal Rio, professore e filologo. Gli interventi consistono nell’inserimento di più di trecento note di commento apposte a piè pagina nel testo: come si vede dal testo trascritto, esse riguardano ragionamenti, approfondimenti, precisazioni, proposte di revisione e di integrazioni, interventi linguistici e filologici.
Corticelli: Dee l’Articolo essere aggiunto a nome, o a pronome; perchè l’uficio suo è intorno al nome, e a tutto ciò, che ne fa le veci. Se adunque si troverà la voce dell’Articolo aggiunta a Verbo, non sarà articolo, ma pronome. Bocc. g. 4. n. 2. Il buon uomo mosso a pietà, nel suo letto il mise. Il primo il aggiunto a nome, è Articolo; il secondo aggiunto a verbo è pronome relativo, e vale: mise lui. |
Dal Rio: Non vale mise lui, ma lui solamente. Ma di queste e somiglianti minutezze che si vengono incontrando nel presente libro, noi non ne faremo nota, perchè in sè di lieve conto, e perchè agevoli a esser avvisate da ogni men che discreto lettore. |
Altra edizione della grammatica, da ricordare perché segna una rottura con la tradizione classica, risale al 1856 e viene pubblicata per i tipi della Stamperia Reale di Torino: in linea con gli interventi scolastici ottocenteschi, le Regole vengono «nuovamente rivedute ad uso delle Scuole».
Del testo di Corticelli l’editore conserva solo gli impieghi particolari della lingua, eliminando tutte le altre regole già prescritte nelle grammatiche, riconsiderando e correggendo forme linguistiche uscite dall’uso, senza tuttavia alterare il testo nella struttura.
Il nucleo costitutivo delle Regole dell’edizione d’autore del 1754 non subisce stravolgimenti nella ristampa torinese del 1856: tuttavia, proprio perché l’edizione ottocentesca risente delle novità dell’editoria moderna e del sistema didattico in trasformazione, sempre più distante dai metodi della didattica del latino, l’editore interviene principalmente sulla nomenclatura originaria. Dall’edizione torinese in poi vengono bandite le denominazioni di declinazioni, casi e segnacasi e sostituite con complemento, preposizione, particella.
Alcuni esempi dal confronto tra l’edizione del 1754 e l’edizione del 1856 aiutano a comprendere l’importanza di queste correzioni in un’ottica didattica:
1754 |
1856 |
DEL SEGNACASO |
Delle preposizioni, che accompagnano i nomi. |
SI tralascia talvolta il segnacaso, o pur si mette dove sembra, che non operi punto, e cio per proprieta della lingua, come dalle seguenti Osservazioni
MOlti sono gli addiettivi, che ricevono il genitivo, ma i piu frequenti sono quelli, che significano notizia, o ignoranza; avere, o privazione; prerogativa, o vizio. Ecco i piu usitati. |
SI tralascia talvolta le preposizioni di, a, da, o pur si mettono dove sembra che non operino punto, e cio per proprieta della lingua, come dalle seguenti osservazioni.
SI tralascia talvolta le preposizioni di, a, da, o pur si mettono dove sembra che non operino punto, e cio per proprieta della lingua, come dalle seguenti osservazioni. |
Questa revisione condotta dall’editore, che tiene conto della struttura originaria e dell’intento didattico delle Regole di Corticelli, senza alterarne i contenuti, è certamente sintomo di un’esigenza nuova e di un approccio moderno allo studio della lingua in linea con la proposta didattica del secolo Ottocento.
Concepite, come si è detto, prima per i seminaristi di Bologna e poi estese a tutti gli studiosi, in poco più di un secolo le Regole, complice anche l’ampia diffusione sovraregionale, sono diventate «guida» imprescindibile per una piena coscienza dell’italiano, il cui riconoscimento viene sancito anche dalle successive ristampe e adozioni nelle scuole almeno fino ai primi decenni del Novecento.
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana,
ridotte a metodo e in tre libri distribuite da Salvadore Corticelli bolognese,
Nuovamente rivedute ad uso delle Scuole,
Torino, Stamperia Reale, 1856.
Per saperne di più
Roberta Cella, Grammatica per la scuola, in Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin (a cura di), in Storia dell’italiano scritto, IV. Grammatiche, Firenze, Carocci, 2018, pp. 97-140.
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana, ridotte a metodo per uso del Seminario di Bologna da Salvatore Corticelli bolognese, Bologna, Stamperia, Lelio dalla Volpe, 1745.
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana ridotte a metodo ed in tre libri distribuite da Salvadore Corticelli, Bologna, Stamperia Lelio dalla Volpe, 1754.
Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana, ridotte a metodo e in tre libri distribuite da Salvadore Corticelli bolognese, Nuovamente rivedute ad uso delle Scuole, Torino, Stamperia Reale, 1856.
Elena Felicani, La grammatica in movimento: primi sondaggi negli adattamenti delle Regole ed osservazioni della lingua toscana di Salvatore Corticelli, «Studi di Grammatica Italiana», XLI, 2022, pp. 2-33.
Elena Felicani, Le ragioni della grammatica: le Regole ed osservazioni della lingua toscana di Salvatore Corticelli, tra continuità della proposta normativa e novità strutturali, «Italiano LinguaDue», 2, 22, pp. 587-605, https://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/19630.
Claudio Marazzini, Grammatica e scuola dal XVI al XIX secolo, in Norma e lingua in Italia: alcune riflessioni fra passato e presente, Atti dell’Incontro di studio del 16 maggio 1996, Milano, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1997, pp. 7-27.
Giuseppe Polimeni, Alle radici delle regole: sondaggi sulla grammatica settecentesca del Corticelli, in Id., Il troppo e il vano, Firenze, Cesati, 2014, pp. 23-55.