Gramatica ragionata della lingua italiana

adattata all'uso e all'intelligenza comune da Francesco Soave C.R.S

Autore:
Francesco Soave | Soave Francesco

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Indice

INTRODUZIONE, p. 3

Libro I. Dell'Etimologia.

Sezione I. Spiegazione generale del Discorso e delle sue Parti, p. 5

   Capo I. Natura ed uso di ciascuna Parte del Discorso, p. 6

   Capo II. Del Discorso e di ciò che forma una Proposizione, p. 13

Sezione II. Dei Nomi e degli Aggettivi, p. 16

   Capo I. Dei motivi per cui si cambiano le terminazioni nei Nomi e negli Aggettivi, p. 16

   Capo II. Dei Generi, p. 17

   Capo III. Dei Numeri, p. 20

   Capo IV. Dei Segnacasi e degli Articoli, p. 23

   Capo V. Dell'uso degli Articoli, p. 27

   Capo VI. Degli Aggettivi comparativi e superlativi, p. 31

   Capo VII. Dei Nomi e degli Aggettivi aumentativi, diminutivi, e peggiorativi, p. 32

   Capo VIII. De' Nomi personali, p. 34

   Capo IX. Degli Aggettivi indicativi, e singolarmente de' Pronomi, p. 36

Sezione III. Dei Verbi e dei Participj, p. 46

   Capo I. De' motivi per cui si cambiano le desinenze nei Verbi, p. 46

   Capo II. Dei Modi, p. 47

   Capo III. Dei tempi, p. 48

   Capo IV. Dei Verbi transitivi e intransitivi, e della loro divisione in attivi, passivi, e neutri, p. 51

   Capo V. Delle Conjugazioni, p. 52

   Capo VI. Conjugazione de' Verbi ausiliari Avere ed Essere, p. 53

   Capo VII. Osservazioni intorno alle Conjugazioni de' Verbi ausiliari, e al loro uso co' Verbi attivi e neutri, p. 58

   Capo VIII. Conjugazione de' Verbi attivi e neutri, p. 60

   Capo IX. Osservazioni intorno alle Conjugazioni precedenti, p. 66

   Capo X. Del Passato rimoto dell'Indicativo, p. 67

   Capo XI. Dei Futuri dell'Indefinito e del Soggiuntivo, p. 68

   Capo XII. Dei Participj, p. 69

   Capo XIII. Dei Gerundj, p. 73

   Capo XIV. Degli Aggettivi verbali, p. 73

   Capo XV. Dei Verbi passivi, p. 75

   Capo XVI. Dei Verbi anomali o irregolari, p. 75

   Capo XVII. Dei Verbi difettivi, p. 85

Sezione IV. Delle Preposizioni, degli Avverbj, delle Congiunzioni, e degl'Interposti, p. 86

   Capo I. Delle Preposizioni, p. 86

   Capo II. Degli Avverbj, p. 95

   Capo III. Delle Congiunzioni, p. 101

   Capo IV. Degl'interposti, p. 104

 

Libro II. Della Sintassi, p. 106

Sezione I. Delle Concordanze, p. 106

   Capo I. Concordanza dell'Aggettivo col Nome, p. 107

   Capo II. Concordanza del Verbo col Soggetto della Preposizione, p. 108

Sezione II. Del Reggimento, p. 109

   Capo I. Del Reggimento de' Nomi, p. 109

      Articolo I. Dei nomi retti da' Verbi intransitivi, p. 109

      Articolo II. Dei Nomi retti da' Verbi transitivi, p. 111

      Articolo III. Dei Nomi retti dalle altre Parti del Discorso, p. 114

   Capo II. Del Reggimento de' Verbi, p. 115

      Articolo I. De' Verbi retti da altri Verbi, p. 115

      Articolo II. Dei verbi retti dalle Congiunzioni, p. 118

Sezione III. Della Costruzione, p. 120

Sezione IV. Delle Figure gramaticali, p. 122

   Capo I. Dell'Ellissi, p. 123

      Articolo I. Zeugma, p. 123

      Articolo II, Ellissi, p. 124

   Capo II. Del Pleonasmo, p. 126

   Capo III. Della Sillessi, p. 129

   Capo IV. Dell'Enallage, p. 129

   Capo V. Dell'Iperbato, p. 130

   Appendice de' Sinonimi, e delle Parole che si usano in più sensi diversi, p. 131

      Sinonimi apparenti, p. 132

      Verbi adoperati in diversi sensi, p. 134

      Nomi e Aggettivi usati in diversi sensi, p. 141

 

Libro III Della Ortoepia o retta Pronunzia, p. 143

   Introduzione, p. 143

   Capo I. Della Pronunzia delle Lettere, p. 146

      Articolo I. Delle Vocali, p. 146

         Difetti nella Pronunzia delle Vocali, p. 152

      Articolo II. Delle Consonanti, p. 148

         Difetti nella Pronunzia delle Consonanti p. 152   

   Capo II. Della Pronunzia delle Sillabe, p. 154      

      Articolo I. Dei Dittonghi e Tritonghi, p. 154

      Articolo II. Delle Sillabe miste di Consonanti e di Vocali, p. 156

      Articolo III. Difetti nella pronunzia delle Sillabe, p. 159

   Capo III. Della Pronunzia delle Parole, p. 160

      Articolo I. Del non aggiugnere o togliere a ciò che è scritto, p. 160

      Articolo II. Delle Pose della voce o degli Accenti, p. 162

 

Libro IV. Dell'Ortografia, p. 165

   Introduzione, p. 165

   Capo I. Dell'Alfabeto Italiano, p. 166

   Capo II. Dell'Accento, p. 171

   Capo III. Dell'Apostrofo, p. 173

   Capo IV. Del Troncamento delle Parole, p. 174

   Capo V. Dell'Accrescimento delle Parole, p. 178

   Capo VI. Del Raddoppiamento delle Consonanti, p. 179

   Capo VII. Della Divisione delle Parole in fin di linea, p. 184

   Capo VIII. Delle Interpunzioni, p. 186

 

Indice, p. 189

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Indice

INTRODUZIONE, p. 3

Libro I. Dell'Etimologia.

Sezione I. Spiegazione generale del Discorso e delle sue Parti, p. 5

   Capo I. Natura ed uso di ciascuna Parte del Discorso, p. 6

   Capo II. Del Discorso e di ciò che forma una Proposizione, p. 13

Sezione II. Dei Nomi e degli Aggettivi, p. 16

   Capo I. Dei motivi per cui si cambiano le terminazioni nei Nomi e negli Aggettivi, p. 16

   Capo II. Dei Generi, p. 17

   Capo III. Dei Numeri, p. 20

   Capo IV. Dei Segnacasi e degli Articoli, p. 23

   Capo V. Dell'uso degli Articoli, p. 27

   Capo VI. Degli Aggettivi comparativi e superlativi, p. 31

   Capo VII. Dei Nomi e degli Aggettivi aumentativi, diminutivi, e peggiorativi, p. 32

   Capo VIII. De' Nomi personali, p. 34

   Capo IX. Degli Aggettivi indicativi, e singolarmente de' Pronomi, p. 36

Sezione III. Dei Verbi e dei Participj, p. 46

   Capo I. De' motivi per cui si cambiano le desinenze nei Verbi, p. 46

   Capo II. Dei Modi, p. 47

   Capo III. Dei tempi, p. 48

   Capo IV. Dei Verbi transitivi e intransitivi, e della loro divisione in attivi, passivi, e neutri, p. 51

   Capo V. Delle Conjugazioni, p. 52

   Capo VI. Conjugazione de' Verbi ausiliari Avere ed Essere, p. 53

   Capo VII. Osservazioni intorno alle Conjugazioni de' Verbi ausiliari, e al loro uso co' Verbi attivi e neutri, p. 58

   Capo VIII. Conjugazione de' Verbi attivi e neutri, p. 60

   Capo IX. Osservazioni intorno alle Conjugazioni precedenti, p. 66

   Capo X. Del Passato rimoto dell'Indicativo, p. 67

   Capo XI. Dei Futuri dell'Indefinito e del Soggiuntivo, p. 68

   Capo XII. Dei Participj, p. 69

   Capo XIII. Dei Gerundj, p. 73

   Capo XIV. Degli Aggettivi verbali, p. 73

   Capo XV. Dei Verbi passivi, p. 75

   Capo XVI. Dei Verbi anomali o irregolari, p. 75

   Capo XVII. Dei Verbi difettivi, p. 85

Sezione IV. Delle Preposizioni, degli Avverbj, delle Congiunzioni, e degl'Interposti, p. 86

   Capo I. Delle Preposizioni, p. 86

   Capo II. Degli Avverbj, p. 95

   Capo III. Delle Congiunzioni, p. 101

   Capo IV. Degl'interposti, p. 104

 

Libro II. Della Sintassi, p. 106

Sezione I. Delle Concordanze, p. 106

   Capo I. Concordanza dell'Aggettivo col Nome, p. 107

   Capo II. Concordanza del Verbo col Soggetto della Preposizione, p. 108

Sezione II. Del Reggimento, p. 109

   Capo I. Del Reggimento de' Nomi, p. 109

      Articolo I. Dei nomi retti da' Verbi intransitivi, p. 109

      Articolo II. Dei Nomi retti da' Verbi transitivi, p. 111

      Articolo III. Dei Nomi retti dalle altre Parti del Discorso, p. 114

   Capo II. Del Reggimento de' Verbi, p. 115

      Articolo I. De' Verbi retti da altri Verbi, p. 115

      Articolo II. Dei verbi retti dalle Congiunzioni, p. 118

Sezione III. Della Costruzione, p. 120

Sezione IV. Delle Figure gramaticali, p. 122

   Capo I. Dell'Ellissi, p. 123

      Articolo I. Zeugma, p. 123

      Articolo II, Ellissi, p. 124

   Capo II. Del Pleonasmo, p. 126

   Capo III. Della Sillessi, p. 129

   Capo IV. Dell'Enallage, p. 129

   Capo V. Dell'Iperbato, p. 130

   Appendice de' Sinonimi, e delle Parole che si usano in più sensi diversi, p. 131

      Sinonimi apparenti, p. 132

      Verbi adoperati in diversi sensi, p. 134

      Nomi e Aggettivi usati in diversi sensi, p. 141

 

Libro III Della Ortoepia o retta Pronunzia, p. 143

   Introduzione, p. 143

   Capo I. Della Pronunzia delle Lettere, p. 146

      Articolo I. Delle Vocali, p. 146

         Difetti nella Pronunzia delle Vocali, p. 152

      Articolo II. Delle Consonanti, p. 148

         Difetti nella Pronunzia delle Consonanti p. 152   

   Capo II. Della Pronunzia delle Sillabe, p. 154      

      Articolo I. Dei Dittonghi e Tritonghi, p. 154

      Articolo II. Delle Sillabe miste di Consonanti e di Vocali, p. 156

      Articolo III. Difetti nella pronunzia delle Sillabe, p. 159

   Capo III. Della Pronunzia delle Parole, p. 160

      Articolo I. Del non aggiugnere o togliere a ciò che è scritto, p. 160

      Articolo II. Delle Pose della voce o degli Accenti, p. 162

 

Libro IV. Dell'Ortografia, p. 165

   Introduzione, p. 165

   Capo I. Dell'Alfabeto Italiano, p. 166

   Capo II. Dell'Accento, p. 171

   Capo III. Dell'Apostrofo, p. 173

   Capo IV. Del Troncamento delle Parole, p. 174

   Capo V. Dell'Accrescimento delle Parole, p. 178

   Capo VI. Del Raddoppiamento delle Consonanti, p. 179

   Capo VII. Della Divisione delle Parole in fin di linea, p. 184

   Capo VIII. Delle Interpunzioni, p. 186

 

Indice, p. 189

Pagina 1

 

GRAMATICA

RAGIONATA

DELLA LINGUA ITALIANA:

 

Adattata all'uso e all'intelligenza comune

 

DA FRANCESCO SOAVE

 

 

C.R.S.

 

Nuova Edizione,

MILANO (1805)

 

Dalla Tipografia di Giusti, FERRARIO, e C.°

editori de’ CLASSICI ITALIANI.

Contrada di S. Margherita N°. 1118,

 

Pagina 2

 

Pagina 3

 

GRAMATICA

 

RAGIONATA

 

DELLA LINGUA ITALIANA.

 

 

INTRODUZIONE.

 

 

Se v'ha studio che ad ogni genere di persone si

debba dir necessario , egli è quello della propria

lingua . Imperciocchè dovendo ciascuno continua-

mente e parlando e scrivendo esprimer con essa i

proprj pensieri, è troppo importante che impari

ad esprimerli con proprietà, con regolarità, e con

esattezza.

A tal fine sono ordinati i precetti della Gra-

matica (1), che è l’arte appunto la quale insegna

a parlare e scrivere esattamente.

 

In quattro parti la Gramatica si suol dividere,

le quali sono l’ Etimologia, la Sintassi, l’ Ortoepia,

e l' Ortografia. i

 

(1) Questa denominazione viene da gramma voce

greca, la qual significa lettera ; e all'arte, di cui

trattiamo, si è data una tale denominazione, per-

chè le lettere sono le parti delle parole, e le parole

sono il subbietto, intorno a cui si occupa la Gra-

matica.

 

Pagina 4

 

INTRODUZIONE.

 

L' Etimologia è quella che tratta delle paro-

le, della loro natura e proprietà, e delle variazioni

a cui vanno soggette.

 

La Sintassi tratta della maniera di accordare,

unire, ordinar le parole fra loro.

 

L’ Ortoepia insegna la retta maniera a di pro-

nunziar le parole.

 

L' Ortografia insegna la retta maniera di scri-

verle.

 

Secondo questa divisione la presente Gramatica

verrà distribuita in quattro Libri, incominciando

dall’ Etimologia,

 

Pagina 5

 

- LIBRO I.

 

DELL’ ETIMOLOGIA

 

SEZIONE I

 

SPIEGAZIONE GENERALE DEL DISCORSO

E DELLE SUE PARTI.

 

Il discorrere non è altro che esprimere colle pa-

role i proprj pensieri

Quindi le parole si chiamano Parti del Di-

scorso, perchè sono appunto le parti, di cui il

Discorso è composto.

Le Parti del Discorso possono ridursi a sette

Classi generali, cioè Nome, Aggettivo, Verbo,

Preposizione, Avverbio , Congiunzione , e Inter-

jezione o Interposto (1).

 

 (1) Le parti del Discorso comunemente si dicono

esser otto, cioè Nome, Pronome, Verbo, Participio,

Preposizione, Avverbio , Congiunzione, e Interposto.

I Nomi poi si dividono in Sostantivi, e in Agget-

tivi, chiamando Sostantivi, quelli cha esprimono le

sostanze, e Aggettivi quelli che esprimono le qua-

lità, o determinazioni delle sostanze. Ma gli Ag-

gettivi, essendo parole che non si adopera mai per

nominare niuna cosa, e che si aggiungono invece ai

Nomi medesimi delle cose per esprimere le loro qua-

lità, o. determinazioni; mon si possono chiamar

Nomi, e debbon per conseguenza formare una Classe

a parte. Al contrario i Pronomi, e i Participj parte

spettano alla Classe dei Nomi e parte a quella degli

Aggettivi. Alla Classe dei Nomi. appartengono quei

che si chiamano Pronomi personali , cioè io , tu ,noi,

/voî, sè , i quali impropriamente si son pur detti

Pronomi non essendo vocaboli, che si usino invece

dei Nomi, ma essendo per sè medesimi veri Nomi

esprimenti la persona che parla, la persona a cui

si parla ec. Alla Classe degli Aggettivi appartengono

quasi tutti gli altri Pronomi;.e tutti i Participj, che

infatti alla maniera degli Aggettivi s’ accordano sem-

pre coi Nomi ai quali si riferiscono.

 

Pagina 6

 

 

CAPO: I

 

NATURA, ED USO DI CIASCUNA PARTE

DEL DISCORSO.

 

NOME.

 

 

I Nomi (1) son le parole, che ‘servono ad indi-

care le persone, o le cose, di cui si parla, come,

Pietro, Paolo, Acqua, Fuoco, Fiore, Frutto ec.

I Nomi altri si dicono particolari, o proprj,

ed altri universali, o comuni.

 

Nomi particolari, o propri , sono quelli, che

sì danno solamente ad alcune persone, o ad alcune

cose particolari, come Pietro; Paolo , Sole, Lu-

na, Roma, Napoli ec.

 

(1) Il vocabolo Nome vien dal Latino Nomen,

che secondo alcunî deriva dal Greco. onoma; è que-

sto da nemein distribuire, perchè per. mezzo de’ No

mi le cose si distribuiscono nelle loro classi ; e si

distinguono l una dall'altra : secondo altri è un ac-

corciamento di notamen (indizio), perchè i nomi

sono gl’ indizi, o i segni, con cui si dinotan le

cose, delle quali ‘si parla.

 

Pagina 7

 

 

- Nomi universali, o comuni son quelli , che

si danno universalmente a tutte le cose della me-

desima specie, o del medesimo genere, come uo-

mo, donna, legno, sasso , prato, campo, casa,

piazza , lago , fiume ec.

Oltre a ciò vi sono i Nomi personali, io, tu,

noi, voi, sè ,che si dicono personali , perchè io,

e noi indicano la persona, o le persone che parla-

no; tu, e voi la persona, o le persone a cui si

parla; e sè una o più persone diverse da quelle

che parlano, o a cui si parla.

 

 

AGGETTIVO

 

Gli Aggettivi (1), son le parole, che si ag-

giungono ai Nomi, o per indicare più distintamente

le persone e le cose, di cui si parla, o per espri-

mere qualche loro qualità. Dicendo a cagion d' e-

sempio Questo pomo è dolce, o quella fragola è

matura; gli Aggettivi questo, e quella si aggiun-

gono ai Nomi pomo, e fragola per indicare più

distintamente di qual pomo, e di qual fragola si

parli; e gli Aggettivi dolce , e matura vi si ag-

giungono per esprimere le qualità che hanno.

“Gli Aggettivi adunque altri sono gualificativi

come dolce, amaro , maturo , acerbo , bello, brut-

to, buono, cattivo, bianco, nero; grande, piccolo

ec. che esprimono le diverse qualità delle cose.

Altri sono indicativi, cioè

 

I. Quelli che indicano una casa determinata,

come questo, cotesto , quello medesimo , stesso ec.

II. Quelli che indicano un numero determinato

di cose, come uno , due, tre, quattro ec.; o l’ or-

dine con cui le cose sono disposte, come primo ,

 

(1) Il vocabolo Aggettivo, o Addiettivo, viene

dal Latino -adjicere aggiungere

 

Pagina 8

 

secondo, terzo, quarto ec.; o un numero totale,

come ogni, ciascuno, ciascheduno, tutti } o la

privazione di ogni numero, come niuno ., o nes-

suno .

III. Quelli che accennano una cosa indetermi-

nata, o un numero indeterminato di cose, come

qualche, qualcuno, alcuno, qualunque ec. per e-

sempio allorchè si dice: vorrei Qualche frutto sen-

za dir quale; veggo alcuni fiori senza dir quanti.

IV. Gli Aggettivi mio, tuo, suo, nostro , vo-

stro , loro, che si chiamano possessivi, perchè

mostrano di chi sia la cosa di cui si parla, come

la tua mano, il mio piede ec.

V. Gli Articoli, (1) altri de’ quali si chiamano

determinati, cioè il, lo, la, i, gli, le; perchè

si premettono ai Nomi quando si parla di cose de-

terminate; altri si dicono indeterminati, come

uno, e una (2), perchè si ‘usano quando si vuol

accennare una cosa senza determinarla precisamente.

Così s' io ‘vorrò un libro qualungue , senza che

m’ importi d’ aver piuttosto il tale, che il tal altro,

dirò datemi un libro ; ma se votrò quel libro de-

terminato, di cui si sia già parlato tra noi, o che

sia già noto, dirò datemi il libro; e sarà come se

dicessi: Datemi quel:libro , che già s' è detto, o

che già sapete.

 

(1) Alcuni han riguardato gli Articoli come una

Parte del discorso separata dalle altre. Basta però

osservare un po’ attentamente l'ufficio che essi

fanno, per conoscere che sono veri Aggettivi indi-

cativi.

(2) Uno è Aggettivo numerale, quando si vuole,

indicare precisamente l' unità della cosa, come

Dio è uno; el è Articolo indeterminato, quando

fra gli oggetti compresi sotto ad un Nome univer-

sale non si pensa che ad indicarne uno qualunque.

 

Pagina 9

 

VI. Quelli che indicano una persona, o una

cosa già nominata, come egli, ella, luî , lei , lo-

ro, ciò, questi, quegli, costui, colui, che, cui

ec. i quali si chiaman Pronomi, cioè parole poste

invece dei nomi, perchè si usano in luogo di ripe-

tere i Nomi medesimi delle persone , o delle cose

già nominate.

Così il dire: L’Avaro s' affatica pazzamente

ad ammassare ricchezze, che a lui punto non

giovano , perchè egli mai non ne gode, è lo stesso

che dire : L’Avaro s affatica pazzamente ad am-

massare ricchezze, le quali ricchezze al detto

avaro punto non giovano; perchè il detto Avaro

delle dette ricchezze mai non gode; e i Prono-

mi, che, lui , egli, e ne sono posti espressa-

mente per non replicare tante volte avaro, e ric-

chezze .

Si avverta che invece dei Pronomi, lui, lei,

e loro spesso si adoperan le parole il, lo, la ,

li, gli, le, che di sopra sì sono poste fra gli

Articoli: così Il vide, o lo vide significa vide lui;

Gli parlò parlò a lui ec. Or quando alle suddette

parole si potranno sostituire lui, lei, e loro saran

no esse Pronomi; quando lui, lei, e loro non vi

si potranno sostituire, saranno semplici Articoli.

 

 

VERBO.

I Verbi son le parole che servono ad espri-

mere o lo stato in cui una persona, o una cosa

trova, come essere, vivere , riposare, dormire;

o ciò che ella fa , come andare, venire , leggere ,

scrivere; o ciò che le vien fatto da altri , come

esser lodato , o biasimato , esser accolto, o dis-

cacciato .

Dai Verbi derivano alcuni Aggettivi, come,

amante, amato , vivente, vivuto e simili, che sì

 

Pagina 10

 

chiamano Participj, perchè partecipan insieme

dell’Aggettivo, e del Verbo, come altrove vedre-

mo .

Dai medesimi Verbi derivano pure alcune al-

tre parole, le quali sogliono terminarsi in ando,

o in endo, come amando , vivendo, e che si chia-

man Gerundj , di cui pure mostrerem l’ uso, e la

natura in altro luogo.

 

PREPOSIZIONE.

 

Le Preposizioni sono le parole di, a , da ,

in , per , con , senza, e simili, che si mettono

innanzi ai Nomi (1) per indicare le relazioni di

una cosa coll’ altra, ossia ciò che una cosa è rispetto

all’ altra.

Così dicendo Questo campo è di Cesare, in-

dico che Cesare è il padrone del campo ; dicendo

Antonio è in Roma, indico che Roma è il luogo ,

dove Antonio si trova; dicendo Pietro passeggia

con Paolo , indico che Paolo è il compagno con

cui Pietro passeggia .

Se innanzi al Nome si deve mettere anche

l'Articolo determinato , questo per lo più si unisce

colla Preposizione in una sola parola, che può

chiamarsi Preposizione articolata .

 

Così invece di dire di il , di lo , di la , di

i , di gli , di le , si dice del , dello , della , dei ,

o de’, degli , delle ; invece di a il , a lo , a la,

a i , a gli , a le , sì dice al , allo, alla, ai o

a' , agli , alle ec.

 

 

 (1) Si trovano spesso anche innanzi ai Verbi,

come di andare, a venire; ma i Verbi allora fan

Y ufficio di Nomi, come vedremo'a suo luogo.

 

Pagina 11

 

AVVERBIO.

 

Gli Avverbj son le parole che s'aggiungono

ai Verbi per indicare in qual luogo , in qual tem-

po , in qual modo avvenga, o sia avvenuto, o

debba avvenire ciò che è espresso dal Verbo .

Dicendo per esempio il tale va là , o vien

qua , indico il luogo a cui va, o a cui viene; di-

cendo parte adesso , è partito prima, o partirà

dopo, indico il tempo in cui parte, o è partito,

o partirà ; dicendo legge bene , o male ; scrive pre-

sto , o lentamente , indico il modo con cui legge.

o scrive.

 

CONGIUNZIONE.

 

— Le Congiunzioni son le parole e, nè, se, ma,

perché, perciò, benchè , pure , come, così, che e

simili, le quali servono a congiungere una parola

coll’ altra, o n senso coll’ altro (1); per esempio

 

(1) Abbiamo detto servono a congiungere una pa-

rola coll’altra , o un senso coll’ altro , perchè alcune

volte sembran congiungere unicamente due parole

fra loro. Così dicendo: Dio è giusto e clemente, pa-

re che la congiunzione e sia posta unicamente per

unire i due aggettivi giusto , e clemente. Realmente

però l’uso delle Congiunzioni non è quello di uni-

re fra loro due parole, ma dì unire due Proposi-

zioni, cioè due sensi compiuti ; e quando sembra-

no legare insieme due parole soltanto, egli è per-

chè le parole richieste al compimento di una delle

due Proposizioni , son sottintese. Così nell’ esempio.

arrecato il senso è : Dio è giusto , Dio è clemente,

e la congiunzione e unisce queste due proposizioni,

‘facendo ommettere nella seconda le parole Dio è ,

perchè facilmente si sottintendono, essendo espres-

se già nella prima

 

Pagina 12

 

Caino ,e Abele, benché fosser fratelli, pure d'in-.

dole eran fra loro assai diversi.

La parola che è stata posta di sopra fra i

Pronomi , perchè spesse volte è anche Pronome,

che chiamasi relativo . Altine però di distinguere

dove sia Congiunzione, e dove Pronome , sì os-

servi, che quando è Pronome ,in vece sua si pos-

sono sostituire le parole : il quale , o la quale , ì

quali , o le quali ; epperò ogni volta che queste

parole in sua vece non si potranno sostituire , sàrà

semplice Congiunzione. Così dicendo : Convien

CHE studii diligentemente quel giovane , CHE ama

ben imparare; il primo che è Congiunzione , il

secondo è Pronome .

 

INTERPOSTO.

 

Gl’ Interposti son le parole ah, 0h, ahi, deh

e simili, che si frappongono al discorso per espri-

mere dolore, allegrezza, maraviglia, desiderio,

ed altri affetti dell'animo, come Ahi me misero !

Oh te beato !

 

ESERCIZIO

 

PER IMPARARE A DISTINGUERE OGNI PARTE

DEL DISCORSO.

 

il primo studio , che deve farsi , è d’imparare a

ben distinguere a qual parte del discorso ciascuna

parola appartenga .

La seguente Favoletta potrà a ciò servire d’e-

sempio . Una Volpe vedendo una maschera (1)

 

 

 (1) Per maschera qui s'intende una delle anti-

che maschere da teatro , che coprivano tutta la

testa .

 

Pagina 13

disse: Oh la bella testa ! ma non ha cervello.

Guardate che la stessa cosa non dicasi ancor di

voi.

Una è Articolo indeterminato ; Volpe è No-

me; vedendo è Gerundio ; una è Articolo indeter-

minato ; maschera è Nome; disse è Verbo ; oh è

Interposto ; la è Articolo determinato; della è Ag-

gettivo qualificativo ; testa è Nome; ma è Con

giunzione ; non è Avverbio negativo; ha è Verbo ;

cervello è Nome; guardate è Verbo; che è Con-

giunzione ; la è Articolo determinato ; stessa è Agget-

tivo indicativo; cosa è Nome; non è Avverbio

negativo; dicasi è Verbo; ancora è Avverbio; di

è Preposizione ; voi è Nome personale.

 

 

CAPO II

DEL DISCORSO

 

È DI CIO’ CHE FORMA UNA PROPOSIZIONE,

 

 

Di tutte queste Parti del Discorso le principali

sono i Nomi, gli Aggettivi, ed i Verbi,

In fatti di qualunque cosa si voglia discorrere,

prima di tutto è necessario il nominarla. Così vo-

lendo parlare dell’acqua, o del fuoco, conviene

che io faccia comprendere coi Nomi Acqua, e

Fuoco, che di queste, non d’ altre cose, io inten-

do parlare.

Ma il nominare semplicemente una cosa non

forma un discorso: bisogna poi anche accennare o

la qualità  ch’ ella ha, o lo stato in cui è, o ciò

ch’ ella fa ec.

Questo si esprime o col Verbo essere, e qual

che Aggettivo, per esempio L’acqua è chiara;

 

Pagina 14

 

Il fuoco è ardente, o con qualche Verbo sempli-

cemente, come L'acqua corre ; Il fuoco arde.

Le parole: L’ acqua è chiara , formano un

senso compiuto, che si chiama una Proposizione.

In questa il Nome Acqua esprimente il Sog-

getto, di cui si parla, si chiama il Soggetto della

Proposizione; l'Aggettivo chiara esprimente la

qualità, che all’ acqua  si attribuisce, si chiama

l’ Attributo ; e il Verbo é serve ad unire l'attri-

buto col suo oggetto , cioè a mostrare che al Sog-

getto Acqua conviene Attributo chiara.

Ogni Proposizione adunque è composta del

Soggetto , del Verbo essere, e di un Attributo ,

senza queste tre cose non si può formare un senso

compiuto.

Spesse volte però il Verbo essere, e l’Attri-

buto sono compresi in una sola parola. Così corre

è lo stesso come è corrente; arde è lo stesso co-

me è ardente: e in generale tutti i Verbi conten-

gono insieme il Verbo essere e l' Attributo , per-

chè tutti equivalgono a questo Verbo, e ad un

Aggettivo, come amare ad esser amante; vivere

ed esser vivente ec. Perciò L'acqua corre; Il fuo-

co arde forman anch'esse due sensi compiuti, e

sono per conseguenza due Proposizioni.

Qualche volta anche un solo Verbo può for-

mare un’ intera Proposizione , quando cioè il Sog-

getto o sia stato nominato innanzi , o facilmente si

sottintenda. Così s' io. domandassi: Che fa Anto-

nio? ed alcuno rispondesse: passeggia; questo

Verbo formerebbe una Proposizione, perchè il

Soggetto sottinteso sarebbe il Nome Antonio detto

Innanzi. Parimente se dicessi: passeggiamo , ciò

formerepbe una Proposizione, perchè si sottinten-

derebbe il Soggetto Noi.

D'ordipario però nelle Proposizioni oltre al

Soggetto , al Verbo, essere, e all'Attributo v’ è

 

Pagina 15

 

qualche cosa di più. Poichè ora s' aggiunge al Sog-

getto una qualche distinzione, o determinazione ,

come L' acqua della fontana è chiara; L'acqua,

che mi avete portata , è torbida (dove si noti che

le parole, che mi avete portata, formano anch’ esse

una Proposizione, che si chiama incidente , perchè

cade nella Proposizione principale, cioè L’ acqua.

è torbida).

Ora al Verbo s'aggiunge un qualche Avverbio,

come L'acqua corre velocemente ; Il fuoco arde

furiosamente.

Ora se il Verbo esprime qualche azione, si

nominan le cose, su cui questa azione va a finire,

come L'acqua incava le pietre ; Il fuoco strugge

i metalli.

Ora vi s' aggiunge qualche Nome preceduto

da qualche Preposizione o semplice o articolata,

come L’acqua piove a diluvio; Il fuoco freme

nella fornace.

Ora invece di un Nome vi s’aggiunge un al-

tro Verbo preceduto da una Preposizione o no,

come Il fuoco ha cessato di ardere; L'acqua non

vuole arrestarsi.

Ora al secondo Verbo s'aggiungon pure degli

altri Nomi, come: L’ acqua incomicia ad innon-

dar le campagne; Il fuoco arriva a distruggere

le materie ancor più dure.

Or finalmente varie di queste cose’ vi si ag-

giungono tutte insieme, come: L’ acque de’ tor-

renti spesse volte allo sciogliersi delle nevi innon-

dano miseramente le vicine  campagne con danno

estremo degl’infelici agricoltori ; tutte le quali

parole non formano che una sola Proposizione.

Dopo che si sappiano ben distinguere le Parti

del discorso, il secondo studio , che deve farsi, è

quello d’ imparare a distinguere una Proposizione

all'altra; e per farlo basterà osservare attenta-

 

Pagina 16

 

mente quali siano le parole, che appartengono ad

un senso, e quali quelle che appartengono ad un

altro .

 

SEZIONE II.

 

Dei Nomi, E DEGLI. AGGETTIVI.

 

Le Parti del Discorso altre son declinabili , ed

altre indeclinabili. I

I Nomi, gli Aggettivi, ed i Verbi sì chia-

mano declinabili, perchè declinano, o si allonta-

mano secondo diverse circostanze dalla loro termi-

mazione primitiva.

Al contrario le Preposizioni , gli Avverbj, le

Congiunzioni , e gl’ Interposti sì chiamano inde-

clinabili , perchè sempre ritengono la medesima

terminazione .

 

CAPO I.

DE’ MOTIVI PER CUI SI CAMBIANO

LE TERMINAZIONI DEI Nomi,

E DEGLI AGGETTIVI.

 

IL 1° motivo, per cui si cambia la terminazione

dei Nomi, è per distinguere nelle cose animate il

maschio dalla femmina: così Colombo per esempio

vuol dire il maschio, e Colomba la femmina.

Il 2° motivo è per indicare se si parla di una

cosa sola, o di più, così Colombo vuol dire un

solo, e Colombi più d’ uno.

I Nomi, che significan il maschio, si dicon

 

Pagina 17

 

del genere maschile, come Colombo, Cavallo ,

Lupo , Gatto ec.

I Nomi, che significan la femmina, si dicono

del genere femminile, come Colomba, Cavalla,

Lupa , Gatta ec.

Quando un nome indica una cosa sola, si dice

del Numero singolare, o del meno, come un

Colombo, o una Colomba.

Quando ne accenna più d’una, si dice del

Numero plurale, o del più, come due o più Co-

lombi, due o più Colombe.

Negli Aggettivi si fanno queste medesime di-

stinzioni di Genere e di Numero, perchè meglio

s’accordino co’ loro Nomi, e perciò nel discorso

più facilmente si possa conoscere a qual Nome ap-

partengano. Così un Colombo si dice bianco, e

una Colomba bianca ; e se son più, i Colombi si

dicon bianchi «e le colombe bianche.

 

- CAPO II° .

 

DEI GENERI.

 

Le variazioni di desinenza rispetto ai Generi son

le seguenti.

1.° Nelle cose animate se il Nome del ma-

schio finisce in o, quel della femmina si suol ter-

minare in a, come Colombo , e Colomba.

Vi som però alcuni Nomi di maschio, che fi-

niscono in a, come Andrea, Pitagora, Anassa-

gora, Papa, Patriarca, Profeta, Poeta, Geome-

ra , e simili; e alcuni di femmina che finiscono

în o, come Erato, Saffo , Cloto, Aletto, Atropo,

e simili.

2.° Se il Nome del maschio finisce in e, ter-

 

Pagina 18

mina per lo più allo stesso modo anche quel della

femmina; come un Lepre, e una Lepre.

S’eccettui Lione, che nel femminile ha Lio-

nessa; Cane che nel femminile ha Cagna; e al-

cuni Nomi di titolo, come Barone, e Baronessa,

Principe, e Principessa; Conte, e Contessa; Mar-

Chese, e Marchesa, quantunque Marchese si dice

anche nel femminile.

3.° Vi sono molti Nomi d’Animali, che s’ ad-

operano solamente nel maschile, come un Tordo ,

un Coniglio, un Luccio; e molti che si usano

solamente nel femminile , come una Lodola, una

Volpe, una Trotta.

4° Ve ne son pure molti altri, che nel fem-

minile hanno un Nome affatto differente, come

Uomo, e Donna; Ariete, e Pecora; Toro, e

Vacca .

I Nomi delle cose inanimate, come sono le

piante , i metalli, i sassi, i fiumi, i monti ec.

non dovrebbono avere nè il Genere maschile, né

il femminile, perchè non sono nè maschi, nè fem-.

mine. Con tutto ciò anche questi si mettono parte

nel Genere maschile, e parte nel femminile.

1.° Quelli che finiscono in o, son quasi tutti

maschili, come un Jubro, un Campa, un Palazzo.

S' eccettui Mano , e qualche Nome accorcia-

to, come Immago, Testudo, e simili, che si usano

dai Poeti invece di Immagine, e di Testudine.

2.° Quelli che finiscono in a, son quasi tutti

femminili, come una Casa, una Strada, una

Campagna.

S'eccettuì qualche Nome derivato dal Greco,

come Dramma, Epigramma , Stemma, Poema,

Problema, Diadema, e simili.

3.° Quelli che finiscono in e, in i, in u, o

in qualunque vocale accentata , parte sono maschili,

parte, femminili, e mon. han regola determinata.

 

Pagina 19

 

Alcuni di questi con una sola terminazione

s' adoprano in ambi i Generi, come Trave, Fine ,

Fonte, Fronte, Carcere, Arbore, Fune, Doma-

ne, e Folgore, dicendosi un Trave, e una Tra-

ve, il Fine, e la Fine ec.

Alcuni altri ritenendo il medesimo Genere si

adoperano con diversa terminazione; come Ala e

Ale, Arma e Arme, Canzona e Canzone, Dota

e Dote, Froda e Frode, Fronda e Fronde, Re-

dina e Redine, Scura e Scure, Tossa e Tosse,

Vesta e Veste, che sono tutti femminili (s’ eccet-

tui Gregge che è maschile, e cadendo in a fa

Greggia femminile ) ; Cavaliero e Cavaliere , Con-

solo e Console, Pensiero e Pensiere, Sentiero e

Sentiere, Scolara e Scolare, Barbiero, Barbiere,

e Barbieri, Mestiero, Mestiere, e Mestieri, che

sono tutti maschili. Tra questi però è da notare,

che Ale, Arme, Canzona, Data, Scura, Tossa,

e Barbieri, sono poco in uso.

È da osservarsi circa ai Nomi delle Città, che

finiti in a sono sempre femminili, come Londra,

Roma, ec.; ma finiti in altra vocale si posson fare

e maschili e femminili, come la vasta, e il vasto

Milano ; la popolata; e il popolato Napoli : sebben

più comunemente si usano anch’ essi al femminile.

AÌ contrario i Nomi de' Paesi, e de Fiumi,

se non finiscono in a, sono tutti comunemente

maschili, come il Piemonte, il Friuli, il Tevere,

l'Adige.

Le lettere dell’Alfabeto si pongono nell’ uno,

e nell’ altro Genere; ma le Vocali A, ed E colle

consonanti F, H, L,M,N, R,S, Z, si usan

più spesso al femminile, le altre più spesso al

maschile.

Circa ai Nomi degli Alberi, e de’ Frutti è da

notarsi particolarmente , che finiti in o significan

l’Albero, e sono maschili, come un Pero, un

 

Pagina 20

 

Castagno , un Ciriegio ; finiti in a significan il Frut-

to, e son femminili, come una Pera, una Casta-

gna, una Ciriegia. S’eccettuin Pomo, Fico, Ce-

drato, e cedro che terminando in o maschile, si-

gnifican tanto l'Albero, come il Frutto.

Gli Aggettivi nei Generi sonò più regolari ,

poichè finiti in o sono tutti maschili, e finiti in a

tutti femminili, e perciò un Uomo si dirà buono,

saggio, virtuoso , e una Donna buona, saggia,

virtuosa.

Finiti in e però servono anch’ essi ugualmente

el maschile, e al femminile, come Uomo pruden-

te, e Donna prudente. |

Ma si osservi, che quelli che finiscono in tore

sono tutti maschili, e hanno comunemente il fem-

minile in trice, come Uomo vincitore, e Donna

vincitrice, trattine alcuni pochi che lo hanno an-

che in tora, come da traditore, traditrice, e

traditora.

 

CAPO III

DEI NUMERI.

 

Le desinenze fin quì accennate sono quelle che

i Nomi, e gli Aggettivi hanno nel singolare.

Nel Plurale i Nomi maschili comunemente fi-

niscono in i, qualunque sia la loro terminazione

singolare; e però da Profeta, Maestro, Pastore

si fa Profeti, Maestri, Pastori.

I Femminili, se nel Singolare finiscono in a,

hanno il Plurale in e, come una rosa, e più

Rose; se nel Singolare finiscono in e, hanno il

Plurale in i, come una Volpe, e più Volpi; e

quelli che nel Singolare hanno la doppia termina-

zione in a, e in e, hanno similmente nel Plurale

 

Pagina 21

 

la doppia terminazione in e, e in î, come Ale e

Ali, Arme, e Armi ec.

Conviene però notare 1.° che i Nomi mono-

sillabi, e que’, che terminano in Vocale accen-

tata, o siano maschili, o femminili , ritengono nel

Plurale la stessa terminazione del Singolare ; onde

si dice egualmente un Re, una Città una Tribù,

come molti Re, molte Città, molte Tribù. An-

che Specie , Serie, Superficie , Requie, Barbarie,

e Progenie conservano nel Plurale la stessa desi-

nenza.

2.° Che alcuni Nomi maschili nel Plurale ol-

tre alla desinenza in i han pure la terminazione in

a, con cui divengono femminili Eccone i prin-

cipali

 

Anelli, e Anella | Ginocchi; e Ginocchia

Bracci, e Braccia | Gridi, e Grida

Calcagni, e Calcagna | Labbri, e Labbra

Carri, e Carra | Legni, e Legna

Castelli, e Castella | Lenzuoli, e Lenzuola

Cigli, e Ciglia | Membri, e Membra

Coltelli, e Coltella | Mulini, e Mulina

Comandamenti, e Comandamenta | Muri, e Mura

Ossi, e Ossa

Corni, e Corna | Peccati, e Peccata

Demonj, e Demonia | Pomi, e Poma

Diti, e Dita | Quadrelli, e Quadrella

Fili, e Fila | Risi, e Risa

Fondamenti, e Fondamenta | sacchi , e Sacca

Tini, e Tina

Frutti, e Frutta  | Vestigi, e Vestigio

Gesti, e Gesta Vestimenti e Vestimenta.

 

Ma Coliella, Comandamenta , Demonia,

Letta, Mulina, Feccata, Tina poco si usano ;

all’ opposto braccio , Calcagna , Ciglia , Dita,

Gesta (in significato d' Imprese, ) Ginocchia,

Labbra, Membra, Ossa, Quadrella, e Risa son i

 

Pagina 22

 

meglio usati, che Bracci, Calcagni. ec. Si trova

anche Frutte, Geste , Legne , Osse, e Vestigie;

e gli Antichi usarono pure spesse volte Fruttora,

Campora , Pratora, e simili; ma queste voci or

sono affatto antiquate.

3.° Che alcuni Nomi maschili nel Plurale han

solamente la terminazione in a, con cui diventano

femminili come le Centinaja , le Migliaja , le

Miglia, le Moggia, le Staja, le Paja, le Uova,

che vengono dai Singolari Centinajo , Migliajo ,

Miglio , Moggio , Stajo, Pajo, Uovo.

4° Che i nomi maschili terminati nel Singo-

lore i in co, e in go, se hanno avanti a queste

sillabe una consonante, nel Plurale finiscono in

chi, e in ghi, come da Palco, Palchi, da Alber-

go  Alberghi, trattone Porco , che ha Porci: se

hanno una vocale finiscono per lo più in ci, e in

gi, come da Medico, e Teologo, Medici, e Teo-

logi; benchè ve ne sieno degli eccettuati , come

Fichi, Fuochi , Cuochi, Roghi, Luoghi, Dia-.

loghi , ed altri.

5.° Che i Nomi femminili terminati in ca, e

in ga, siano queste sillabe precedute da una con-

sonante, o da una vocale, han tutti il Plurale in

che, e in ghe come da Monaca , e Verga, Mo-

nache , e Verghé.

 

6. ° Finalmente che vi sono de’ Nomi , i quali

s’ usano solamente nel Singolare, come Mele,

Mane e Mattina , e ve ne sono, che s usano so-

lamente al Plurale, come Nozze, Eseguie, Van-

ni (Ale) s Spezie. Droghe), Interiora ec.

Gli Aggettivi maschili nel Plurale finiscono

tutti in i, come Uomini dotti, giusti , prudenti :

i femminili cadono in e, se hanno il Singolare in

a, some Donne pie, sagge, virtuose; cadono

in i se hanno il Singolare in a come Donne

gentili fedeli, diligenti.

 

Pagina 23

 

Anche tra gli Aggettivi alcuni s' usano sola-

mente nél Singolare, come ‘Niuno , Viruno,

Ognuno Ciascuno , Ciascheduno , Qualche , Chiun-

que , e Qualunque.

Di Qualche usato in Plurale v' hà però un e-

sempiò nel Boccaccio : Addormentato in qualche

verdi boschi; e a Qualunque, allorchè a voglia

plurale, si suole sostituire Quantungue, come nel

Petrarca: Fra quantunque leggiadre Donne, e

belle .

Ad Ogni nel plurale corrisponde Tutti, come

Ogni uomo , tutti gli uomini.

 

 

CAPO IV.

 

Dei SEGNACASI, E DEGLI ARTICOLI.

 

In Italiano la terminazione dei Nomi, e degli

Aggettivi si cangia solamente secondo la diversità

dei Generi, e dei Numeri.

I Latini avevano in essi degli altri cangiamen-

ti, che sì chiamavano Casi, cioè Cadenze o Desi-

nenze diverse d’ un medesimo Nome.

Questi casi erano sei, Neminativo , Genitivo,

Dativo, Accusativo, Vocativo, e Ablativo, i1 pri-

mo de’ quali pur chiamavasi Caso retto, e gli ‘altri

Casi obliqui.

I Casi latini servivano ad esprimer varie di

quelle relazioni , che noi invece esprimiamo colle

Preposizioni di, a, da, con, per, in ec., le quali

perciò comunemente si chiamano Segnacasi. Così

invece di dire Cesare , di Cesare, a Cesare ec.

i Latini dicevano Cesar, Cesaris, Cesori ec.

Queste Preposizioni, e questi Segnacasi, se il

 

Pagina 24

 

Nome richiede l'articolo determinato, si soglion

pure da noi incorporare con esso in una sola pa-

tola, che altrove abbiamo chiamato preposizione

articolata.

Or ecco gli Articoli , e le Preposizioni' artico=

late corrispondenti ai varj Casi latini in ambi i

Generi, e in ambi i Numeri.

 

GENERE MASCHILE.

 

Singolare, È Plurale.

 

Nom. il, lo  Nom. î, gli

 

Gen. del, dello Gen. dei, o de’, degli

 

Dat. al, allo Dat. ai, o a’, agli

 

Acc. il, lo Acc. i; gli

 

Voc. o Voc. o

 

Abl. dal, dallo Abl. dai, o da', dagli

 

nel, nello nei, o ne’, negli

col, collo  coi, o co’, cogli

pel, per lo pei , o pe’, per gli

sul, sullo sui, o su’, su gli

 

GENERE FEMMINILE.

 

Singolare. | Plurale.

Nom. la Nom. le

Gen. della  Gen. delle

Dat. alla Dat. alle

Acc. la Acc. le

Voc. o “ Voc. o

Abl.; dalla Abl. / dalle

nella nelle

colla  colle

per la per le

sulla  sulle.

Qui è da avvertire, che coi Nomi maschili

 

Pagina 25

 

gli Articoli, e le Preposizioni articolate lo, dello,

ec. gli, degli ec. si usano quando il Nome comin-

cia per S impura, cioè seguita da altra consonante,

o per Z, come lo spirito , lo zecchino , gli

spiriti, gli zecchini , e il, del ec. i, dei ec. si

usano quando il Nome comincia per tutt'altra con-

sonante, come i ferro , il marmo, i ferri, i

marmi , eccetto il plurale Dei, che anch'esso vuol

l'Articolo gli, onde si dice gli Dei, non i Dei.

Alcuni scrivono pure li ferri ; li marmi, ec. ma

è di miglior uso i ferri, i marmi.

Se il Nome comincia per vocale, nel singo-

lare maschile dovrebbe dirsi /o, dello ec. ma per

lo più la vocale ultima si. elide, e vi si mette

l'apostrofo, come l’ onore, dell'onore ec., il che

sì fa ancora coi femminili, come l'amicizia , del-

l’ amicizia ec.

Nei Plurali maschili che cominciano per vocale

gli Articoli , e le Preposizioni articolate sono gli,

degli èc. gome gli'onori, degli onori; e se il

Nome comincia per i l'Articolo gli suol anche apo-

strofarsi , dicendo gl’ Italiani, degl’ Italiani ec.

non già se comincia per altra vocale, onde sareb-

be errore lo scriver gl’ anni, gl’ onori ec.

Nei Plurali femminili talvolta si fa l’ elisione;

come l’amicizie, dell'amicizie; ma più comune-

mente gli Articoli, e le Preposizioni articolate si

pronunziano , e si scrivono intere, come le ami-

cizie, delle amicizie.

La Preposizione per accompagnata dall'artico-

lo maschile fa pel, o per lo nel Singolare , come

pel monte, o per lo monte, e pei, o pe’ nel Plura-

Ade, come pei monti, e pe’ monti. Per il, e per i

da’ buoni Scrittori non si usano, e di rado si usa.

anche per li. Alcuni pur adoperano pella, e pelle

invece di per la, e per le; ma i Migliori se ne

astengono.

 

Pagina 26

 

Anche con il, e con i son da schifarsi; al con-

trario con lo, con gli, con la, e con le si usan

da molti.

Per maggiore intelligenza delle cose anzidette

aggiungeremo qui due Nomi, l’ uno maschile, e

l’altro femminile, coi lor Segnacasi prima senza l'ar-

ticolo, e poi coll’ articolo.

 

NOMI COI SEGNACASI SBNZA L'ARTICOLO.

 

MASCHILE, FEMMINILE:

Singolare

Nom. Padre  Madre

Gen. di Padre di Madre _

Dat. a Padre a Madre

Acc. Padre  Madre:

Voc. o Padre o Madre

Abl. da Padre  da Madre .

per per

con con

 

Plurale.

Nom. Padri Madri .

Gen. di Padri di Madri.

Dat. a Padri, a Madri

Acc. Padri  Madri

Voc. o Padri o Madri

Abl. da Padri. da Madri

per per

con con

 

Si noti che quando il Nome comincia per vo-

cale, la Preposizione di suole apostrofarsi, come

d’Uomo, d'Amico, e invece di a suole usarsi ad,

 

Pagina 27

 

come ad Uomo, ad Amico*

da suole scriversi

intera anche innanzi a vocale, come da Uomo,

da Amico.

 

 

NOMI COI SEGNAGASI UNITI ALL’ ARTICOLO,

 

MASCHILE.

 

FEMMINILE.

 

Singolare

 

Nom. il Padre la Madre

Gen. del Padre della Madre

Dat. al Padre  alla Madre

Acc. il Padre la Madre

Voc. o Padre o Madre

Abl. dal Padre dalla Madre

pel, o per lo per la

col colla

 

Plurale

Nom. è Padri le Madri

Gen. dei, o de' Padri delle Madri

Dat. ai, a' Padri alle Madri

Acc. i Padri le Madri

Voc. o Padri o Madri

Abl. dai, o da' Padri

pei, o pe’

coi o co'

per le colle

 

CAPO V

 

Deir uso DEGLI

 

Dell’uso degli Articoli

 

Due specie d'Articoli noi abbiamo, come già si è

detto, nella nostra lingua, alcuni de' quali, cioè il

 

Pagina 28

 

lo, la, i, gli, le si chiamano determinati, ed

altri, cioè uno o una, e talora di, del, dello,

della , de', dei, degli, delle si chiamano indeter-

minati.

L’Articolo determinato premettesi ai Nomi,

quando vuolsi indicare alcuna cosa determinata-

mente.

Ma i Nomi altri sono particolari o proprj,

ed altri universali o comuni. Ora i Nomi proprj ,

esprimendo già per sè stessi una cosa determinata,

non dovrebbero mai aver bisogno di quest'Articolo.

Nondimeno anche ad essi alcune volte suol darsi:

ed eccone le circostanze.

 

Uso dell'Articolo Determinato co’ Nomi propri

 

I Nomi d' Uomo per ordinario si usano senza

Articolo, onde si dice Pietro, Paolo, Andrea,

Giuseppe, non il Pietro, il Paolo ec.; ma a quei

di Donna si dà sovente, come la Fiammetta, la

Tancia ec., e sì dà pure sovente ai Cognomi, o

Nomi di famiglia, come il Petrarca , il Boccac-

cio, il Bembo.

I Nomi delle Città sì usan tutti senza l’Arti-

colo , eccettuato il Cairo , la Mirandola, il Fi-

nale, la Chiusa, e pochi altri.

I Nomi de’ Monti, e de' Laghi si usano con

l'Articolo, come le Api, glì Appennini, il Tra-

simeno ( Lago di Perugia), il Benaco (Lago di

Garda) , il Verbano (Lago Maggiore ) , il La-

rio (Lago di Como), il Ceresio (Lago di Lu-

gano ).

1 Nomi de’ Fiumi, delle Provincie, e de’ Re-

gni si usano coll’Articolo, quando si parla di tutto

il Fiume, di tutta la Provincia, di tutto il Regno,

o di qualche loro parte determinata, come, il Po

è torbido; la Lombardia è fertile; l'Italia è pie-

 

Pagina 29

 

na di nobili Ingegni; e si usano senza, quando si

parla d’ alcuna loro parte indeterminata come è

caduto in Po; è nato in Lombardia; vive in

Italia.

Notisi però che anche i Nomì dì Persone , e

di Città, quando hanno innanzi un Aggettivo qua-

lificativo, o un Nome di titolo  vogliono comu-

nemente l’Articolo come Il grande Alessandro

il Re Dario , l'antica Roma, la dotta Atene. È

Si eccettuin tra i Nomi di titolo Don, Don-

na, Madama, Monsignore, Santo, Santa, Suo-

ra, o  Frate, che si usano senza Articolo come

Don Alberto, Donna Maria , San Francesco,

Suor Cecilia ec. Lo stesso facevano gli Antichi coi

titoli Messere, Sere o Maestro, che or più non

s’ usano; come Messer Cino, Ser Brunetto, Mae-

stro Aldobrandino,

Al Nome Papa l'Articolo si dà o si toglie

a piacere, dicendosi egualmente Papa Urbano ,

Papa Clemente e Papa Urbano, il Papa

Clemente. L’ Ariosto 1 ‘ha tolto anche a Re, di-

cendo Re Carlo, Rè Pipino, *

 

Uso degli Articoli Determinati, e Indeterminati

co’ Nomi Universali

 

Coi Nomi universali l’ Articolo determinato si ado-

pera

1. Quando si vogliono abbracciare tutte le

cose comprese sotto allo stesso Nome; così dicendo

L'Uomo dev'essere ragionevole, o Gli Uomi-

ni devon essere ragionevoli, è come il dire: Ogni

Uomo dev’ essere ragionevole; Tutti gli Uomini

devon essere ragionevoli.

2-° Si adopera quando si parla d'una o più

cose determinate comprese sotto a quel Nome: così

dovendo discorrere di un Libro già nominato, di-

 

Pagina 30

 

 

rò il Libre è Buono 'o cattivo, e'sarà come se

dicessi Quel Libro che abbiamo nominato, è buo-

mo, o ‘cattivo. Similmente volendò uno o più Li-

bri, di cui si sia già convenuto fra noi, dirò Da-

temi il Libro, o i Libri; e sarà come se dicessi

Datemi quel Libro, o quei Libri che voi sapete.

 

Al contrario quando si parla di una  più

cose contenute sotto a’ quel' Nome, ma indetermi-

natamente, si adopera L’ Articolo indeterminato uno

o una nel Singolare, e di, de', dei, degli, o delle

nel Plurale, che in questi casì non han la signifi-

cazione del Genitivo deì Latini, ma d’ un sempli-

ce Articolo indeterminato. Così volendo uno o più

Libri senza che mi importi d'aver piuttosto il tale,

che il tal altro, dirò Datemi un Libro, o dei

Libri.

Che se vorrò non una cosa intera, ma una

porzione indeterminata di qualche cosa, userò an-

che nel Singolare del, dello, o della; come Da-

temi dell'acqua; Datemi del vino.

Quando poi non s’ abbia bisogno di altro, che

di nominare semplicemente la cosa, non vi si met-

te nessun Articolo nè determinato, nè indetermi-

nato , come Datemi acqua, o vino, oppure Non

voglio nè acqua, nè vino. (b).

 

(a)’Notisi, che quando il Nome ha innanzi un

Aggettivo può dirsi di e dei, come Egli ha di buo-

ni Libri, è déi buoni Libri; ma quando il Nome

non ha dinanzi verun Aggettivo, conviene usar

dei ; onde si dirà: Egli ha del Libri, non di Libri.

(b) L'uso dell'Articolo dà alla Lingua italiana

una precisione maggiore di quella, che avesse la

Latina. Così, secondo la riflessione del Buommattei:

I Latini dicean soltanto Vinum bibere; e noi

lo diciamo in tre modi con tre significati diversi;

Bere vino, bere il vino, e ber del vino. Il primo mo-

do significa semplicemente non si astenere da  vi-

no; il secondo accenna ber tutto il vino; il terzo

inferisce bere alcuna quantità di vino. Ma il Latino,

perchè non ha Articoli confonde. tutti © tre questi

significati.

 

Pagina 31

 

Quando si vuol esprimere, che una persona, o

una cosa possiede qualche qualità in maggiore o

minor grado d'un’ altra , agli Aggettivi premet-

tonsi. gli Avverbi più o meno, come la tal pittu-

ra è più o men bella della tal altra; e gli Ag-

gettivi allora chiamansi Comparativi.

Vi son però alcuni Aggettivi derivati dal La-

tino, che da sè soli contengono il paragone, e a

cui per conseguenza l'Avverbio più non si deve

aggiugnere : così maggiore da sè solo vuol dire

più grande, minore più piccolo, migliore più buo-

no, peggiore più cattivo, superiore più sopra, in-

feriore più sotto, anteriore più avanti, posteriore

più addietro, interiore più addentro, esteriore più

infuòri, ulteriore più in là, citeriore più in qua

e sarebbe errore il dire questo è più maggiore,

o più  minore di quello.

Allorchè vuolsi esprimere, che una persona,

o una cosa possiede qualche qualità in sommo gra-

do, cambiasi la desinenza dell’Aggettivo, termi-

nandolo in issimo, e allora chiamasi Superlativo ;

come da bello bellissimo, da brutto bruttissimo ,

«da alto altissima ec. trattine gli Aggettivi integro,

acre , celebre, e salubre, che danno integerrimo,

acerrimo , celeberrimo , e saluberrimo,

 

Pagina 32

 

Anche fra i Superlativi ce n’ ha alcuni derivati

dal Latino, che sono affatto diversi dal Positivo ,

cioè dall’ Aggettivo semplice : così massimo vuol

dire grandissimo, minimo piccolissimo, ottimo

buonissimo, pessimo cattivissima, prossimo vicinis-

simo, supremo il più sopra, infimo il più sotto,

estremo il più in fuori, intimo il più indentro.

V'è pure in Italiano un altro Superlativo, che

può chiamarsi Superlativo di paragone, il qual si

usa, quando si vuol esprimere, che una persona o

una cosa in qualche qualità supera tutte le altre,

e si forma col Comparativo  premettendovi l’ arti-

colo ; per esempio Cicerone è stato il più elo-

quente fra i latini Oratori.

Intorno a questo due cose son da notarsi: 1.°

che quando l'Articolo si premette al Nome, non

deve replicarsi innanzi al più, come alcuni fan

malamente ad imitazione de Francesi: laonde non

si dirà  questa è la cosa la più rara; ma questa

è la cosa più rara.

2.° Che il più non deve premettersi a quegli

Aggettivi, che sono superlativi per sè medesimi,

onde non si dirà: il più ottimo, il più pessimo

ec. ma l'ottimo, il pessimo, il più buono, il

Più cattivo.

 

 

CAPO VII

 

Dei Nomi, E DEGLI AGGOKTTIFI AUMENTATIVI

 

DIMINUTIVI, E PEGGIORATIVI.

 

Per esprimere cosa grande, o cosa piccola, in-

vece di aggiugnere al Nome gli Aggettivi grande,

o piccolo, in Italiano si cambia spesso la termi-

mazione del Nome medesimo, dicendo per esem-

pio Librone invece di Libro grande , Libretto in;

 

Pagina 33

 

vece di Libro piccolo. Nel primo caso i Nomi si

chiamano Aumentativi, e nel secondo Diminutivi.

Lo stesso pur si fa qualche volta cogli Agget-

tivi; dicendo per esempio bellone per motto bello,

lunghetto per alquanto lungo.

 

Aumentativi.

 

Gli Aumentativi maschili, allorchè significano

molto ingrandimento , finiscono in one, o ona a

come da Casa Casone, o Casona.

La prima maniera però anche nei femminili

è più usitata, e con questa terminazione essi pure

diventan maschili, come un Casone, un Portone,

Allorchè esprimono piccolo ingrandimento i

maschili escono in otto, e i femminili in otta,

come Giovinotto , e Giovinotta,

 

Diminutivi,

 

I Diminutivi han varie terminazioni, cioè in

ino, e ina, come Fanciulline , e Fanciullina,

In etto, e etta, come Giovinetto , e Giovinetta ,

in ello, e ella, come Contadinello, e Contadi-

nella  e in atto , come Cerbiatto , Lepratto.

Qualche volta si fa pure un doppio Diminu-

tivo, come Cosettina , Cassettina,

 

Peggiorativi.

 

Ai Nomi italiani si dà anche un'altra termi-

mazione per significare peggioramento, o malva-

gità ; ed essi allora si chiamano Peggiorativi.

Questi hanno le terminazioni in astro, o

astra , come Giovinastro, e' Giovinastra ; in ac-

cio, e accia, come Libraccio, Cartaccia; in

uzzo, o uccio , e uzzo, o uccia, coma Regaluz-

 

Pagina 34

 

zo , o Regaluccio; Cosuzza, o Cosuccia (ben-

chè questa terminazione si usa talvolta anche per

vezzo, come Vaghe labbra vermigliuzze. Chiabrera)

Vi sono pure altre maniere di Peggiorativi,

come Plebaglia , Gentame, Popolazzo, Casipola,

Donnicciuole, Omicciatto, o omicciattolo ; e se

ne formano ancora dei composti, come Omaccio-

ne, Cassettuccia ec.

Finalmente v'ha un’altra terminazione, che

significa al tempo stesso diminuzione, e peggiora-

mento, ed è in igno, o iccio pei maschili, e in

igna , o iccia pei femminili, come rossigno , o

rossiccio , e rossigna, o rossiccia, che significa

éosa di color rosso, ma sparuto e cattivo : lo stes-

so significato ha pure la. terminazione in ognolo,

e ognola, come giallognolo , ‘e giallognola: seb-

bene questa terminazione s' adopera anche pel

semplice diminutivo.

 

 

CAPO VII

 

De' Nomi PERSONALL.

 

I nomi Personali hanno una. specie di declinazio-

né, o variazione di casi anche in Italiano, come

l'avevano in Latino. Eccoli per disteso.

 

NOME DI PRIMA "PERSONA.

 

 

Singolare. — è Plurale.

Nom. Io . Noi i

Gen di Me: se: di Noi

Dat. a Me, o Mi o Noi, Ne, o Ci

Acc. Me, o Mi Noi, Ne, 0 Ci

 

Abl. da Me > da Noi

 

Pagina 35

 

Nome DI SECONDA PERSONA. |

 

Singolare, Plurale,

Nom. Tu  Voi

Gen. di Te o di Voi

Dat. a Te, o Ti a Voi, o Vi

Acc. Te, o Ti Voi, o Vi

Voc. o Tu o Voi

Abl. da Te da Voi

 

NOME DI TERZA PErsoNA.

Singolare, e Plurale,

 

Gen. di Se

Dat.: a Se o si

Acc. Se, o Si

Abl. da Se.

 

Qui è da osservare 1.° che Io 8° adopera so-

lamente al Nominativo , cioè quando è il Sogget-

to della Proposizione , e Tu solamente al Nomi-

nativo, e al Vocativo

2°. Che Me, e Te mai non sì usano al No-

minativo eccetto qualche volta dopo il come, per

esempio : Egli è come me, o dopo il Verbo es-

sere, come nel Boccaccio: Credendo ch'io fossi te.

3.° Che Mi, Ti, Si, Ne, Ci, Vi, corrispon-

dono tanto al Dativo, quanto all’Accusativo ; anzi

in questi Casi si adoperano più frequentemente che,

Me, Te, Se, Noi, Voi, eccetto quando voglia espri-

mersi opposizione, confronto, o distribuzione, dove

convien usare Me, Te, Se, ec. come A me toglie

a te dona; Me , e te perde ad un istante.

4.° Che le dette voci Mi, Ti, Si, Ne, Ci,

Vi sì porgono sempre dinanzi al Verbo , come

Mi ama, ti prega, si duole , o ponendosi dopo,

sì uniscon col Verbo in una sola parola, come

Amami , pregati , duolgi.

5.° Che le voci Ne, Ci e Vi oltre al si-

gnificato di Nomi personali, ne han pure un altro

 

 

Pagina 36

 

Il Ne corrisponde alle parole di questa o quella

cosa, da questo , o quel luugo; così Ne vengo

ora vuol dire vengo ora da quel luogo; Non ne

trovo vuol dire non trovo di questa o di quella

cosa. Il Ci significa propriamente in questo o a

questo luogo , e il vi in guello o a guel luogo;

e però Non ci è propriamente vuol dire non è qui,

e Non vi è vuol dire non è là; ma si pongono

spesso indifferentemente 1’ uno per l’ altro.

6.° Che il Si vale anche a formare i Verbi

passivi, come si apprezza, si loda invece di è

apprezzato , è lodato; e così questo, come Mi ,

Ti, Si, Ci, Vi servon pure alla formazione d’alcuni

Verbi neutri come Io mi dolgo , tu ti rallegri,

ei si pente. Ma di ciò parleremo in altro luogo.

7.° Che la preposizione Con si può coi No-

mi personali Me, Te , Se, Noi, Voi incorporare

in una sola parola, dicendo , Meco, Teco, Seco,

Nosco, Vosco i

 

CAPO IX

 

Degli Aggettivi INDICATIVI,

e SINGOLARMENTE DE FRONOMI.

Alcuni Pronomi hanno anch’ essi una specie di

declinazione, che qui accenneremo incominciando

dal Pronome Egli ed Ella

 

EGLI, ed ELLA

Singolare

Maschile Femminile. °

Nom. P, Ei, o Egli Ella

Gen. di Lui di Lei

Dat. a Lui, o Gli o Lei, o Le

Acc. Lui il o Lo Lei o La

Abl. da Lui da Lei

 

Pagina 37

 

Nom.E' Ei Egli o Eglino Ella o Elleno

Gen, di Loro di Loro

Dat. a Loro a Loro

Acc. Loro, Li, e Gli Loro o Le

Abl. da Loro da Loro

 

Qui è da notarsi 1.° che Egli, Ello, Eglino;

Elleno. debbonsi adoperare solamente, quando cor-

rispondono al Nominativo , cioè quando sono il

Soggetto della proposizione , e Lui , Lei; Loro

solamente quando corrispondono agli altri Casi; e

perciò non si dirà di egli, o con ella, ma di Lui,

e con Lei , e all'opposto si dirà Ella parla, El-

la tace , non lui parla, lei tace.

Vero è che si citano alcuni esempi di antichi

Autori, presso ai quali Egli, o Ello, ed Ella si

trovano corrispondenti ai casi obliqui, e Lui, Lei,

e Loro corrispondenti al Caso retto: ma quest'uso

da’ buoni Scrittori non è più seguito, eccetto al-

cuna volta quando Lui, Lei, o Loro son dopo

il come , o il Verbo essere, per esempio S' io fos-

si lui, o come lui.

2.° Che invece di Egli si dice anche per acc-

corciamento Ei, o E', come Ei parte, E' torna;

e nello stil famigliare si dice pur La invece di

Ella; come La mi chiama , La mi fugge.

3.° Che Egli, ed E' si usano anche al Plu-

rale in luogo di Eglino-; ed Elle in luogo di El-

eno; così nel Boccaccio Giorn. 7. Nov. 8. Com'e-

gli hanno tre soldi; e Giorn. 2. Nov. 9. S' elle

Vi piacciono: e nello stil famigliare si dice anche

Le invece di Elle, come Le non son molte.

4.° Che in cambio di dire A lui, e A lei si

dice più frequentemente Gli, e Le, come Gli

scrisse, Le raccomandò.

5.° Che invece di Lui, e Lei, Accusativi si dice

più comunemente Lo,  Il, e Lo, come Le ride, il

 

Pagina 38

 

pregò, la indusse: eccetto che vi sia opposizione

confronto, o distribuzione, come si dirà al n, 11.

6.° Che nel Genitivo, e Dativo plurale le Pre-

posizioni di, e a innanzi a Loro si possono om-

mettere, come, Le loro armi, e Loro ordinò in

luogo di dire le armi di loro, e a Loro ordinò ;

la Preposizione a può ommettersi anche innanzi a

Lui , e Lei, come: Lo trovò, e lui disse ec.

7° Che invece di, Loro Accusativo plurale si

dice più comunemente Li, Gli, e Le, come Li

chiamò , le invitò. Gli si usa quando segue una

Vocale, o una S impura, o una Z, come Gli

unì, gli sparse; e Li quando segue qualunque al- .

tra Consonante, come Li trovò , li perdette . Gli

Antichi però hanno usato frequentemente anche

Gli trovò , gli perdette, e simili.

8° Che Il, Lo, La, Li, Gli, Le, quan-

do sono Pronomi,o si mettono innanzi al Verbo,

come negli esempi arrecati, o mettendoli dopo, si

uniscono al Verbo medesimo, come Videlo, Scris-

segli, Raccomandolle.

9.° Che quando occorre di dover usare in una

stessa proposizione alcuno di questi Pronomi, o uno

de Nomi personali Mi, Ti, Si, Ci, Vi, se il Nome

personale si pone innanzi al Pronome, ei cangia. l'i in

e, come Ve lo dirò , o Vel dirò, o Dirovvelo : se il

Nome personale si mette dopo, ei resta colla sua

terminazione in i, come ‘Il vi dirò, o Dirollovi.

10° Che il Pronome Gli si unisce pure fre-

quentemente cogli altri anzidetti, aggiungendovi

un e frammezzo, come Glielo diedi, gliela tolsi,

Glieli rendo , gliele rimando. (a)

 

(a) Quest ultimo, invece di cui si usa anche 

Gliene, si trova adoperato dai buoni Autori per riguar-

do al Gli in ambedue i generi, cioè tanto in significato

di a lui, coma di a lei e per riguardo al le in ambedue

i generi, ed i numeri, cioè tanto per significare

lo, e la, come li e le. Così il Boccaccio Gior. 8

Nov. 3 disse : Piena di stizza gliela tolsi di mano ,

ed holla recata a voi acciocchè voi gliele rendiate,

cioè la tolsi a lei, acciocchè a lui la rendiate; e

Gior. 2 Nov. 9: Portò certi falconi pellegrini al Sol-

dano , e presentogliele; ‘cioè li presentà a lui.

 

Pagina 39

 

11° €he ‘quando' si abbia ad esprimere opposi-

zione, confronto, o distribuzione invece di Il, Lo, La

ec. dée sempre usarsi Lui, Lei, e Loro, come in

a me piace , a lui duole; Me, e Lui soddisfate.

12° Che Egli sì pone frequentemente nel

discorso per semplice pleònasmo; o riempimento;

Alloraserve non solo a tutti i numeri, ma anche

a tutti i generi, come Egli vi sono molti, Egli

non è cosa strana.

13° Che Lui, è Lei si usan enche' in si-

gnificato di Colui, e Colei ; come nel Petrarca:

Pur lei cercando che fuggir dovria, cioè cerca-

ndo colei che io dovrei fuggire.

14° Che' quando parlasi a taluno in terza

‘persona, cioè parlasi alla Signoria di lui, come è

uso freqnente degli Italiani, il Pronome deve sem-

pre esser femminile; e però si dirà La prego, Le

raccomando , non lo prego, gli raccomando.

 

CHE, Cui, QUALE, e CHI

Singolare , e Plurale.

 

Nom. Che

Gen. di Che, o di Cui

Dat. a Che o a Cui

Acc. Che o Cui

Abl. da Che o da Cui

 

Intorno a questo Pronome, che :dicesi relati-

vo , perchè sempre si riferisce è qualche Nome

precedente , ecco le osservazioni principali. .

 

Pagina 40

 

1° Che e Cui servono ad ambi i generi, e

ad ambi i numeri: ma Cui non può mai essere

Nominativo o Soggetto della proposizione; all'in-

contro Che si poò sostituire a cui anche negli al-

tri casi, dicendo di che , a che ec. come: Gli

occhi di che io parlai sì caldamente. Petrarca.

2.° Le preposizini di, e a innanzi a cui a

volte si ommettono, come: Amore, la cui

natura è tale, cioè di cui. Boccaccio Gior. 4

Nov. 3. Voi, cui fortuna ha posto in mano il fre-

no, cioè a cui Petrarca, Can. 23. Alcuni usano la di

cui natura, il di cui valore ec.ma son maniere viziose;

3° Innanzi a Che spesse volte si ommette l'in

come : Nel tempo ch' egli era qui, cioè in cui

era qui.'Gli Antichi usarono anche di sopprimer

con esso varie altre preposizioni, come il Petrar-

ca: Da quel nodo sciolta , che, più bel mai non

seppe ordir Natura; e il Boccaccio : involato a-

vrebbe con quella coscienza, che un uomo offe-

rirebbe: ove il che è usato per di cui, e con cui:

ma da' migliori Moderni ciò sì usa più parcamente.

4° Ai Pronomi Di cui , Da cui, Con cui,

e Per cui, si trova frequentemente sostituito Onde,

come: L'anima gloriosa onde si parla, cioè di cui.

Dante Parad. ap. 20 Nella bella prigione, ond'ora

è sciolta, cioè da cui. Petrar. Can. 44. Per lè

quali venne, onde questo corpo si cuopre, cioè

con cui, Boccaccio. Per quell usciuolo , onde era

entrato, il mise fuori, cioè per cui. Bocc. G. 2, N. 2.

5.° Quale interrogativo, come Qual'è? o dubi-

tativo, enme Non so qual sia, o correlativo di Tale;

come Qual visse, tale morì, va sempre senza l’arti-

colo: all'opposto Il quale, o la quale equivalenti

a Che sempre voglion l'articolo, onde è vizioso a

cagion d’ esempio il dire : La lettera gual mi

scriveste, dovendosi dire la quale, o che mi scriveste.

6.° Che si usa anche nel senso di Quale inter-

rogativo, o dubitativo, per esempio; Che cosa è

 

Pagina 41

 

Non so che cosa sia, dove può anche dirsi Che è?

Non so che sia; ma non è di buon usò il dire

invece : Cosa è ? Non so cosa sia senza il che.

7° Il Che preceduto dall’ articolo significa la

qual cosa, come Per il che cioè per la qual cosa.

In questo senso però trovasi qualche volta anche

senza l’ articolo, come Per che invece di per il

che, e nel Boccacc. Introd. L’ un fratello l'altro

abbandonava, e (che maggior cosa è ) i padri,

e le madri i figlioli invece di il che maggior

cosa è. Notisi che questo Pronome ama piuttosto

l’ articolo Il che Lo,onde è meglio detto il che,

per il che di quel che sia Lo che, per lo che.

8° Chi significa colui che, o coloro che, e

serve ad ambi 1 generi e ad ambi i numeri. In

sua vece talvolta si pone cui, come nel Boccaccio:

Vedi cui do mangiare il mio , cioè a chi. Tal-

volta all’ incontro si usa il chi invece di cui, come

nel Petrarca: Fra magnanimi pochi, a chi ’l ben

piace. Il chi si adopera anche nelle enumerazioni

alto stesso modo che quale, tale, uno, altri,

questi, quegli , come : Degli Uominì chi è av-

venturato , chi misero; quale è buono, quale è

cattivo; tale è troppo ardito, tale è troppo timi-

do; uno piange, uno ride; altri ama, altri odia;

questi di tutto è pago, guegli di tutto si lagna

Questo , Cotesto, QuELLO,

Costui, Cotestui, e Colui.

 

Questo, Cotesto e Quello or fan l'ufficio di sem-

plici Aggettivi, ed ora quel di Pronomi.

Sono semplici Aggettivi quando si trovano uniti a

qualche Nome, come Quest'Uomo, Quell'Uomo ec. (a)

 

 

(a) Invece di questa coi Nomi mane, sera, e

notte si usa anche sta; come Sta mane, sta sera, sta

notte; ma cogli altri Nomi ciò non può farsi, I Poetî ,

im cambio usan talvolta esto e esta, come it Petrarca:

D' esta ingrato, e il Dante: Esta selva, Esti tormenti

 

Pagina 42

Sono Pronomi quando si trovan soli, ‘e si ri-

feriscono a qualche Nome espresso innanzi, per

esempio: Ho incontrato Cesare; questi mi disse ec.

Quando sono Pronomi, se riferisconsi ad Uo-

mo, convien dire anche nel Singolare Questi, Co-

testi , e. Quegli , come: Questi è il mio Signore,

questi veramente è Messer Torello. Boccacc. gior,

30. nov. 9. Ciò però si fa solamente quando sono

al Nominativo ; per gli altri casi si dice Questo,

Cotesto, Quello, come nel Petrarca: Vedi il Pa-

dre di questo, e, vedi l'Are.

Si ha qualche esempio di Questi, Cotesti, e

Quegli usati al Nominativo singolare , ancorchè

non si riferiscano ad Uomo, come nel Boccaccio

gior. 4. nov. 1. Dell'una parte mi trae l'amore,

e d altra mi trae giustissimo sdegno: quegli

vuol ch'io ti perdoni, e questi vuole che contro

a mia natura in te incrudelisca: regolarmente

però , quando non si riferiscono ad Uomo, si di-

ce Questo , Cotesto, è Quello (a).

Costui vuol dire quest Uomo, Cotestui cote-

sto Uomo, e Colui quell’ Uomo : nel femminile

hanno costei, cotesta, e colei; e nel Plurale co-

storo , cotestoro, e coloro.

La differenza tra Questo, e Cotesto rispetto

al sigmificato si è, che Questo indica una cosa vi-

cina a quel che parla, o che scriva, e Cotesto

una cosa vicina a quello a cui si parla o si scrive,

Io dirò adunque Prendetevi questo libro, intenten-

do quello ch’ io ho in mano, e Datemi cotesto

intendendo quello che avete voi. Se il libro sarà

distante e da chi parla e da chi ascolta, si dirà al-

 

(a) Anzi osservisi che nell'addotto esempio il

Boccaccio ha detto questi e quegli, perchè l'Amore

e lo Sdegno vi sono personificati, cioè agiscono co-

me se fossero due persone.

 

 

Pagina 43

 

lora Prendete guel libro, o Datemi quel libro.

 

Esso, Desso, StEsso, MEDESIMO.

Esso; ed Essa comumemente valgon lo stes-

so, che egli ed ella ; colla differenza che egli.

ed ella si usano più frequentemente allorchè trattasi

di persona, ed esso o essa: allorchè si tratta di cose.

Qualche volta però Esso adoperasi come sem-

plice Aggettivo unito ad un Nome, e vuol dir Lo

stesso, o il medesimo, come: Esso Messer Tebal-

do ricchissimo venne a morte. Boccacc. gior. 2 nov.

3: cioè lo stesso Tebaldo nominato innanzi : es fre-

quentemente purè s'unisce con lui, lei, e loro, di-

tendo Essolui, Essolei Essoloro.

Desso vale esso stesso; o quello stesso, come

Lo veggo: è desso.

Stesso, e Medesimo esprimono l’ idehtità del-

la persona, o della cosa di cui sì parla; e: convien

guardarsi dall'error volgare di dir medemo invece

di medesimo.

 

ALTRI E ALTRUI

Altri nel singolare significa altr'Uomo, e si

adopera solamente al Nominativo , come: Nè voi,

nè altri potrà più dire ec. Bocc. giorn. 1 nov. 8.

Ne casi obliqui si dice: Altrui; come: Io

ho detto mble d'altrui. Boccacc. nov. 1., e con

esso la preposizione a sovente si tace, come Quan-

do Domeneddio ne manda altrui, cioò ad'altrui.

Altrui significa ancora le cose appartenenti ad

altri, come Consumare l'a ltrui cioè la roba d'altri.

 

Mio, Tuo, SUO,

Nostro, Vostro, Loro.

 

I Possessivi mio ; tuo, suo, nostro , vostro ,

loro, quando stan soli, vogliono sempre l'Articolo,

come nel Boccaccio: Vedi cui do mangiare il mio,

cioè la roba mia. Ma quando sono uniti coi No-

mi, qualche volta il ricusano, spezialmente se stanno

 

Pagina 44

 

innanzi ai Nomi Padre, Madre, Marito, Moglie,

Fratello , Sorella, Figlio , Figlia e simili, come

mio Padre , tua Madre , suo Marito, ec. Quan-

do però s' aggiunga a questi Nomi qualche qualifi-

cazione , voglion l’Articolo anch’ essi, ove questa

qualicazione sia posta prima del Nome, come

L'ottimo vostro Padre, La vostra amorosa Madre.

Nei Poeti i Possessivi trovansi spesse volte

senza l’ articolo anche cogli altri Nomi, come nel Pe-

trarca: Mio ben non cape in intelletto umano; ma

nella prosa i migliori Scrittori usano aggiungerlo.

Circa all’ uso dei Possessivi suo e di lui  con-

vien notare, che quando la cosa appartiene al Nomi-

mativo o Soggetto della proposizione sì dee sempre

dir suo, come: Cesare ama suo figlio teneramente

quando la cosa non appartiene al Soggetto della pro-

posizione, rigorosamente dovrebbe dirsi di lui, come

Io amo Cesare e il figlio di lui; ma se non v' è

pericolo d’ ambiguità, si può anche dir suo, come: Io

amo Cesare e suo figlio, Quando però possa nasce-

re ambiguità, dee dirsi necessariamente di lei, come:

Tito ama Cesare, e il figlio di lui, non ama Ce-

sare, e suo figlio; perchè questo indicherebbe, che

Tito amasse il figlio  proprio, non quello di Cesare.

Molti usano di porre il Genitivo di lui fra

l'Articolo e il Nome, dicendo il di lui figlio in-

vece di dire il figlio di lui; ma i migliori Scrit-

tori se ne guardano.

Si avverta, che quando il Nome, a cui la cosa

appartiene è del numero plurale, si dee sempre usar

loro , non suo, o suoi, onde si dirà: I Genitori

debbono amare i loro figli, non già i suoi figli.

 

OGNI, e TUTTI.

Ogni si usa soltanto nel singolare, tranne

Ognissanti , che significa il giorno di tutti i Santi.

Nel plurale si dice in cambio tutti, e tutte,

e fra questi e il Nome s' aggiunge comunemente

 

Pagina 45

 

l’ articolò , come tutti gli Uomini; tutte le Città:

sebbene dagli Antichi qualche volta sì trovi om-

messo, come da tutte parti, in tutte cose.

Quando a tutti o tutte si aggiugne un qual-

che numero, vi si suole frapporre un e, come tutti

e due, tutte e tre.

 

Degli altri Pronomi e Aggettivi Indicatti.

Veri Pronomi chiamar si debbon quei soli che

nel discorso pongonsi invece de’ Nomi, senza però

che mai co' Nomi medesimi si accompagnino. Tal

sono fra gli accennati sin qui egli ed ella, desso

e dessa , che e chi, costui, cotestui, e colui, que-

sti, cotesti , quegli, e altri, usati nel singolare,

non potendosi dire egli Uomo, o costui Uomo ec.

Tali son pure ognuno, certuno , taluno, e

qualcuno , che voglion dire ogni Uomo, cert’ Uo-

mo, tal Uomo, qualche Uomo ; chiunque; e chic-

chessia , che significano qualunque Uomo; ciò,

che vuol dire essa cosa, o tal cosa; checchessia,

che signifivà qualunque cosa ; non potendosi nem-

men con questi accompagnar nessun Nome; onde

non si’ dirà mai ognun Uomo , certun Uomo ec.

Gli altri che soglionsi annoverar tra i Prono-

mi come uno, ciascuno, alcuno, veruno, niuno,

nessuno , qualche , qualunque, qualchesiasi, gual-

sivoglia per sè medesimi non son che semplici

Aggettivi, potendosì accompagnare con qualunque

Nome, come un Uomo, ciascun Uomo, alcun

Uomo ec. ; nè fan l'ufficio di Pronomi, se non

quando si trovan soli, e si riferiscono a qualche

Nome o espresso innanzi, o sottinteso.

Notisi, che a' niuno, e nessuno può anche

aggiungersi il non, senza che cessi la negazione,

onde sì dirà egualmente Niuno è pienamente con-

tento , o non v'è niuno pienamente contento. Dee

curarsi però, quando si vuol replicar la negazione,

che il niuno sia dopo il Verbo, ceme nell’esem-

 

Pagina 46

 

pio arrecato; poichè se anche questa mettesi In-

nanzi , le due negazioni allora si distruggono, e

formano una affermazione; così il dire; Niuno

non è pienamente contento significherebbe Ognuno

è pienamente contento. Àd ogni modo negli Scrit-

tori anche di questo sì trovano alcuni esempi; ma

non sono molto da imitarsi per l' ambiguità, che

troppo facilmente ne nasce.

 

SEZIONE III

 

DEI VERBI, E DEI PARTICIPI.

 

De' MOTIVI PER CUI SI CAMBIANO,

LE DESINENZE NEI VERBI.

 

I Motivi, per cui ne’ Verbi si cambiano le desi-

nenze, son quattro.

Il 1.° è per indicare, se il Soggetto, a cui

il Verbo appartiene, è la Persona che parla , la

qual si chiama Persona prima, o quella a cuì si

parla , che dicesi Persona seconda; oppure una

Persona, o una cosa diversa da chi parla e da chi

ascolta , la quale chiamasi Persona terza:: così Io

leggo, indica la prima Persona; Tu leggi, la se-

conda; Uno legge la terza.

Il 2,° motivo è per esprimere, se questa

Persona è una sola, o se sono più d'una: così Io

leggo indica la Persona prima del Singolare , Noi

leggiamo , la prima del Plurale; Tu leggi la se-

conda del Singolare, Voi leggete, la seconda del

Plurale; Uno legge, la terza del Singolare , Mol-

ti leggono, la terza del Plurale.

Il 3.° motivo è per dichiarare, se la. cosa si-

 

Pagina 47

 

gnificata dal Verbo appartenga a questa Persona

nel tempo presente, o se vi abbia appartenuto in

un tempo di già passato, o se vi debba apparte-

nere in un tempo che sia ancora a venire. Così

Io leggo indica il Tempo  Presente; Io lessi un

Tempo Passato ; Io leggerò un Tempo Futuro.

Il 4-° motivo è per distinguere il Modo, con

cui vogliamo esprimere, che la cosa significata dal

Verbo al suo Soggetto appartenga.

 

CAPO II.

Dei Modi.

 

Quando la cosa significata dal Verbo si afferma

assolutameute, Il Modo si chiama Indicativo ,

o Dimostrativo, e megiio chiamerebbesi Afferma-

tivo; come Io leggo, Voi leggete.

Quando il Verbo si soggiunge ad un altro per

accennare la cosa , senza affermarla, il Modo si chia-

ma Soggiuntivo , come: Desidero, che voi leggiate.

Se il Verbo precedente esprime una condizio-

ne, quello che si soggiugne chiamasi Soggiuntivo

Condizionale , come: Se avessi un libro leggerei.

Quando il Verbo esprime comando, esortazio-

ne , o preghiera ; il modo si chiama Imperativo,

come Leggete, Scrivete.

Quando il Verbo si adepera in una maniera

indeterminata, senza indicare con alcuna variazio-

ne di desinenza nè la Persona, nè il Numero del

Soggetto a cui appartiene, il Modo sì chiama In-

finito , o Indefinito, cioè Indeterminato, come

Leggere, Scrivere (a)

 

(a) I Greci per esprimere il desiderio davano

al Verbo una particolar destnenza, e avevan per-

ciò un altro Modo di più, che dal suo ufficio chia-

mavasi Ottativo . Ma questo Modo non dee ammet-

tersi nè in Latino, nè in Itàliano, come ma-

lamente hanno fatto alcani Gramatici, non v'essen-

do per esso alcuna particolar terminazione. Infatti

i Latini adoperavano invece il Soggiuntivo prece-

duto dall’interposto Utinam, e noi due Soggiuntivi

usiamo, come: Piaccia at Cielo, o Voglia iddio, che

voi diventiate un giorno buoni Cittadini , ed utili alla

vostra Patria , dove si sottintende: Io desidero che

piaccia al Cielo ec.

 

Pagina 48

 

Circa ai Tempi è da notare 1. che il Presente

può considerarsi in due maniere, cioè o riguar-

dando a quel, che succede attualmente, come Io

leggo , o trasportando il pensiero in un tempo pas-

sato, e considerando ciò ché allora era presente,

come Ieri a quest ora io leggeva. Nel primo ca-

so il Tempo si chiama Presente, nel secondo si

dovrebbe dire Presente di passato per meglio espri-

merne la natura : ma più comunemente si chiama

Passato Imperfetto , perchè indica una cosa pas-

sata, ma non compiuta (a).

2. Allo stesso modo il Tempo Passato può

riguardarsi in quattro maniere.

O si parla di un tempo passato lontano assai,

oppure senza determinarlo ; e allora si chiama Pas-

sato Rimoto, o Indeterminato, come: Una volta

io lessi, io scrissi.

O si parla d’ un tempo vicino, e determina-

to , e allora si chiama Passato Determinato , o

 

(a) Quest'abito di trasferirci col pensiero nei

tempi ancor più lontani fa che descrivendo le azio-

ni d'allora usiamo spesso il Presente, come se ora

avvenissero. Così all'immaginazione rappresentando-

mi il fratricidio di Caino , potrò dire, come se ne

fossi spettatore attuale : Guida egli maliziosamente in

un campo l' innocente Fratello , e qui sfogando la sua

malnata invidia, furioso l' assale , e l’ uccide.

 

Pagina 49

 

Prossimo, come: Oggi io ho letto, io ho scritto (a).

O parlando di un tempo passato si vuole ac-

cennare qualche cosa avvenuta innanzi , e il Tem-

po chiamasi Passato più che perfetto , o Trapas-

Sato, come: Io già aveva letto quando voi siete

giunto, ovvero: Poichè Io ebbi letto, me ne partii.

E qui aveva letto si può chiamare Trapassa-

to. Prossimo, perché anteriore ad un Passato Pros-

simo ; ebbi letto si può chi:mare Trapassato Ri-

moto, perchè anteriore ad un Passato Rimoto.

Questo però si trova usato qualche volta an-

che nel senso dello stesso Passato Rimoto, come:

Alzata alquanto la lanterna ebber veduto il cat-

tivello di Andreuccio. Bocc. Gior. 2. N. 5. dove

ebber veduto equivale a videro.

3.° Anche il Futuro si può considerare in due

maniere.

O si parla semplicemente di una cosa che ha

ancora a venire, come Leggerò , Scriverò , e al-

lora il tempo sì chiama semplicemente Futuro;

 

(a) Si può però spesse volte un medesimo tem-

po esprimere e col Passato rimoto, e col prossimo,

secondo la diversa maniera, colla quale si conce-

pisce. Si può dire per esempio: Al principio dell'Era

cristiana vissero in Roma dotiissimi Uomini, e Al

principie dell’ Era cristiana sona vivuti in Roma dot-

tissimi Uomini ; perchè nel primo caso,si considera

la distanza assoluta di tempo, che passa fra il prin-

cipio dell' Era cristiana, e l'età nostra; e nel se-

condo, malgrado la distanza di diciotto secoli, il

tempo si considera tuttor vicino, perchè forma par-

te dell’ Era cristiana, nella quale noi siam tuttavia,

 

Pagina 50

 

o si vuol esprimere una cosa futura bensì, ma che

debba esser passata rispetto ad un'altra che abbia

a venir dopo, e allora il tempo si può chiamare.

Passato Futuro (a); così dicendo Quando avrò

letto, scriverò, colle parole avrò letto indico che

l’azione del leggere sarà già finita, quando comin-

cerà quella dello scrivere. Avrò letto adunque sa-

rà Passato futuro, e Scriverò sarà semplice Futu-

ro. Nelle proposizioni però , che esprimon dubbio,

i due Futuri hanmo un altro significato , vale a di-

re il Futuro semplice equivale al Presente, come:

Dove sarà egli adesso? e il Passato futuro equi-

vale al Passato, come: Credo che avrà già com-

piuto il suo viaggio.

I tempi finora accennati appartengono tutti al

Modo: Indicativo , o Dimostrativo.

Il Soggiuntivo semplice ne ha sei : il Presen-

te Che io legga ; il Passato Imperfetto Che io

leggessi ; il Passato perfetto Che io abbia letto ;

il Trapassato Che io avessi letto ; il Futuro Che

 

io sia per leggere; e il Passato futuro Che io sia

stato per leggere.

Il Soggiuntivo condizionale ne ha due : il

Presente Se avessi un libro, leggerei , e il Passa-

to Se avessi avuto un libro avrei letto.

L' Indefinito ne ha quattro: il Presente Leg-

gere; Il Passato aver letto ; il Futuro Esser per

leggere; e il Passato futuro Essere stato per leggere.

L’ Imperativo propriamente non ha che il Fu-

turo, perchè le cose che si comandano s' intende

sempre che sieno ancora da farsi, Tuttavia se l’o-

perazione si dee eseguir subito, il Tempo sì chia-

ma Presente, ed ha una terminazione propria,

come Leggi; se dee eseguirsi dopo un'altra, o dopo

 

(a) Può anche dirsi Futuro anteriore, perchè.

precede il Futuro semplice.

 

Pagina 51

 

qualche tempo che v' abbia a scorrer di mezzo, il

tempo si dice Futuro, e si adopera il Futuro del-

l’ Indicativo, come Dopo aver letto, scriverai.

Notisi, che se il Verbo è accompagnato dal

non, invece della seconda Persona singolare del-

l’Imperativo, si usa l’ indefinito presente ; e inve-

ce di Non leggi, si dice Non leggere.

 

CAPO IV.

Dei VERBI TRANSITIVI E INTRANSITIVI,

E DELLA LORO DIVISIONE IN ATTIVI,

PAssIVI, E NEUTRI.

 

I Verbi si posson tutti ridurre a due Classi gene-

rali, cioè Transitivi, e Intransitivi

I Verbi Transitivi si chiaman quelli che espri-

mono qualche azione che da una cosa passa in

un’ altra.

Questi posson essere o Attivi o Passivi.

Si dicono Attivi quando esprimono direttamen-

te l’azione di una cosa’ opra d' un' altra, come Il

Fuoco liquefà i metalli, duve si dichiara l’ azione.

del fuoco sopra i metalli.

di dicon Passivi quando esprimono in cambio

ciò che una cosa patisce o riceve dall'altra, co-

me: I metalli sono Liquefatti dal fuoco , dove si

dichiara ciò che i metalli soffrono dal fuoco.

Verbi Intransitivi si chiaman quelli, che

non esprimono nessuna azione, come Io riposo,

esprimono un'azione, che resta nel Soggetto me-

desimo della Proposizione, e non passa in nessu-

na altra cosa , come Io passeggio.

Questi perchè non sono nè Attivi, nè Passivi

si dicon Neutri, cioè né l'uno ne l'altro

 

Pagina 52

 

CAPO V.

DELLE CONJUGAZIONI.

 

La regola, con cui si variano le terminazioni

dei Verbi secondo la diversità delle Persone , dei

Numeri , dei l'empi, e dei Modi, si chiama Con-

jugazione , perchè è come il comun giogo, a cui

i Verbi sono soggetti.

Non tutti i Verbi però banno la stessa Conju-

gazione. Quella de’ Verbi Passivi in 1° luogo è

affatto diversa da quella degli Attivi, e de’ Neutri;

in. 2.° luogo gli stessi Verbi Attivi, e Neutri si

conjugano in differenti maniere , secondo le diver-

se terminazioni del loro Indefinito, da cui si pren-

de regola per tutto il resto,

Quattro Ccnjugazioni si soglion distinguere ne'

Verbi Attivi, e Neutri Italiani (a).

La prima è di quelli, che hanno l’ Indefinito

in are, Come amare, riposare.

La seconda di quelli che l’ hanno in ere lun-

go , come temere, giacere.

La terza di quelli che l’ hanno in ere breve,

come /eggere, vivere.

La quarta di quelli che l’ hanno in ire, co-

me sentire, dormire.

Il conjugar un Verbo poi non è altro, che

levargli la terminazione dell’ Indefinito, cioè are,

ere , o ire, e sostituirvi di mano in mano quella

che conviene a ciascuna Persona di ciascun Nume-

 

(a) Diciamo essere quattro le Conjugazioni per

adattarci alla maniera comune, sebbene rigorosa-

mente in Italiano sian tre sole, perchè i Verbi che

hanno l' Indefinito in ere, sia questo breve, o sia

lungo , si coniugan tutti allo stesso modo.

 

Pagina 53

 

ro , Tempo, e Modo, lasciando intatto il resto

della parola. Così da am#are si fa io am#o, tu

am#i, quegli am#a ec.

Molti tempi dei Verbi Attivi, e Neutri si for-

mano col Participio , e i Verbi ausiliari Avere, ed

Essere, i quali si chiaman appunto Ausiliari, per-

chè servon d’ ajuto agli altri Verbi, come Io ho

amato, tu hai amato, ec.; Io son caduto, tu

sei caduto ec.

Col Participio , e il Verbo Essere parimente

sì formano tutti i tempi de’ Verbi Passivi, come Io

sono amato, Io era amato ec.

Incominceremo pertanto dalla Conjugazione di

questi due Verbi ausiliari, e passeremo in seguito

alle altre.

 

CAPO VI.

ConjUGAZIONE DE’ VERBI AUSILIARI

Avere, ed Essere.

 

Mopo InrINITO, o INDEFINITO

Tempo Presente.

Avere Essere

Tempo Passato.

Aver avuto  Essere stato

Dei Futuri dell’ Indefinito si parlerà altrove.

Mono InDIcATIVO.

Tempo Presente.

 

Avere

 

Numero Singolare

Io ho Io Sono

Tu hai Tu sei

Quegli ha Quegli è

Plurale.

Noi abbiamo Noi siamo

Voi avete Voi siete

 

 

Pagina 54

 

Quegli hanno (*) Quelli sono,

Passato Imperfetto,

Singolare

Aveva Era

Avevi Eri

Aveva Era

Plurale

Avevamo Eravamo

Avevate Eravate

Avevano Erano

 

Passato Rimoto

Singolare,

Ebbi Fui

Avesti Fosti

Ebbe Fu,

Plurale.

Avemmo Fummo

Aveste Foste

Ebbero Furono.

 

Passato Prossimo,

Singolare.

Ho avuto Sono stato

Hai avuto  Sei stato

Ha avuto È stato,

Plurale.

Abbiamo avuto Siamo stati.

Avete avuto Siete stati

Hanno avuto  Sono stati

 

Trapassato Rimoto.

Singolare.

Ebbi avuto Fui stato

 

 

(*) Questi Nomi personali, e Pronomi si ripe-

tano innanzi ai Verbi anche negli altri Tempi.

 

Pagina 55

 

VERRI AUSILIARI,

 

Avesti avuto Fosti stato

Ebbe avuto  Fu stato

Plurale.

Avemmo avuto Fummo stati

Aveste avuto   Foste stati

Ebbero avuto Furono stati.

 

Trapassato Prossimo.

Singolare,

Aveva avuto  Era etato

Avevi avuto Eri stato

Aveva avuto Era stato.

 

Plurale.

Eravamo stati

Eravate stati

Erano stati.

 

Avevamo avuto

Avevate avuto

Avevano avuto

 

Futuro.

Singolare.

Avrò Sarò

Avrai Sarai

Avrà Sarà

 

Plurale.

Avremo  Saremo

Avrete Sarete

Avranno  Saranno

 

Passato Futuro.

Avrò avuto Sarò stato

Avrai avuto Sarai stato

Avrà avuto  Sarà stato

 

Pagina 56

 

Plurale.

Avremo avuto  Saremo stati

Avrete avuto Sarete stati

 

Avranno avuto Saranno stati,

Modo SoggIUNTIVO.

 

Tempo presente.

 

Sìngolare.

Abbia Sia

Abbi Sii

Abbia Sia.

Plurale.

Abbiamo Siamo

Abbiate Siate

Abbiano Sieno,

 

Passato Imperfetto.

 

Singolare.

Avessi Fossi

Avessi Fossi

Avesse Fosse

Plurale.

Avessimo Fossimo

Aveste Foste

Avessero  Fossero.

 

Condizionale Presente»

 

Singolare.

Avrei Sarei

Avresti Saresti

Avrebbe Sarebbe.

 

Pagina 57

 

VERBI AUSILIARI

Plurale.

Avremmo  Saremmo

Avreste Sareste

Avrebbero Sarebbero.

 

Passato Perfetto,

Singolare.

Abbia avuto Sia stato.

Abbi avuto Sii stato

Abbia avuto Sia stato»

Plurale.

Abbiamo avuto Siamo stati

Abbiate avuto Siate stati

Abbiano avuto Sieno stati

Trapassato

Singolare.

Avessi avuto  Fossi steto

Avessi avuto Fossi stato

Avesse avuto Fosse stato.

Plurale.

Avessimo avuto

Aveste avuto.

Avessero avuto

Fossimo stati

Foste stati

Fossero stati

 

Condizionale Passato

 

Avrei avuto

Avresti avuto

Avrebbe avuto

Avremmo avuto

Avreste avuto

Avrebbero avuto|

 

Singolare.

Sarei stato

Saresti stato

Sarebbe stato

Plurale.

Saremmo stati

Sareste stati

Sarebbero stati

 

Pagina 58

 

Dei Futuri del Soggiuntivo si parlerà altrove.

 

Modo IMPERATIVO.

 

Singolare.

Abbi tu Sii tu

Abbia quegli ia quegli.

Plurale.

Abbiamo noi Siamo noi

Abbiate voi Siate voi

Abbiano quelli  Sieno quelli.

 

L’ imperativo manca della prima Persona del

Singolare perchè chi parla dirige sempre il coman-

do non a sè stesso; ma ad altri; e quando pure

il dirige a sè, parla a sè medesimo, cone se par-

lasse a tutt'altra persona: così presso Virgilio Me-

libeo dice a sè stesso in persona seconda: Innesta

ora, o Melibeo, i peri, poni in ordine le viti.

 

 

CAPO VII

 

OSSRRVAZIONI INTORNO ALLE CONIUGAZIONI

DE' VeERBI AUSILIARI , ED AL LORO USO

coi VERBI ATTIVI, E NEUTRI.

 

Nel Verbo AVERE può dirsi avea, e aveano in

luogo di aveva, e avevano, può dirsi pure ebbono

invece di ebbero, e avrebbono invece di avrebbero,

Ma io avevo invece di aveva, voi avevi in-

vece di avevate; noi ebbimo, o avessimo invece

di avemmo; averò, averai, averà ec. invece di

avrò, avrai; avrà; avressimo, o avrebbamo invece

di avremmo ; abbino invece di abbiano; son tutte

voci da doversi fuggire.

Avemo per abbiamo non si usa che nello stil

famigliare.

 

Pagina 59

 

Aggio per ho; ave per ha; aggia, aggiate,

aggiano , per abbia, abbiate, abbiano; avei per ave-

vi, avia per aveva; avria, e avriano per avreb-

be, e avrebbero son voci riserbate alla poesia.

Arò , e arei in luogo di avrò, e avrei sono

ora affettazioni.

Nel Verbo Essere si può dir siano invece di

sieno, che però è di miglior uso, e sarebbono in-

vece di sarebbero.

Ma io ero invece di era; noi eremo invece di

eravamo ; voi eri invece di eravate; siino invece

di sieno; fossimo, invece di fummo, non son da

usare.

Furo per furono; fia, e fieno per sarà, e sa-

ranno; fora o saria, e forano o sariano per sa-

rebbe, e sarebbero son da lasciarsi alla Poesia.

Semo, e sete per siamo e siete non si adope-

rano che assai di rado, e nello stil famigliare.

Quanto all'uso di questi ausiliari per la for-

mazione de’tempi passati de’ Verbi Attivi, e Neu-

tri è da notarsi.

1.° Che i Verbi Attivi tutti si costruiscono

coll' avere, come Io ho amato, ho temuto, ho

letto, ho sentito,

2° Che i Verbi Neutri per la più parte si

costruiscono coll’essere come Io sono andato, sono

venuto ec. e principalmente quelli, ehe si accom-

pagnuano coi Nomi Personali mi, ti, si, ci, vi,

come Io mi sono rallegrato, mi sono attristato.

3.° Che alcuni Neutri però vogliono il Verbo

avere ; tali sono dormire, parlare, tacere, desina-

re, cenare, ridere, scherzare, tardare, indugiare,

passeggiare, navigare, cavalcare  e pochi altri;

dicendosi Io ho dormito, ho parlato, ho taciuto ec,

4° Che fra i medesimi Verbi Neutri alcuni

sì costruiscono or coll' essere, or coll’ avere. Vo

gliono l'essere quando si pongon soli, o con un

 

Pagina 60

 

Nome accompagnato da una preposizione, come

Egli è fuggito , è corso, è vivuto, oppure è fug-

gito dai ladri, è corso per lungo tratto, è vivuto

 

per lungo tempo; e voglion l'avere quando sono

seguiti da un Nome senza preposizione alla ma-

niera de’ Verbi Attivi, come Ho fuggito i ladri,

ho corso molte miglia, ha vivuto molti anni.

5.° Che i Verbi potere, dovere, e volere

quando reggono un Verbo preceduto dai Nomi

personali mi, ti, si, ci, vi, richieggono l'essere,

come Non mi son potuto frenare, ti sei voluta

perdere, si è dovuto arrendere, negli altri casi gi

possono sempre costruir coll’ avere,

 

CAPO VIII

 

Conjugazione DE VERBI ATTIVI,

E NEUTRI.

 

Perchè meglio si vegga in che si assomiglino

queste Conjugazioni, e in che differiscano l'una

dall altra, le porrem qui tutte e quattro unita-

mente.

Rispetto ai tempi composti useremo sempre

l'Ausiliare avere , che è quel che serve per tutti

gli Attivi, e per molti de’ Neutri. Dove abbiasi

pet gli altri Neutri a sostituire l'essere si è veduto

nel Capo precedente.

 

Modo INFINITO, O INDEFINITO, —

Tempo Presente.

Amare, Temere, Credere, Sentire

 

Pagina 61

 

Tempo Passato.

 

Aver Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

 

Dei Futuri dell’ Indefinito si parlerà altrove.

 

Modo INDICATIVO, O DIMOSTRATIVO»

 

Tempo Presente.

 

Numero Singolare,

 

Io Amo, Temo, Credo, Sento,

Tu Ami, Temi, Credi, Senti,

Quegli Ama, Teme, Crede, Sente,

 

 

Numero Plurale.

 

Noi Amiamo, Temiamo, Crediamo , Sentiamo,

Voi Amate, Temete, Credete, Sentite,

Quegli Amano, Temono, Credono, Sentono,

 

Passato Imperfetto,

Singolare.

Amava,

Amavi,

Amava,

 

Amavamo,

Amavate ,

Amavano ’

 

Temeva, Credeva, Sentiva,

Temevi, Credevi, Sentivi,

Temeva, Credeva,  Sentiva,

 

Plurale.

Temevamo, Credevamo, Sentivamo,

Temevate, Credevate, Sentivate,

Temevano, Credevano, Sentivano.

 

Passato Rimoto.

 

Singolare.

Temei, Credei, Sentii,

Temesti, Credesti, Sentisti,

Temè, Credè, Sentì

 

Pagina 62

 

Plurale.

Amammo,  Termemmo, Credemmo, Sentimmo ,

Amaste, Teneste, Credeste, Sentiste ,

Amarono, Temerono, Crederono, Sentirono,

 

Passato Prossimo.

 

Singolare,

 

Ho

 

Hai Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

 

Ha

 

Plurale.

Abbiamo

Avete Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

 

Trapassato Rimoto.

Singolare.

Ebbi

 

Avesti Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

Ebbe

 

Plurale,

Avemmo

Aveste Amato, Temuto, Creduto , Sentito

Ebbero

 

Trapassato Prossimo.

 

Singolare.

 

Aveva

Avevi Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

Aveva

 

Plurale.

Avevamo

Avevate | Amato, Temuto, Creduto, Sentito

Avevano.

 

Pagina 64

 

Futuro.

 

Singolare.

Amerò, Temerò, Crederò;  Sentirò,

Amerai,  Temerai,  Crederai, Sentirai ,

Amerà, Temerà, Crederà Sentirà

 

Plurale.

Ameremo , Temeremo, Crederemo, Sentiremo;

Amerete, Temerete, Crederete, Sentirete,

Aimeranno, Temeranno, Crederanno, Sentirenne»

 

Passato Futuro.

 

Singolare.

Avrò

Avrai Amato, Temuto, Creduto, Sentito,

Avrà

Plurale.

Avremo

Avrete Amato, Temuto, Creduto, Sentito

Avranno

 

Modo SOGGIUNTIVO

Tempo Presente.

Singolare.

Ami, Tema, Creda, Senta

Ami, Tema, Creda, Senta

Ami, Tema, Creda, Senta.

Plurale.

Amiamo, Temiamo, Crediamo, Sentiamo,

Amiate, Temiate, Crediate,  Sentiate,

Amino, Temano, Credano, Sentano

 

Pagina 64

 

 

 

Passato Imperfetto.

Singolare,

Amasssi Temessi, Credessi, Sentissi ,

Amassi; Temessi, Credessi, Sentissi

Amasse, Temesse, Credesse , Sentisse,

 

Plurale,

Amassimo, Temessimo, Credessimo, Sentissimo .

Amaste, Temeste, Credeste, Sentiste,

Amassero, Temessero; Credessero, Sentissero.

 

Condizionale Presente.

 

Singolare,

 

Amerei, Temerei, Crederei, Sentirei,

 

Amneresti, Temeresti, Crederesti, Sentiresti ,

 

Amerebbe, Temerebbe, Crederebbe, Sentirebbe.

 

Plurale.

Ameremmo, Temeremmo, Crederemmo,Sentiremmo,

Amereste, Temereste, Credereste, Sentireste .

 

Passato Perfetto.

 

Singolare.

Abbia

Abbi Amato, Temuto , Creduto, Sentito.

Abbia

Plurale.

Abbiamo

Abbiate Amato, Temuto , Creduto, Sentito

Abbiano

 

Pagina 65

 

Trapassato.

 

Singolare.

Avessi

Avessi  Amato, Temuto, Creduto , Sentito,

Avesse

Plurale.

Avessimo

Aveste Amato, Temuto, Creduto, Sentito.

Avessero

 

Condizionale Passato,

Singolare,

 

Avrei

Avresti Amato , Temuto, Creduto, Sentito,

Avrebbe

Plurale,

Avremmo

Avreste Amato, Temuto, , Creduto, Sentito,

Avrebbero

 

Dei Futuri del Soggiuntivo si parlerà altrove,

 

Modo Imperativo.

 

Singolare

Ama, Temi, Credi, Senti,

Ami, Tema, Creda, Senta. i

Plurale.

Amiamo, Temiamo, Crediamo, Sentiamo ,

Amate, Temete, Credete, Sentite,

Amino, Temano, Credano, Sentano

 

Pagina 66

 

CAPO IX.

OssERVAZIONI INTORNO ALLE CONJUGAZIONI

PRECEDENTI.

 

1.° Nel Presente dell Indicativo, e del Soggiun-

tivo molti Verbi della quarta Conjugazione in tutto

il Singolare, e nella terza del Plurale aggiungono

un isc, come da Impedire nell’ Indicativo io Im-

pedisco, tu Impedisci , uno Impedisce , molti Im-

pediscono; e nel Soggiuntivo che io, tu, uno Im-

pedisca, molti Impediscano.

 

2.° Nell Imperfetto dell’ Indicativo invece di

temeva, credeva, sentiva, può anche dirsi Te-

mea, Credea, Sentia, e invece dic temevano,

credevano , sentivano si può dire Temeano, Cre-

deano , Sentiano. Alcuni pure usano Io Amavo,

Temevo, Credevo, Sentivo; ma è meglio usato

Io amava, temeva ec.

 

3° Nel Futuro Indicativo, e nel Condizionale

Presente i Verbi della prima Conjugazione can-

giano la Caratteristica a in e, dicendosi Amerò,

amerei invece di amarò amarei.

 

4.° Nel Condizionale Presente può dirsi Ame-

rebbono, Temerebbono ec. invece di amerebbero,

temerebbero ; ma non già Noi ameressimo , teme-

ressimo  o amerebbamo , temerebbamo ec. come

usano alcuni, invece di Ameremmo, Temeremmo.

Anche ameria, o ameriano ec. invece di

amerebbe, e Amerebbero son da usarsi più nel

Verso, che nella Prosa.

5.° Nel Passato Rimoto invece di temei, te-

mè, e temerono, credei, credè, e crederono, può

anche dirsi Temetti, Temette, o Temettero, Cre-

detti, Credette, e Credettero ; ma non già Noi

amassimo, temessimno , credessimo , è sentissimo,.

 

Pagina 67

 

come alcuni usano, invece di Amammo, Temem-

mo, Credemmo , Sentimmo.

 

6.° Nel Soggiuntivo presente da alcuni la se-

conda Persona del Singolare si termina in i anche

nella seconda, terza, e quarta Conjugazione , di-

cendo Che tu temi, tu credi, tu senti, e la terza

del Plurale in ino, dicendo Che quellî temino, cre-

dino, sentino. Il miglior uso però e di finire la

seconda del Singolare in a , Che tu tema, e la

terza del Plurale in ano, Che quelli temano; ec-

cetto quei Verbi, in cui la seconda persona singo-

lare del Soggiuntivo possa distinguersi da quella del-

l’ Indicativo, come nei Verbi, Vedere e Conoscere

ove nell’ Indicativo si dice Tu vedi, tu conosci, e

nel Soggiuntivo potrà dirsi egualmente Che tu veg-

ghi, o vegga, e Che tu conoschi, o conosca.

 

CAPO X

 

Del Passaro Rimoto DELL' Indicativo.

 

Nel Passato Rimoto i Verbi della prima e della

quarta Conjugazione comunemente son regolari, ma

quelli della seconda, e della terza sone irregolari

per la più parte.

L' irregolarità però consiste solamente nella

prima, e terza Persona del Singolare, e nella ter-

za del Plurale, poichè nelle altre Persone anche

questi Verbi sono regolarissimi. Così Leggere nel-

le succenate persone fa ben Lessi, Lesse , Lesse-

ro , dove è irregolare; ma nelle altre fa Leggesti,

Leggemmo, Leggeste, dove è regolare interamente.

Per ridutre anche questa irregolarità a qualche ,

legge si osservi, che la maggior parto di siffatti

Verbi nelle suddette Persone finiscono in si, se,

sero.

 

In 1° luogo se innanzi all'O del Presente

 

Pagina 68

 

Indicativo hanno le consonanti D, ND, o G sem-

plice , queste si cambiano nella medesima S, co-

me da Rido , Risi; da Risponda, Risposi; da

Pungo , Punsi.

Si eccettuin Credere, Cedere, Perdere, Ven-

dere, Rendere, Splendere, Fendere, e Pendere,

che fanno Credei o Credetti, Cedei o Cedetti,

Rendei o Rendetti ee. benchè molti dicano anche

Cessi, e Resi.

2.° Se innanzi all’O dell’Indicativo hanno C,

GG, V, o T queste consonanti si cambiane in SS,

come da Conduco , Condussi ; da Leggo, Lessi;

da Scrivo, Scrissi; da Scuoto, Scossi.

Si eccettui Ricevere, che ha Ricevei; Piovere,

che ha Piovvi ; Bevere, che ha Bevetti, e Bevvi.

3.° Vi sono però de’ Verbi, ch’ escono d' ogni

regola : così Vedere fa Vidi; Mettere, Misi, Te-

nere, Tenni; Conoscere, Conobbi; Rompere, Rup-

pi, Nascere, Nuocere , Tacere, Giacere, Piacere

fan Nacqui, Nocqui, Tacqui, Giacqui, Piacqui.

 

Dei FUTURI DELL’INDEFINITO,

E DEL SoggIUNTIvO,

 

I Futuri dell’ Indefinito, e del Soggiuntivo sono

tutti composti, e si formano coi Verbi Essere,

Avere, o Dovere premessi all’ Indefinito del Verbo

proprio ; come Essere per Amare, o Aver ad ama-

re, o Dover amare; Essere stato per amare, o

afver avuto ad amare, o Aver dovuto amare: e

così rispetto al Soggiuntivo: che Io sia per amare,

e Abbia ad amare, o Debba amare; che Tu fossi

per amare, o Avessi ad amare, o Dovessi ama-

re ec.

Anzi in questa guisa si forman pure altrettanti

 

Pagina 69

 

Futurì dell’ Indicativo, come Io son per amare, o

Io ho ad amare, o Io debbo amare; Tu eri per

amare, o Avevi ad amare, o Dovevi amare ec.

I Verbi Avere e Dovere però molte volte

esprimon piuttosto l'obbligo, o la necessità di far

qualche cosa, che un tempo futuro, come: Tu hai

a star qui; Tu non devi partire fin ch'io non

tel consenta.

 

CAPO XII

DEI PARTICIPJ.

 

NEi Verbi Transitivi i Participj son due, l' uno

attivo, come Amante , Temente, Credente, Sen-

ziente , e l’altro passivo, come Amato, Temuto,

Creduto, Sentito.

Nei Verbi Intransitivi o Neutri son due pari-

mente , l'uno presente , come Volante, Cadente,

e l’ altro passato , come Volato, Caduto.

Il Participio attivo, o presente nella prima

Conjugazione finisce in ante , come Amante, Vo-

lante, e nelle altre in ente, come Temente, Cadente,

Il Participio passivo o passato si suol cavare

dalla prima persona del Passato Rimoto: e sicco-

me questa nella prima, e nella quarta Conjugazione

suol terminare regolarmente in ai, e in i; come

Amai, e Sentii; così il Participio termina regolar-

mente in ato, e in ito, come Amato, e Sentito.

Si eccettui soltanto Concepii, che ha Concepito ,

Conceputo , e Concetto; Morii, che ha Morto;

Seppellii che ha Seppellito, e Sepolto; Aprii, Co-

prii, Offrii che hanno Aperto, Coperto, Offerto.

Nella seconda, e nella terza Conjugazione es-

sendo la più parte de’ Verbi irregolari nel suddetto

tempo, lo sono anche nel Participio. Qualche re-

gola nondimeno si può fissare per essi ancora.

 

Pagina 70

 

I. Quelli che neila prima persona del Passato

Rimoto dell' Indicativo cadono in Ei, o in Etti,

hanno il Participio in Uto: così Teme ha Temu-

to; Ricever , Ricevuto ; Perder, Perduto,

II. Quelli che nella detta persona cadono in

SSI, hanno il Participio in TTO, come Trassi ,

Tratto; Lessi, Letto; Afflissi, Afflitto; Distrus-

si, Distrutto. Conviene eccettuare Percossi, che

ha Percosso; Discussi, che ha Discusso; Mossi,

che ha Mosso; Affissi che ha Affisso, e alcuni

altri.

III. Quelli che cadono in SI preceduta da

Vocale, hanno il Participio in SO, come Rasi,

Raso ; Presi, Preso ; Risi, Riso; Rosi, Roso;

Chiusi, Chiuso. Si eccettui Chiesi, che ha Chie-

sto; Posi, che ha Posto; Misi, che ha Messo;

Rimasi, che ha Rimaso, e Rimasto.

IV. Quelli che cadono in SI preceduta da

Consonante, cambiano questa Sillaba in TO, rite-

nendo il resto della parola , come Scelsi, Scelto;

Colsi, Colto; Torsi, Torto; Spensi, Spento:

Finsi, Finto. Si eccettuin Volsi, e Calsi, che

hanno Voluto, e Caluto; Strinsi, che ha Stretto;

e Sparsi, Corsi, Morsi, che hanno Sparso, Cor-

so, Morso.

V. Finalmente Piacqui, Tacqui, Giacqui,

Nocqui hanno Piaciuto , Taciuto, Giaciuto , No-

Ciuto; e Nocqui ha Noto.

Perchè meglio sì possano ritenere, e riscon-

trare al bisogno Que’ Verbi, che rel Passato Ri-

moto, e nel Participio variano maggiormente, ne

aggiungeremo qui la seguente serie.

 

Pagina 71

Verbi che variano maggiormente nel Passato

rimoto, e nel Participio passato

 

 

Indef.

Accendere

Affiggere

Aprire

Apparire

Ardere

Aspergere

Bevere

Cadere

Cedere

Chiedere

Chiudere

Cingere

Cogliere

Concedere

Condurre

Contundere

Conoscere

Coprire

Correre

Crescere

Cuocere

Dare

Decidere

Dire

Distinguere

Dividere

Dolere

Ergere

Esprimere

Fare

Fendere

Fingere

Frangere

 

Concedei, o Concessi

Condussi

Confusi

Conobbi

Copersi, o Coprii

Corsi

Crebbi

Cossi

Dissi

Decisi

Dissi

Distinsi

Divisi

Dolsi

Ersi

Espressi

Feci

Fendei

Finsi

Fransi

 

Accesi Acceso

Affissi Affisso

Apersi, Aprii Aperto

Apparsi, o Apparvi Apparso, o Apparito

Arsi, Arso

Aspersì Asperso

Bevvi, o Bevetti Bevuto

Caddi Caduto

Cedei, o Cessi Ceduto

Chiesi, o Chiedei Chiesto

Chiusi Chiuso

Cinsi Cinto

Colsi Colto

 

Conceduto, o Concesso

Condotto

Confuso

Conosciuto

Coperto

Corso

Cresciuto

Cotto

Dato

Deciso

Detto

Distinto

Diviso

Doluto

Eretto

Espresso

Fatto

 

Fenduto, o Fesso

Finto

Franto

 

Pagina 72

 

Giacere Giacqui Giaciuto

 

Giungere Giunsi Giunto

Immergere Immersi Inimerso

Istruire Istrussi Istrutto

Leggere Lessì Letto

Mettere Misi Messo

Mordere Morsi Morso

Morire Morii Morto

Movere Mossi Mosso

Nascere Nacqui Nato

Nascondere Nascosi Nascoso, o Nascosto

Nuocere Nocqui Nociuto

Offendere  Offesi Offeso

Offerire Offersi, o Offrii Offerto

Parere Parvi Paruto

Piacere Piacqui Piaciuto

Piangere — Piansi Pianto

Pingere Pingi Pinto

Porgere Porsi Porto

Porre Posi Posto

Prendere Presi Preso

Presumere Presunsi Presunto

Proteggere Protessi Protetto

Pungere Punsi Punto

Radere  Rasi Raso

Reggere Ressi Retto

Rendere Rendei, o Resi Renduto, o Reso

 

Ridere Risi ‘—Riso

 

Rimanere Rimasi Rimaso, o Rimasto

Rispondere Risposi Risposto

Rodere Rosi Roso

Rompere Ruppi Rotto

Salire Salsi, o Salii Salito

Sapere Seppi Saputo

Scegliere Scelsi Scelto

Scendere Scesi Sceso

Sciogliere Sciolsi Sciolto

 

Pagina 73

 

Scrivere Scrìssi  Scritto

Scuotere Scossi Scosso

Seppellire Seppelliì Sepolto,o Seppellito

Sorgere Sorsi Sorto

Stare  Stetti Stato

Stringerè Strinsi Stretto

Struggere , Strussi Strutto

Svellere Svelsi o Svelto

Tacere Tacqui Taciuto

Tenere Tenni Tenuto .

Tergere Tersi Terso

Togliere Tolsi Tolto

Torcere Torsi Torto

Trarre Tassi Tratto

Valere Valsi Valuto

Uccidere Uccisi Ucciso

Vedere Vidi Veduto

Venire Venni Venuto

Vincere  Vinsi Vinto

Vivere Vissi Vivuto

Ungere Unsi Unto

Volere Volli Voluto

Volgere Volsi Volto.

 

CAPO XIII

DEI GERUNDI.

I Gerundj son due nella nostra lingua, uno

semplice, e l’altro composto. II Gerundio sempli-

ce nella prima  Conjugazione finisce in ando , co- .

me Amando, e nelle altre in endo, come Te-

mendo , Credendo, Sentendo.

It Gerundio composto si forma coi Gerundj

avendo, o essendo, e il Participio passato del Ver-

bo proprio, come Avendo amato, avendo temu-

to ec. Essendo andato, essendo venuto ec.

 

Pagina 74

 

Il significato de’ Gerundj presso noi è lo stes-

so che quello de’Participj: anzi al Participio attivo

o presente si sostituisce da noi per lo più il Ge-

rundio semplice; così invece di dire; Antonio ve-

dente il pericolo se ne fuggì, si dirà piuttosto:

Antonio vedendo il pericolo se ne fuggì.

Non si può usare però il Gerundîo che in due

casi: 1.° quando il Nome, a' cui si riferisce è

Soggetto della Proposizione e Nominativo, come

nell’ esempio precedente; 2.° quando è posto asso-

lutamente, che dai Latini chiamavasi Ablativo as-

soluto , come: Venendo Tito io partirò; nel qual

easo il Nome dee sempre mettersi dopo il Gerun-

dio, onde sarebbe mal detto: Tito venendo io par-

tirò. Lo stesso è pure de' Participj; onde si dirà :

Vivente Cesare e morto Cesare Roma ebbe atroci

guerre civili, non Cesare vivente, e Cesare morto.

Negli altri casi il Gerundio non’ può usarsi,

ma convien adoperare il Participio , o risolverlo

col che ; laonde non si dirà: Odo un bambino

piangendo, ma Odo un bambino piangente, d'un

bambino che piange.

 

CAPO XIV

DEGLI AGGETTIVI VERBALI.

Dai Verbi oltre ai Participj e ai Gerundj deri-

vano alcuni altri Aggettivi, che si chiaman verbali,

come Venerabile o Venerando, Commendabile e

Commendevole, che significano un che merita d’es-

sere venerato, o commendato ; e Amatore o Co-

noscitore che significan un che ama, o che co-

nosce. Questi nel femminile cadono in trice, come

sì è avvertito nel’ Capo de’Generi, dicendosi Ama-

trice, Conostitrice.

 

Pagina 75

 

CAPO XV.

Dei VERBI Passivi.

I Verbi Passivi si formano generalmente col Ver-

bo Essere, e col Participio passivo del Verbo pro-

prio, come Io sono amato, Io era amato, Io fui

amato Io sono stato amato ec.

Nei Tempi Presente , Imperfetto, Passato Ri-

moto, e Futuro al Verbo Essere, si sostituisce

anche il Verbo Venire, come Io vengo amato, Io

veniva amato, Io venni amato, Io verrò amato.

Non può però farsi questa sostituzione nei Tempi

composti, onde non si dirà Io son venuto amato,

Io era venuto amato ec. ma Io sono stato amato,

Io era stato amato.

Nelle terze Persone così singolari, come plu-

rali i Verbi Attivi diventan Passivi - anche col sol

premettervi un si, o affiggerlo ad essi in fine, co-

me Si ama, amasi l'ozio; Si amano, o aman-

si i piaceri, che è quanto dire è amato l’ozio,

sono amati i piaceri.

Anche i Verbi Intransitivi, o Neutri nella terza

persona singolare si usano a questo modo passiva-

mente, come Si va, Si viene, o Vassi, e Viensi.

In questi casi però tanto coi Verbi Attivi, come

coi Neutri ne' Tempi composti all’ ausiliare Avere si

sostituisce l’Essere, come Si è emato, Si è temuto,

Si è parlato, Si è taciuto, non si ha amato, si

ha temuto ec. come alcuni usano per érrore.

 

CAPO XVI

Dei VERBI ANOMALI, e IRREGOLARI.

 

Anomali, o Irregolari si chiaman que' Verbi

 

Pagina 76

 

che più o meno si allontanano dalle Conjugazioni

regolari esposte precedentemente.

Di tal natura sono in primo luogo i due Ver-

bi Ausiliari avere ed Essere, come può vedersi

dalla loro Conjugazione.

Tali son pure molti altri, che qui. verremo

esponendo distribuiti secondo la Conjugazione, a cui

appartengono , indicando però soltanto que’ tempi

in cui si scostano dalla lor Gonjugazione regolare.

 

ANOMALI DELLA PRIMA CONJUGAZIONE:

 

ANDARE Indic. Pres. o Vo o Vado, tu Vai,

egli Va; noi Andiamo, voi Andate, quelli Vanno,

Imperf. Io Andava, tu Andavi ec.

Pass. Rim. Io Andài, tu Andasti, quegli Andò

ec. non Andièdi, Andiede; Andiedero.

Futuro. Io Andrò, o Anderò, tu andrai, o

Anderai ec.

Soggiunt. Pres. Io Vada, tu Vadi, o Vada,

quegli Vada; noi Andiamo voi Andiate ; quelli

Vadano.

Condiz. Pres. Io Andrei, o Andereì, tu an-

dresti, o Anderesti ec.

Imperat. Va tu, Vada quegli; Andiamo noi,

andate voi, Vadano quelli.

DARE Indicat. Pres. Io Do ; tu Dai, quegli

Dà; noi Diamo , voi Date, quelli Danno.

Pass. Rim. Io Diedi, o Detti, o Die', tu De-

sti, quegli Diede, o Dette, o Diè ; noi Demmo;

voi Deste, quelli Diedero, o Dierono, o Dettero:

Pass. Pross. Io ho Dato ec.

Sogg. Pres. Io Dia , tu Dii, o Dia, quegli

dia , noi diamo , voi diate , quelli dieno , piut-

tosto che, Diano.

Imperf. Io Dessi, tu Dessi, quegli Desse; noi

Dessimo, voi Deste ; quelli Dessero ; i non Dassi,

Dasse ec.

Condiz. Pres. Io Darei.; tu Daresti ec

Imperat. Dà tu.

 

Pagina 77

 

STARE, Indicat, Pres. Io Sto; tu Stai, quegli

Sta ; noi Stiamo  voi State quegli Stanno,

Pass Rim. Io Stetti, tu Stesti; quegli Stette ;

noi Stemmo voi Steste, quegli Stettero.

Pass. Pross. Iò sono Stato ec.

Soggiunt. Pres. Io Stia, tu Stii, o Stia, que-

gli Stia noi Stiamo , voi Stiate quegli Stieno,

piuttosto che Stiano.

Imperf. Io Stessi, tu Stessi, quegli Stesse ;

o voi Steste, quegli Stessero; non già

Stassi, Stasse ec.

Condiz. Pres, Io Starei, tu Staresti ec.

Imperàt. Sta tu

FARE. Egli è Composto in parte di voci

tratte dal. Latino Facere

Indicat. Pres, Io Faccio, o Fo, tu Fai, que-

gli Fa; noi Facciamo , voi Fate, quelli Fanno.

Imperf. Io Facea o poeticamente Fea tu

Facevi , quegli faceva o Fea; noi Facemmo

voi Faceste, quelli Fecero e

e all’antica Ferono , Feciono , Fenno;

Pass. Pross. Iò ho Fatto ec.

Fut. Io Farò; tà Farai quegli Farà ec.

Soggiunt. Pres, Io, tu, quegli Faccia ; noi

Facciamo, voi Facciate, quelli Facciano,

Imperf. Io Facessi, tu Facessi, quegli Fa-

cesse e in verso Fesse; noi Facessimo voi Fa-

ceste, quelli Facessero , o poeticamente Fessero,

Condiz. Pres. Io Farei; tu Faresti.

Imperat. Fa tu

Lo' stesso è de suoi composti Disfare, Rifa-

re, Soddisfare ec.

ANOMALI DELLA SECONDA CONIUGAZIONE.

POTERE. Indicat. Pres. Io Posso, tu Puoi,

quegli Può; noi Possiamo; voi Potete, quelli Pos-

sono o ponno

 

Pagina 79

 

Imperf. Io Poteva; tu Potevi ec.

Pass. Rim. Io Potei, tu Potesti ec.

Pass. Pross. Io ho Potuto ec.

Fut. Io Potrò, tu Potrai ec.

Sogg. Pres. Io Possa; tu Possi , o Possa;

quegli Posse; noi Possiamo ; voi Possiate, quelli

Possano, non Potiamo , Potiate.

Imperf. Io Potessi, tu Potessi ec.

Condiz. Pres. Io Potrei, tu Potresti ec.

VOLERE. Indicat. Pres. Io Voglio o Vo' tu

Vuoi, quegli Vuole ; ; noi Vogliamo, voi Volete:

quelli Vogliono.

Imperf. Io Voleva, tu Volevi ec.

Pass. Rim. Io Volli, tu Volesti, quegli Volle;

noi Volemmo, voi Voleste, quelli Vollero.

Pass. Pross. Io ho voluto ec.

Fut. Io Vorrò, tu Vorrai ec.

Soggiunt. Pres. lo Voglia, ta Vogli, o Voglia,

quegli Voglia ec.

Condiz. Pres. Io Vorrei, tu Vorresti ec.

CADERE. Indicat. Pres: Io Cado, e poetica-

mente Caggio, tu Cadi, quegli Cade; noi Cadia-

mo, o Caggiamo , voi Cadete quelli Cadono

o Caggiono.

Pass. Rim, Io Caddi, tu Cadesti, egli Cad-

de; noi Cademmo, voi Cadeste, quelli Caddero.

Pass. Pross. Io son Caduto ec.

Futuro. Io Cadrò, o Caderò , tu Cadrai e

Caderai ec. Similmente nel Condizionale presente.

io Cadrei, o Caderei ec. ma Cadrò, Cadrei è

meglio detto che Caderò , Caderei,

DOVERE. Indicat. Pres. Io Devo, Debbo; o

o Deggio, tu Devi, Debbi, o Dei, quegli Devo-

no Debbe, o Dee; noi Dobbiamo, voi Dovete quelli

Devono, Debbono,; Deggiono , Deono, o Denno.

Pass. Rim. lo Dovetti, tu. Dovesti ec.

Pass. Pross. Io ho Dovuto ec.

 

Pagina 79

 

Futuro. Io Dovrò , tu Dovrai ec.

Sogg Pres. Io, tu, quegli Debba, o Deggia;

noi Dobbiamo, voi Dobbiate , quelli Debbano o

Deggiano

Condiz. Prés, Io Dovrei, tu Dovresti ec.

PARERE. Indicat. Pres. Io Pajo, tu Pari,

quegli Pare; noi Pariamo o Pajamo, voi Pare-

te, quelli Pajono.

Pass. Rim. Io Parvi, tu Paresti, quegli Par-

ve; noi Paremmo , voi Pareste, quelli Parvero.

Pass. Pross. Ioson paruto, e in poesia an-

che Parso.

Fut Io Parrò; tu Parrai, quegli Parrà; noi

Psrremo voi Parrete , quelli Parranno.

Soggiunt. Pres, Io, tu, quegli Paia, noi Pa-

iamo, voi Pajate, quelli Pajano.

Condizion. Pres. Io Parrei, ta Parresti ec.

SAPERE, Indicat. Pres. Io So, tu Sai, quegli

Sa; noi Sappiamo, voi Sapete, quelli Sanno.

Pass. Rim. Io Seppi, tu Sapesti, quegli Sep-

pe noi Sapemmo , voi Sapeste, quelli Seppero.

Pass. Pross. Io ho Saputo ec.

Fut. Io Saprò , tu Saprai ec.

Sogg.: Pres. Tu Sappia, tu Sappi , o  Sappia,

quegli Sappi; noi Sappiamo, voi Sappiate, quelli

Sappiano.

Condiz. Pres. Io Saprei, tu Sapresti ec.

Imperat. Sappi tu.

SEDERE. Indicat. Pres. Io. seggo tu siedi,

quegli siede; noi sediamo o seggiamo, voi sede-

te quelli seggono, o seggiono.

Pass. Rim. Io sedei, tu sedesti ec.

Pass. Pross. Io ho seduto ec.

Soggiunt. Pres. Io, tu, quegli segga; noi se-

diamo , o  Seggiamo voi sedete o seggiate

quelli seggano.

Imper. siedi tu.

 

Pagina 80

 

TENERE. Indicat. Pres. Io tengo, tu tieni;

quegli tiene ; noi teniamo, o tenghiamo ; voi te-

nete , quelli tengono.

Pass, Rim. Io tenni, tu tenesti; quegli ten-

ne, noi tenemmo, voi teneste, quelli tennero.

Pass. Pross. Io ho tenuto ec.

Fut. Io terrò, tu terrai ec.

Soggiunt. Pres. Io tenga, tu tenghi, o tenga,

quegli tenga; noi tenghiamo, voi teniate, quelli.

tengano.

Condiz. Pres. Io terrei, tu terresti ec.

Imperat. tieni tu.

VEDERE. Indicat. Pres. Io vedo, veggo o

veggio, tu vedi, quegli vede; noi veggiamo, voi

vedete, quelli veggono ; o veggiono.

Pass. Rim. Io vidi, o veddi, tu vedesti, que-.

gli vide, o vedde; noi vedemmo, voi vedeste,

quelli videro , o veddero.

Pass. Pross. Io ho veduto ec.

Fut. Io vedrò, tu vedrai ec.

Soggiunt. Pres. Io, tu, quegli vegga, o veg-

gia; noi veggiamo, voi veggiate quei veggano,

o veggiano.

Condiz. Pres. Io vedrei, tu vedresti, quegli

vedrebbe ec.

 

ANOMALI DELLA TERZA Conjugazione. |

 

BEVERE, o BERE. Indicat. Pres. Io bevo,

tu bevi, o bei, quegli beve, o bee; noi beviamo,

voi bevete, o beete, quelli bevono o beòno.

Imperf. Io beveva, o beeva'ec.

Pass. Rim. Io bevetti, o bevvi,  tu bevesti o

Beesti, quegli bevette o bevve; noi bevemmo”, o

beemmo , voi beveste, o beeste quelli bevettero o

bevvero.

Pass. Pross. Io ho bevuto ec.

 

Pagina 81

 

Fut. Io Berò , tu berai, quegli berà ec.

Soggiunt. Pres. Io, tu, quegli beva, o bea.

noi beviamo, voi beviate, quelli bevano, o beano.

Condiz. Pres. Io berei, tu beresti ec.

Imper. bevi tu.

PORRE: anticamente PONERE.

Indicat. Pres. Io pongo, tu poni, quegli po-

ne, noi poniamo, o ponghiamo , voi ponete ,

quelli pongono.

Imperf. Io poneva, tu ponevi ec,

Pass. Rim. Io posi, tu ponesti, quegli pose;

noi ponemmo , voi poneste, quelli posero.

Pass. Pross. Io Ho posto ec.

Fut. Io porrò, tu porrai ec.

Soggiunt. Pres. Io ponga, tu ponghi, o pon-

ga, quegli ponga; noi ponghiamo, voi ponghiate ,

quelli pongano.

Imperf, Io ponessi, tu ponessi ec.

Condiz. Pres. Io porrei, tu porresti ec.

Imperat. Poni tu.

Tutti i suoi composti Disporre, Comporre ,

Frapporre ec. finiscono allo stesso modo.

SCEGLIERE, o SCERRE. Indicat. Pres. Io

scelgo, tu scegli, quegli sceglie; noi scegliamo,

voi scegliete, quelli scelgono.

Pass. Rim. Io scelsi, tu scegliesti, quegli scelse,

noi scegliemmo, voi, sceglieste , quelli scelsero.

Pass. Pross. Io ho scelto ec.

Soggiunt. Pres. Io scelga, tu scelghi, o scelga,

quegli scelga; noi scegliamo, voi scegliate, quelli

scelgano.

Lo, stesso è de’ suoi composti : Trascegliere, Prescegliere

SCIOGLIERE, e SCIORRE. Indic. Pres. Io

scioglio o sciolgo , tu sciogli, quegli scioglie ;

noi sciogliamo, voi sciogliete, quelli sciogliono , o

sciolgono.

 

 

Pagina 82

 

Pass. Rim. Io sciolsi, tu sciogliesti, quegli

sciolse; noi. sciogliemmo, voi scioglieste, quelli

sciolsero.

Pass. Pross. Io ho sciolto ec.

Fut. Io sciorrò, tu sciorrai ec.

Soggiunt. Pres. lo, tu, quegli sciolga ; noi

sciogliamo , o sciolghiomo , voi sciogliate , quelli

sciolgano.

Condiz. Pres. Io sciorrei , tu sciorresti ec.

Così fan pure i suoi composti Disciorre, e

e Prosciorre. .

SPEGNERE. Indic. Pres. Io spegno, tu spe-

gni, quegli spegne; noi spegniamo , voi spegnete

quegli spengono.

Pass. Rim. Io spensi, tu spegnesti, quegli

spense; noi spegnemmo , voi spegneste, quegli

spensero.

Pass. Pross. Io ho spento ec.

Sogg. Pres. Io spenga, tu spenghi, e spenga,

quegli spenga ; noi spenghiamo , voi spenghiate,

quegli spengano.

Imper. Spegni tu.

TOGLIERE, o TORRE co'suoi composti ha

le stesse variazioni che sciogliere , sciorre.

ADDURRE, CONDURRE, PRODURRE,

RIDURRE ec. si piegano come se l’Indefinito: fos-

se Adducere, Conducere ec., dicendosi io.adduco,

tu adduci; io adduceva, tu adducevi ec. fuorchè

nei seguenti tempi.

Pass. Rim. lo addussi, tu adducesti , quegli

addusse ; noi adducemmemmo , voi adduceste , quelli

addussero.

Pass. Pross. Io ho addotto ec.

Fut. Io addurrò, tu addurrai ec.

Condiz. Pres. Io addurrei, tu addurresti ec.

 

Pagina 83

 

ANOMALI DELLA QUARTA CONJUGAZIONE.

 

APRIRE, COPRIRE ec. son regolari, se non

che nel Passato Rimoto oltre alle desinenze in ii,

ì, e irono banno anche quelle in ersi, erse, ed er-

sero, come Io aprii, o apersi; quegli aprì, o

aperse; quegli aprirono, o apersero.

Il Pass. Pross. è Io ho aperto ec.

DIRE anticamente DICERE. Indic. Pres. Io

dico, tu dici, quegli dice; noi diciamo, voi

dite , quelli dicono.

Imperf. Io diceva, tu dicevi ec.

Pass. Rim. Io dissi, tu dicesti, quegli disse,

noi dicemmo non dissimo, voi diceste, quelli dissero.

Pass. Pross. Io ho detto ec.

Fut. Io dirò, tu dirai ec.

Sogg. Pres. Io dica, tu dichi, o dica, que-

gli dica; noi diciamo, voi diciate, quelli dicano.

 

Imperf. Io dicessi, tu dicessi ec.

Condiz. Pres. Io direi, tu diresti , quegli di-

rebbe ec.

Imperat. Dì tu.

Le stesse terminazioni hanno pure i suoi com-

posti Benedire, Maledire.

MORIRE. Indicat. Pres. Io muojo, e poeti-

camente anche moro, tu muori, quegli muere;

noi moriamo , o muojamo, voi morite , quelli

muojono.

Pass. Rim. Io morii, tu moristi ec.

Pass. Pross. Io son morto ec.

Fut. Io morrò , tu morrai ec.

Sogg. Pres. Io muoja , tu muoi, o muoja ,

quegli muoja; noi moriamo, o muojamo, voi mo-

riate , o muojate , quelli muojano.

Condiz. Pres. Io morrei, tu morresti ec.

Imperat. Muori tu

 

Pagina 84

 

SALIRE. Indic. Pres. Io salgo, tu sali, que-

gli sale; noi saliamo, o sagliamo, voi salite ,

quelli salgono, o sagliono.

Pass. Rim. Io salii, o salsi, tu salisti, que-

gli salì, o salse; noi salimmo, voi saliste, quelli

salirono, o salsero.

Pass. Pross. Io son salito ec.

Soggiunt. Pres. Io salga, o saglia, tu salghi,

o salga, o saglia, quegli salga, o saglia ; noi

salghiamo , o sagliamo, voi salghiate, o saglia-

te; quelli salgano , o sagliano.

UDIRE. Prende alcune voci dall'antico Odire.

Indicat. Pres. Io odo, tu odi, quegli ode; noi

udiamo, voi udite, quegli odono.

Sogg. Pres. Io, tu, quegli ode; noi udiamo,

voi udiate , quegli odano.

VENIRE. Indicat. Pres. Io vengo:, o vegno,

tu vieni, quegli viene; noi veniamo , venghiamo ,

o vegnamo, voi venite, quelli vengono.

Pass. Rim. lo venni, tu venisti, quegli ven-

ne; noi venimmo , non vennimo , voi veniste, quel-

li vennero.

Pass. Pross. Io son venuto ec.

Fut. Io verrò, tu verrai ec.

Soggiunt. Pres. Io venga , ta venghi, o ven-

ga, quegli venga; noi venghiamo , voi venghiate,

quelli vengano.

Condiz. Pres. Io verrei, tu verresti ec.

USCIRE. Indic. Pres. Io esco, tu esci, quegli

esce; noi usciamo, voi uscite, quegli escono.

Soggiunt. Pres. Io, tu, quegli esca; noi u-

sciamo, voi usciate , quegli escano. Benchè alcuni

dicano esciamo, esciva, escirò ec. derivandole dal-

L'Indefinito escire; fuori però delle voci sopra ac-

cennate, in tutte le altre questo Verbo ama meglio

di cominciare per u, che per e.

APPARIRE. Ha nell'Indicativo presente: Io

 

 

Pagina 85

 

apparisco , o appajo, tu apparisci, quegli appa-

risce , o appare; noi appariamo , voi apparite ,

quegli appariscono , o appajono.

Nel Passato Rimoto : Io apparvi, o apparsi,

quegli apparve, o apparse, quegli apparvero , o

apparsero.

Nel Passato Prossimo: Io sono apparso, o

apparito ec.

Nel Soggiuntivo Presente: Io, tu, quegli ap-

parisca, o appoja, e quegli appariscano, o op-

pajano.

Nel resto è regolare. Lo stesso è di Compo-

rire, Trasporire , e Sparire.

 

CAPO XVIL

DEI VERBI DIFETTIVI.

Difectivi, cioè mancanti, si chiaman que’ Verbi,

che hanno soltanto alcuni tempi, e alcune perso-

ne, e mancan dell’ altre.

 

GIRE, che significa Andare , ha queste sole

voci.

Indicat. Pres. Voi gite.

Imperf. Io giva, o gia, tu givi, quegli giva,

o gia; noi givamo , quelli givano, o giano.

Pass. Rim. Tu gisti, quegli gì, o gio; noi

gimmo, voi giste ; quelli girono.

Fut. Io girò, tu girai ec.

Soggiunt. Imperf. Io gissi, tu gissi ec.

Condiz. Pres. Io girei, tu giresti ec.

Partic. Pass. gito.

IRE, che pur significa Andare, ha voi ite,

quegli iva , quegli ivano; noi iremo, voi irete,

quegli iranno; e il Participio Passato ito.

RIEDERE ha tu riedi; quegli riede; io, tu,

quegli rieda , quelli riedono.

 

Pagina 86

 

CALERE ha cale, caleva, calse, calerà, o

carrà, caglia, calesse , calerebbe; o carrebbe, o

caluto.

ARROGERE ha arroge, arrose, arregendo.

OLIRE ha oliva, olivi, olivano.

SOLERE ha: Indicat. Pres. Io soglio, tu

suoli, quegli suole; noi sogliamo , vai solete,

quelli sogliono.

Imperf. Io soleva, o solea, tu solevi ec.

Soggiunt. Pres. Io soglia, tu sogli, o soglia,

quegli soglia; noi sogliamo , voi sogliate , quelli

sogliano.

Imperf. Io solessi , tu solessi ec.

Gerund. solendo. Partic. Pass. solito.

Lice, o Lece è la sola voce del Verbo Licere,

o Lecere; che non s'adopera neppure all'Indefinito.

 

SEZIONE IV.

DELLE PREPOSIZIONI, DEGLI AVVERBI,

DELLE CONGIUNZIONI, E DEGLI

INTERPOSTI.

CAPO I.

DELLE PREPOSIZIONI.

 

Le Preposizioni, come si è detto a principio,

sono le parole di, a, da, in, con, per, è simi-

lij‘che si premettono ai Nomi; per esprimere le

relazioni di una cosa col'altra, come: Questo camp-

po è di Cesare, Antonio è in Roma; Pietro pas-

seggia con Paolo ec.

 

Premettonsi per la stessa ragione anche ai Pro-

nomi, di lui, a lei; ed agli Aggettivi adoperati

assolutamente, come per molto, con poco, ove

 

Pagina 87

 

però sottintendesi Tempo , Spazio , Affare , De-

naro , o altro Nome somigliante.

E si premettono pure ai Verbi Indefiniti che

allora fanno le veci de' Nomi, come Egli ha bra-

ma di vivere, cioè della vita; È intento a stu-

diare , cioè allo studio ec.

Noi qui ne esporremo le principali, indicando

i varj significati , a cui servono più comunemente.

 

DI

 

La Preposizione DI si usa principalmente quan-

do ad un Nome si vuole aggiungerne un altro,

che ne esprima qualche determinazione, o qualifi-

cazione , a quel modo che farebbe un Aggettivo ,

come Le colonne di marmo, Il mar di Toscana,

che tanto valgonò , quanto il dire le colonne mar-

moree; il mar toscano. Il suo senso poi più co-

munemente è quello di indicare a chi appartenga

la cosa espressa dal Nome, come I cempi di Ce-

sare; o chi ne’ sia l’Autore, come Le opere di

Cicerone; o di qual materia sia composta, come

I vasi d'oro.

Alcune volte il Di sembra corrispondere al

significato di varie altre preposizioni, come A, Da,

In , Per, Con , Tra; ma queste preposizioni allo-

ra vi si sottintendono insieme con un altro Nome.

Così Aver invidia di uno significa alla fortuna di

uno ; Partir di Roma vale dalla Città di Roma;

Esser nato dal tal anno vuol dire nel corso del tal

anno ; Morire di tanti anni significa nell’età di tanti

anni ; Esser di guardia, o di servigio corrisponde

a esser nello stato, o nella occupazione di guar-

dia, o di servigio ; Esser di noja, o di piacere.

vuol dire esser cagione di noja, o di piacere; La-

grimar d'ellegrazza è lo stesso che per cagione di

allegrezza; Perir di saétta. vuol. dire con: un colpo

 

Pagina 88

 

di saetta: Uno di questi, Il primo di quelli si-

 

gnilica tra 'l numero di questi, o di quelli; Tanto

di tempo è come tanto spazio di tempo; Essere

più o men grande d'un altro significa a confronto

d' un altro.

La Preposizione di alle volte si tace, come

A casa il Medico, A porta S. Gallo, La Dio

mercè , La costui fortuna, Il cui valore, Le altrui

sostanze in luogo di dire a casa del Medico, a porta

di S. Gallo, per la mercè di Dio, la fortuna di

costui, il valore di cui, le sostanze d' altrui.

 

A.

 

La Preposizione A generalmente signifin ten-

denza o direzione a qualche luogo ; o a qualche

cosa, come Andare a Roma; Volgersi a qualche

parte; Dar qualche cosa a qualcuno. Si usa però

ancora coi Verbi togliere, levare, rapire, e si-

mili, come Togliere ad uno, Rapire ad un altro

alcuna cosa.

Coi Verbi che esprimono moto a luogo a or

s' adopera la preposizione A, ed ora In, come

Andare a casa, e Andare in casa; ma Andare

a casa vuol dir verso casa, e in casa significa

dentro la casa.

La stessa differenza è coi, Verbi di stato in

luogo: laonde Essere a Roma vale essere nelle vi-

cinanze di Roma; Essere in Roma vale star den-

tro Roma.

Quando il termine, a cui il motore diretto, è

un Nome personale, o un Pronome, invece di A

spesso si adopera Da, come verrò da Voi, anderò

da Lui.

Qualche volta all' incontro, si usa A per Da,

come nel Boccaccio gior. 2. nov. 6. Amenduni li

fece pigliare a tre servitori cioè da tre servitori;

 

Pagina 89

 

e gior. 3. nov. 1o. Udendo a molti commendare

la cristiana fede, cioè da molti.

E spesso pure si adopera A invece di Con,

come nel Boccaccio medesimo. Nutricata a latte

d'asina, e come quando si dice Una nave a vela,

o a remi; un oriuolo a molla, o a pendolo; una

veste a fieri, o a liste ec. e quando dicesi Stare

a capo chino, a mani giunte, a occhi chiusi.

Si dice parimente Star bene o male ad arnese,

o a denari, cioè circa all’ arnese, o ai denari; e

il. Boccaccio disse gior. 9 nov. 5. Cotesti tuoi

denti fatti a bischeri , cioè simili ai bischeri.

 

DA.

 

La preposizione Da significa in 1.° luogo di-

ipendenza di una cosa da un'altra; perciò coi Verbi

passivi il Nome, da cui dipende l’azione, con

questa preposizione si suole accompagnare , come:

Cartagine fu fabbricata da Didone, e distrutta

da Scipione: qualche volta però in questo senso

adoprasi anche la preposizione Per, come Quello

che per me si può fare, cioè da me.

2.° Significa origine, come nascere, scaturire,

provenire, derivare da qualche luogo, o da qual-

che cosa; e in questo senso pur si dice Raffaello

da Urbino, Cino da Pistoja ec. per indicare le

città da cui hanno avuto l'origine. Per indicare

però i paesi gi adopera invece ‘la preposizione Di,

come Fui di Sardegna. Bocc. gior. 3. nov. 8.

3.° Significa separazione, e allontanamento,

come Uscire, partire ec.da qualche luogo; Divi-

dere, staccare; rimovere ec. una cosa da un’altra.

Coi Verbi però Uscire se Partire: si usa anche la

preposizione Di, come Partir di Roma , Uscir

di casa.

Oltre a questi significati la preposizione Da ne

 

Pagina 90

 

ha pur varj altri, come Egli non è terreno da

viti, cioè acconcio alle viti ec.; Egli è Uomo da

ciò, vale a dire abile a ciò fare; Egli opera da

Uomo onesto, cioè come ad uomo onesto convie-

ne; Non era da farne tanto schiamazzo, cioè

non si dovea, non importava, non era mestieri

farne tanto schiamazzo. Così si dice. Esser da be-

ne; Esser da poco, da molto, da più, da meno,

da troppo, da nulla, da tanto, cioè esser atto

a poco, a molto ec. Nelle asserzioni si dice Da

Galantuomo, da Uomo onesto, cioè sulla fede di

Galantuomo ec. Si dice pure Vi è da cena, da

desinare, da dormire, cioè quanto si richiede alla

cena, al dcsinare, al dormire.

S' adopera parlandosi d'un numero dubbioso

nel significato di circa, come Vi eran da venti

persone; Sono da dieci giorni.

Coi nomi personali significa una, o più per-

sone sole, senza altrui compagnia, come Egli sta:

da sè. E in questo caso vi s'aggiunge anche Per,

come Egli sta da per sè, o di per sè.

Io sono passato. da casa vostra, vuol dire

innanzi alla casa vostra, son passato da Bologna,

da Modena, vuol dire per Bologna, per Modena.

Quelle espressioni de’ Poeti: Dalle bionde chio-

me, dagli occhi neri ec. significan avente le chio-

me bionde, e gli occhi neri.

Da giovane, da vecchio significan mentre uno

è o era giovane, o vecchio.

 

IN.

 

La preposizione In si adopera primieramente

per esprimere le circostanze di luogo, di tempo ec.

in cui uno si trova, come Essere in città , o in

villa; Essere nel tal mese, o nel tal anno; Es-

sere in pace o in discordia; Essere in toga, o

in farsetto ec.

 

Pagina 91

 

Si usa pure coi Verbi di moto, alla guisa che

già si è detto, come Ander in casa; cader in

terra; colpir nel segno ec.

 

PER.

 

La preposizione. Per ha varj significati. Espri-

me primieramente l’ esistenza di un oggetto non

fissa ma variabile in un certo spazio, come Es-

sere per l'Europa, Essere per l'Oceano, cioè ora

in un luogo, ora in un altro dell'Europa, o del-

l'Oceano; e adopera anche per accemnar varj luo-

ghi in cui avvenga una cosa medesima, come nel

Boccaccio introd. Per le sparse ville, e per gli

campi, e per gli loro colti, e per le case di dì,

e di notte morieno.

2. Significa la cagione che ci muove a fare

una cosa, e il fine per cui si fa, come Tacer per

vergogna; Lavorar per guadagno.

3. Dinota il mezzo di aver qualche cosa, ce-

rie Egli ha ciò ottenuto per l'intercessione, per

l’opera , per le preghiere vostre, cioè per mezzo

dell’ intercessione ec.

4. Si dice Guidar per mano; Prendere per un

braccio, Tirar pe’ capegli, affine di indicare in che

parte sopra di un altro tali azioni si esercitino.

5. S' usa come il Pro dei Latini per signifi-

care a favore, a nome; in vece, come le parle-

rò per voi, che vuol dire tanto a favor vostro,

come a vostro nome, e in vostra vece.

6. Accenna distribuzione, come Tanto per

giorno ; Tanto per testa ec.

7. Significa l'essere in procinto di far qual-

che cosa, come Sta per partire, per morire; per

affogare ec. .< . ° o

 

8. Esprime durazione, o continuazione, come

Correre per un miglio; Faticare per tutto un giorno.

 

Pagina 92

 

9. Accenna il mezzo, o il canto dell'origine, e

della discendenza di uno, come Egli per Padre

discende dalla tale famiglia, per Madre dalla

tal altra.

1o. Equivale a Come, o A proporzione, per

esempio. Tener per fermo; Creder per vero , cioè

come fermo, come vero : Il tale per giovine è

assai prudente, o per l' età sua è assai grande,

cioè a proporzione dell’esser giovine, o della sua età.

11. Ha forza talvolta di Benchè, come Per

molto pregare, o per molto che pregasse, o per

molto pregar che facesse non l'ottenne, cioè ben-

chè molto pregasse.

12. Gli si sottintende spesso Amore, Interces-

sione, Opera, Servigio, Timore, Riguardo , come

Il fo per voi, altrimenti io nol farei, cioè per

amor vostro, in grazia vostra, per vostro riguar-

do; Per me è cosa troppo faticosa; cioè rispetto

 

a me, per riguardo a me; Pel castigo se ne trat-

tiene, cioè per timor. del castigo.

13. S' adopera nelle preghiere, e nei giura-

menti per esprimer l’ oggetto in grazia di cui la

persona pregata si debba movere; ovvero l'og-

getto, che si chiama per testimonio, e malleva-

dore della verttà di ciò, che si giura; come Pre-

govi per quanto avete di più caro; Giuro per

quanto v' è di più sacro.

 

CON.

 

La preposizione Cen esprime la relazione di

compagnia, di stromento, e di modo, come An-

dare, o venir con alcuno; Lavorar colla lima,

col pennello , collo scarpello ; Fare una cosa con

piacere , o con dolore , con facilità, o cor diffi-

coltà, con destrezza , con buon garbo ec.

Coi Nomi personali il Con si può incorporare

 

Pagina 93

 

in una sola parola, e dire Meco, Teco, Seco,

Nosco, Vosco; (benchè i due ultimi sono piuttosto

del verso) , si può anche tuttavia repicare il

con dicendo con meco, con teco ec.

 

SENZA.

 

La prepositione Senza esprime la privazione

di compagnia e di stromento, e s'adopera o sola,

o colla preposizione Di, come senza voi, e senza

di voi, sottintendendo la compagnia di voi. S'ado-

pera anche in significato di Oltre, come nel Bocc.

gior. 5. nov. 9. Signor mio, senza le vostre paro-

le, m' hanno gli effetti assai dimostrato della vostra

benevolenza, cioè oltre alle vostre parole.

 

INFRA, INTRA, FRA, e TRA.

 

Queste preposizioni esprimono l' esistenza di

una cosa in mezzo ad una, o più altre. Quindi

si dice Stare fra 'l timore, e la speranza, cioè in

mezzo a questi due affetti; Dir fra sè, o fra suo

cuore, cioè dentro di sè, dentro al suo cuore; In-

contrare uno tra via, cioè per la via, o in mez-

zo alla via; Innoltrarsi fra'l mare, fra il bosco,

fra l'isola , cioè dentro , o in mezzo al mare, al

bosco all’ isola; [...] ha uno fra gli altri, cioè in

mezzo agli altri, nel numero degli altri; Tra que-

sto e quello non so qual sia il migliore, cioè io

sio sospeso in mezzo all'una, e all'altra delle due

cose, e non so decidere qual sia la migliore ;

Verrò fra tre giorni, cioè dentro allo spazio di

tre giorni Qualche volta vi si aggiugne anche la

preposizione Di. come Fra di noi, cioè nel mez-

zo, o nel numero di noi.

Nelle enumerizioni ha lo stesso significato che

parte parte , come nel Boccaccio gior. 8. nov. 6.

 

Pagina 94

 

Ragunata adunque una buona brigata tra di gio-

vani fiorentini , che per la villa erano , e di la-

voratori disse Bruno, ec. cioè parte di giovani

fiorentini, e parte di lavoratori.

 

DELLE ALTRE PREPOSIZIONI

 

Oltre alle riferite fim qui varie altre preposi-

zioni si annoverano da’ Gramatici , come Dentro,

o Entre, Fuora, o Fuori ; Circa , Intorno , o

Dintorno, o Attorno; Sopra, o Su; Sotto; Pres-

so, o Appresso , o Appo , o Vicino; Lungi, o

Lontano , o Discosto; Rasente; Lungo ; Verso,

o Inverso: Fino, o Infino; Sino, o Insino; Ol-

tre; Avanti , Davanti, Innanzi, Dinanzi, Anzi;

Prima, o Pria; Dietro; Dopo; Contro o Contra;

Giusta, o Secondo; Eccetto, o Salvo; e Quanto.

Ma tra queste alcune son Aggettivi, come Vi-

cino, Lontano, Discosto, Eccetto, Salvo; altre

sono Avverbj, come Dentro, Fuori, Sopra, Sotto ec.

I Gramatici le chiamano Avverbj quando non

reggono alcun Nome, e quando reggono un Nome

le chiamano Preposizioni. I Nomi però non sono

mai retti propriamente da esse; ma da qualche

vera preposizione o espressa , o sottintesa.

Infatti Dentro, Entro, Sopra, Sotto, Presso,

Verso, Inverso, Avanti, Dietro, sono seguite or-

dinariamente dalle preposizioni Di, o A, come

Dentro della casa , o alla casa ; Sopra del colle,

al colle.

Fuora, Fuori, Prima, Dopo, Contro, dalla

preposizione Di, come Fuori di città, Prima di

giorno.

Lungi , e Lontano dalle preposizioni Di, De

e talvolta anche A, come lungi di qui, Lungi

de Roma, Lungi ai rumori.

Fine, Infino, Sino, Irsino dalle preposizioni

 

Pagina 95

 

Da, o A, secondo che il Verbo esprime avvici-

namento , o allontanamento da qualche termine,

come È giunto sino a Napoli; È venuto fin dal-

l'America.  I

Vicino, Davanti, Dinanzi, Circa, Intorno ,

Dintorno , Attorno, Oltre, Lungo, Rasente, e

Quanto dalla preposizione A, come Vicino a voi,

Davanti a me, Circa a questo, Intorno a lui, Ol-

tre a ciò, Quanto all’uffizio mio; e nel Boccaccio

giorn. 7. in fine Lungo al pelaghetto; e in Franco

Sacchetti nov. 129. Rasente a quella pentola.

 

CAPO II.

DEGLI AVVERBJ

 

Gi Avverbj servono ad esprimere le determina-

zioni e qualificazioni de' Verbi in quella guisa , che

gli Aggettivi esprimon quelle de’ Nomi.

Ogni Avverbio di sua natura equivale ad una

preposizione, e ad un Nome o solo, o accompa-

gnato da un Aggettivo. Così Qui significa in que-

sto luogo: Ora ir questo tempo, Prestamente con

prestezza , Lentamente con lentezza ec.

Fra gli Avverbi si pongono alcune maniere,

ove la preposizione , e il Nome sono espressi di-

stintamente, come Per verità, Per certo, Da

senno, e simili. Queste maniere non potendosi pro-

priamente chiamare Avverbj, da noi si diranno

Modi Avverbiali.

Gli Avverbj poi, e i Modi Avverbiali posson

distinguersi in cinque classi, 1.° di affermazione, e

negazione, 2.° di tempo, 3.° di luogo, 4.° di quan-

tità, 5.° di qualità.

Noi verremo accenandone i principali, il che

pur gioverà a far copia di que’ termini, che più

frequentemente vengono ad uso.

 

Pagina 96

 

AVVERBJ DI AFFERMAZIONE E NEGAZIONE.

 

L’ affermazione , e la negazione può farsi o

assolutamente , o con dubbio.

Fra gli Avverbj di affermazione, e negazione

assoluta si pongono principalmente Sì, e No, i

quali però non equivalgono solamente ad una pre-

posizione e ad un Nome, ma all'intera proposi-

zione Ciò è vero; Ciò è falso. Pongonsi pure Bene,

e Volentieri (non Volontieri), i quali significano

Va bene; Il farò volentieri.

Gli altri Avverbj, e Modi Avverbiali di af-

fermazione assoluta sono : Assolutamente, certa-

mente , certo , per certo , di certo, francamente,

sicuramente , veramente, per oerità, in verità,

in vero. In fatti, di fatto. Appunto, per l'ap-

punto , propriamente , precisamente. Infallibil-

mente, infallantemente, senza fallo. Indubitata-

mente, senza dubbio, senza meno. Affè , per

mia fè, in fede mia. Da senno, da buon senno.

Da galantuomo , da uomo onesto. Come Certa-

mente ei vi fu; E così assolutamente; È così ap-

punto ; È così di fatto; Ve ne assicuro da uomo

onesto ec.

Per la negazione assoluta servono gli Avverbj

medesimi, ove il Verbo sia accompagnato dal non.

Essa però ne ha inoltre alcuni suoi proprj e par-

ticolari, e sono. Mica, punto, per nulla, per

niente, nulla, niente , niente affatto, i quali tutti

amano d'esser posti dopo del Verbo, e che il Ver-

bo sia tuttavia preceduto dal non ; come Ei non

è mica giunto; Non l'ama punto, niente, niente

affatto.

AVVERBJ di Dubbio. Forse, che equivale a

può darsi, può essere Se mai, se a caso, se per

avventura , che esprimono una condizione dubbio-

 

Pagina 97

 

sa. Circa, incirca, all'incirca , intorno a, presso

a, a un di presso, presso a poco, quasi , pres-

sochè , i quali indican una quantità incerta.

 

AVVERBJ DI TEMPO.

 

Presente. Ora, adesso , presentemente , al

presente , attualmente, di presente (che vuol dir

anche subitamente) .

Passato. Poco fa, poc'anzi, dianzi, or ora,

testè (che significa anche in questo punto), di fre-

sco, recentemente. Già, una volta, anticamente.

Prima, in prima , avanti , innanzi, anzi. Per

l'addietro, in addietro , per lo passato.

Futuro. Fra poco, in breve, di corto. In.

avvenire, per l'avvenire, da qui innanzi, di qua

in avanti, quando che sia.

Per significare la successione d’ una cosa ad

un’ altra, o di un tempo ad un altro. Appresso,

dopo, indi, quindi, quinci, poscia, poi, di poi,

dappoi , d'allora, o da quell'ora, o da quel

punto in poi, o in appresso.

Per significare l' avvenimento di due, o più

cose nel medesimo tempo. Intanto , frattanto ,

mentre, in quel mentre, in questo , in quello,

in questa, in quella.

Per esprimere prontezza, e celerità. Subita-

mente, subito, tostamente, tosto , tantosto , pre-

stamente, presto , ratto, di presente, immanti-

nente, incontanente , prontamente , speditamente.

Per esprimere tardanza, e lentezza. Tardi,

adagio, a bell’agio, lentamente, pian piano,

bel bello, passo passo, poco a poco.

Per esprimere un tempo continuato. Continuo,

di continuo, continuamente, continuatamente.

Per significare, che una cosa dura anche al

presente. Tuttora , tuttavia, ancora, peranco.

 

Pagina 98

 

Per significare, che è durata sino al presente.

Finora, fino ad ora, infino ad ora.

Per un tempo limitato. Finchè, infinchè, fino

a tanto che

Per un tempo interrotto. Di quando in quan-

do , di tratto in tratto, interrottamente.

Per esprimere variazioni d’accidenti, o di fatti

in diversi tempi. Ora, ora; quando, quando;

adesso , adesso.

Per significare un tempo lungo. Molto, assai,

lungamente , a lungo, a dilungo.

Per un tempo breve. Poco, non guari, bre-

vemente, in breve, in poco d'ora.

Per significare in qualunque tempo. Qualora,

qualvolta , ogni qual volta, quando che sia.

Se una cosa medesima suol avvenire più volte

in diversi tempi. Spesso , di spesso, spesse volte,

spesse fiate, sovente, soventi volte, soventemente,

più volte, assai velte, frequentemente, di fre-

 

uente.

Se tutte le volte. Sempre, mai sempre, sem-

pre mai , ognora, ogni volta.

Se quasi tutte. Il più, per lo più, il più delle

volte, le più volte.

Se poche. Raro, rado, di raro, di rado,

rare, o rare volte.

Se alcune volte soltanto. Alle volte, talvolta,

talora, qualche volta, qualche fiata.

Mai vuol dire in alcun tempo, e volendo

esprimere in nessun fempo conviene aggiungervi il

non, come Non è mai venuto; e sarebbe inesatto

il dire invece: Mai è venuto, o È mai venuto.

Giammai , unqua, unquemai han lo stesso

significato. Unquanco equivale all’'unquam adhuc

dei Latini, o mai ancora: e non son da appro-

varsi quelli che l’usano per mai semplicemente.

Omai, ormai, oggimai talvolta significan alla

 

Pagina 99

 

fine, e talvolta ora quasi: come. Egli è tempo

oggimai che vi risolviate a tornare, cioè alla fi-

ne; Sono ormai sette mesi, che voi mancate di

qui , cioè sono ora quasi sette mesi.

Oggidì vuol dire a questi giorni. Oggi, jeri,

e domani per sè sono veri Nomi, come Oggi è

Lunedì, domani è Martedi , e quando s' adopran

come avverbj si sottintende loro la preposizione In.

Finalmente, alla fine, in fine, ultimamente,

per ultimo, in ultimo si adopran nelle conclusioni,

e per indicare il termine d’ una cosa qualunque.

 

 

AVVERBJI DI LUOGO.

 

Qui e Qua significan in questo luogo; Costì,

e Costà in cotesto luogo; Lì, Là, Colà, Quivi,

Ivi in quel luogo. Ivi, e Quivi però non s’adope-

ran, che parlando d'un luogo già nominato; e non

si possono come gli altri unire colle prefiosizioni ,

ma in cambio di dire di ivi, o di quivi, sì dice

Indi, e Quindi, come Indi è partito, Quindi è

venuto. Lì non si adopera che parlando d’un luo-

go vicino. Onde, o Donde signitica da quale, o

dal qual luogo, come Onde, o Donde venite? Ove

in quale, o nel qual luogo; Altrove in altro luo-

go; Altronde da altro luogo; Ovunque in qualun-

que luogo; Per tutto, e Da per tutto in tutti i

luoghi; Su, e sopra nel luogo superiore; Giù, e

sotto nel luogo inferiore; Entro, dentro, per en-

tro, addentro nel luogo interiore; Fuori, fuora,

di fuori, di fuora nel luogo esteriore: Avanti,

davanti, innanzi, nanti nel luogo anteriore; Die-

tro nel luogo posteriore; Appresso, o presso , o

vicino in un luogo vicino; Lontano , o lungi in

un luogo lontano.

Gli altri sono: A parte, in disparte, da un

canto, da un lato, da una parte; A fianco, ac-

 

Pagina 100

 

canto , allato; Dirimpetto , di rincontro , incon-

tre, di contra, di contro; Attorno, d'attorno,

intorno , d'intorno; Addosso ; Quassù; Quaggiù;

Lassù; Laggiù ; Costassù ; Costaggiù; In alto,

o all'alto; Al basso, abbasso, o da basso; In

fondo , o al fondo.

 

AVVERBJ DI QUANTITA’.

 

Tanto o cotanto , e quanto , invece di cui

s'adoperan anche così, e come ; ne sono i primi.

Gli altri sono: Più, e meno, o manco. Molto ,

assai, grandemente, d'assai, di gran lunga, di

molto. Troppo, soverchio , soverchiamente, senza

modo , oltremodo , senza misura , oltre misura,

smisuratamente. Affatto , appieno , pienamente,

compiutamente , al tutto, del tutto. Abbastanza,

assai, sufficientemente. Il più , per lo più, per

la più parte, per la maggior parte. Ancora, an-

che, eziandio, pure, pur anco, puranche. Di più,

inoltre , oltre ciò , oltracciò. Solo , soltanto, so-

lamente, unicamente, senza più. Almeno, alman-

co. Neppure, nemmeno , nemmanco , neanche.

Poco, scarsamente. Alquanto , alcun poco, qual-

che poco, in parte, in qualche parte. Nulla,

punto ec.

 

AVVERBI DI QUALITA'.

 

I principali sono Bene, meglio, benissimo,

ottimamente. Piuttosto , più presto , avanti ; in-

nanzi, anzi, prima, che s'usan tutti nel medesimo

senso, e significan preferenza di una cosa ad un'al-

‘tra. Male (che significa anche difficilmente , co-

me Mal si può uscire di questo impaccio), ma-

lamente , peggio , malissimo , pessimamente. Co-

me, siccome, a modo di, a foggia di, a guisa

 

Pagina 101

 

di, a maniera di, Così, similmente, parimente,

medesimamente , egualmente, al pari. Altrimenti,

o altramente, diversamente, differentemente. Al-

l’incontro, al contrario, all'opposto , per lo con-

trario. Volentieri, di buon grado, di buona vo-

glia. Mal volentieri, di mala voglia, a mal gra-

do. Ad onta, a dispetto. A posta, a bello stu-

dio, avvertitamente , di proposito , espressamente.

A senno, a talento, a capriccio, a sua posta, a

suo genio, a sua fantasia. In balìa, o alla balìa.

In palese, in pubblico, palesemente , pubblicamen-

te, all’ aperto, alla scoperta. Di nascosto, di

soppiatto , nascostamente, celatamente.

Oltre gli Avverbj qui riferiti, ve n’ ha infiniti

altri, che si formano col dare agli Aggettivi la ter-

minazione in mente , come dettamente, prudente-

mente ec. e hanno anch'essi i loro comparativi che

si fanno coll’ aggiungervi più, o meno, trattine

meglio , e peggio , che sono comparativi per sè

stessi di bene, e male; hanno i superlativi, che

si formano col terminargli in issimamente , come

dottissimimente , prudentissimamente.

Alcuni hanno usato talvolta, seguendo due

Avverbj terminati in mente, di troncare il primo,

dicendo chiara, e distintamente; prudente , e

giudiziosamente invece di chiaramente , prudente-

mente. Ma dai buoni Scrittori quest’uso non è se-

guito, se non quando l’Avverbio troncato ha sen-

so avverbiale da sè medesimo, come prima, e

principalmente, forte, e vigorosamente, ove pri-

ma, e forte equivalgon da sè a primamente, e

fortemente.

 

CAPO III

DELLE CONGIUNZIONI.

 

Le Congiunzioni si dividono in varie classi se-

 

Pagina 102

 

condo i diversi usi, a cui si adoprano. Alcune si

chiamano Copulative, perchè si usano nelle Pro-

posizioni, ove si abbiano ad unire più cose che fra

di loro convengano; altre Negative, perchè si usa-

mo nelle Proposizioni, ove più cose si abbiano a

negare; altre Disgiuntive, perchè si adoperano

quando una cosa dall’ altra sì vuol disgiungere, o

separare ; altre Aggiuntive, perchè si adoperano

quando una cosa all'altra si vuol aggiungere; altre

Dichiarative, perchè si usano quando una cosa si

vuol dichiarare maggiormente ; altre Dubitative,

perchè serveno nelle Proposizioni , in cui fra due,

o più cose si esprime alcun dubbio; altre Causali,

o Dimostrative, perchè si adoperano quando di una

cosa si vuol esporre la cagione, o la prova; altre

Illative, perchè servono, quando dalle cose pre-

cedenti si vuol cavare una illazione, o una conse-

guenza; altre Condizionali, perchè uniscono le Pro-

posizioni, che esprimono qualche condizione; altre

finalmente di Somiglianza, o Dissomiglianza, di

Ordine, o Distribuzione, di Motivo, o Fine,

perchè si adoperano quando si vuol esprimere la,

somiglianza, o dissomiglianza di una cosa con l’al-

tra, o si vogliono più cose riferire per ordine, o

si vuol indicare il motivo, per cui alcuna cosa si

fa, o il fine, a cui è diretta.

Secondo queste divisioni eccone le principali.

COPULATIVE. E, ed.

NEGATIVE. Nè, nemmeno, neppure, nem-

manco, neanche. I .

DISGIUNTIVE. O, ovvero , ossia, oppure, o

veramente.

AGGIUNTIVE. Anzi, che anzi, anche, ancora,

eziandio, puranche, pure, come Anch'egli fuggì,

o Egli pure fuggì. Inoltre, oltreciò, oltracciò ,

oltrechè. Non solo, ma anche. Non che.

DICHIARATIVE. Cioè , vale a dire, cioè a

 

 

Pagina 103

 

dirvi al qual uso s'adopera talvolta anche o, os-

sia, come la Retorica , ossia l'arte di ben dire.

DUBITATIVE. Se, o, ovvero, oppure, come

Non so se vada, oppur venga.

Causali, o DIMOSTRATIVE. Imperocchè ,

imperciocchè , perocchè, perciocchè , poichè, giac-

chè, perchè, come quello che; per esempio L’ozio

dee fuggirsi , come quello che è il padre de’vizj.

ILLATIVE. Dunque, adunque, per il che (me-

glio detto che per lo che), il perchè, per la qual

cosa, laonde, onde, perciò, imperò, epperò.

CONDIZIONALI. Se, se pure, purchè, qualo-

ra, quando, dove, come Il farò, se potrò, o se

pure potrò, o purchè, qualora, quando, dove io

possa.

DI SOMIGLIANZA. Siccome , come, in quel

moda, in quella guisa, in quella maniera, a

quella foggia che ec. Così, non altrimenti, pari-

mente , similmente, medesimamente, allo stesso

modo , nella stessa guisa ec.

DI DISSOMIGLIANZA. Quantunque , sebbene,

ancorchè , tuttochè , avvegnachè , comechè. Pure ,

tuttavia, tuttavolta, con tutta ciò, ciò non ostan-

te, ciò non per tanto, nondimeno. A queste si

riferiscono anche ma, e però , le quali indicano

opposizione , come Egli il volea, ma non potè.

DI ORDINE, E DISTRIBUZIONE. Pria, pri-

ma, primamente , avanti, innanzi. Poi, dipoi,

indi, quindi, in appresso , in seguito , poscia.

Primachè , avantichè, anzichè. Dopochè , dap-

poichè , poichè, dacchè. Primieramente, seconda-

riamente, o in primo luogo, in secondo luogo, ec.

DI MOTIVO, O FINE. Acciocchè, affinchè,

perchè , onde.

Molte delle Congiunzioni sono tratte dagli

Avverbj, e dai Modi Avverbiali, come è facile a

vedere, massimamente nelle Aggiuntive, e in quelle

di Somiglianza, e di Ordine.

 

Pagina 104

 

Si osservi che pure, quando significa ancora,

e però, nel senso di ma, non si usano mai al

principio della Proposizione, ma sempre dopo

qualche parola, come Egli pure vi fu; Egli però

non volle concorrervi. Lo stesso per lo più si fa

con adunque , come Io dico adunque; ciò prova

adunque ec.

 

CAPO IV.

DEGL' INTERPOSTI.

 

Gl' Interposti equivalgono ad un’ intera Propo-

sizione, come Ahi! che è quanto dire: Io son

dolente, o Io sento dolore. È siccome si assomi-

gliano alle grida naturali, così esprimono come

queste diversi affetti dell’animo. Eccone i principali.

ALLEGREZZA. Oh, a cui se si unisce un No-

me personale, o un pronome dee porsi all’accusa-

tivo, come Oh me avventuroso! oh lui beato! non

già oh io avventuroso! oh egli beato!

Viva, evviva, bene, buono.

DOLORE. Ah, oh, ghi, chi, e unendovi il

primo nome personale ahimè, ohimè. Invece del-

l’ accusativo ammetton essi eziandio il genitivo, e

il dativo, come Ahi meschino di me! Ahi mi-

sero a me!

Quando vi son gli Aggettivi beato, misero ec.

esprimenti la felicità, o la sciagura, che in noi

cagionano l’allegrezza, o ’l dolore; gl’ interposti

sovente si ommettono, come Me misero! Felici voi!

Lasso , che equivale a misero, si usa ancora

senza aggiungervi il Nome personale, o il prono-

me, come Lasso! che deggio io fare? Lasso! a

che stato l' iniqua fortuna lo ha ridotto! cioè

lasso me, lasso lui..

 

Pagina 105

 

IRA, E DISPREZZO. Doh, oh, puh, guarda,

guata, ve' , oibò, via.

MINACCIA. Guai , e richiede il dativo, come ì

Guai a te, guai a voi!

MARAVIGLIA. Oh, doh, puh, poffare, viva 'l

Cielo, Dio buono!

DESIDERIO, E PREGHIERA. Deh, oh, oh se,

così, pure; come Oh se potessi; Pur mi fosse

lecito; Così la fortuna mi secondasse!

TIMORE. Oh, oh Dio , ohimè, sta. Questo

s'adopera per esprimere l’aspettazione di qualunque

cosa, che credasi dover avvenire, ma più d’ ordi-

nario quando non si vorrebbe, ch' ella avvenisse;

come Sta ch' ei mi coglie; Sta ch’ ei mi gabba ,

cioè sta a vedere.

Oltre a questi ve ne sono alcuni, i quali non

esprimono niun affetto , ma che si collocan tuttavia

fra gli Interposti, perchè equivalgono anch'essi ad

una intera Proposizione. Tali son quelli |

DI AFFERMAZIONE, E APPROVAZIONE. Sì ,

bene, buono, sibbene, maisì.

DI NEGAZIONE, E DI RIMPROVERO. No ,

non già, mainò, eh via, oibò.

PER CHIAMARE. Eh, olà, oh oh.

PER FAR ANIMO, Su, via, alto.

PER FAR TACERE, O STAR CHETO. Zì, zit-

to, piano, cheto.

PER INDICARE. Ecco, eccoti.

PER INTERROGARE. Ebbene ? Come? Che?

 

Pagina 106

 

GRAMATICA

RAGIONATA

DELLA LINGUA ITALIANA

 

LIBRO II

DELLA SINTASSI.

 

La greca voce Sintassi derivante dalle due syn

con, e tasso erdino, propriamente sienifica coor-

dinazione, ossia ordinata disposizione, e connessio-

ne di più cose.

Or le regole della Sintassi gramaticale s'aggi-

rano appunto sulla maniera. di accordare , unire ,

ordinare fra loro le parti del discorso; e sono di

tre specie, vale a dire 1. Regole di Concordanza;

2. Regole di Reggimento; 3. Regole di Costru-

zione.

 

SEZIONE I.

DELLE CONCORDANZE.

 

La Concordanze riguardano 1. la maniera con

cui deve accordarsi l'Aggettivo col Nome; 2. quel-

la con cui si deve accordar il Verbo col Soggetto

della proposizione.

 

Pagina 107

 

CAPO I.

 

CONCORDANZA DELL'AGGETTIVO

COL NOME.

 

L'Aggettivo, come già altrove si è accennato,

si deve sempre accordare in genere, e in numero

col Nome, al quale appartiene. Perciò un Colom-

bo si dice bianco, e una Colomba dianca, e se

son più, i Colombi si dicon bianchi, e le Colom-

be bianche.

Alla stessa guisa accordar si debbono co’ loro

Nomi gli aggiunti di titolo, di dignità, di profes-

sione, come il Re Tolemeo, la Regina Cleopa-

tra , il Poeta Omero, la Poetessa Saffo ec.

Nello stesso modo parimente coi Nomi, a' quali

si riferiscono, accerdar si debbono i Pronomi.

Perciò se il Nome espresso innanzi sarà maschile ,

sì dirà egli, costui, colui ec., se femminile, ai

dirà ella, costei, colei, e così degli altri.

Finalmente anche l'articolo si dee sempre ac-

cordare col suo Nome in genere, e in numero,

onde si dice il Colombo , la Colomba, i Colom-

bi , le Colombe.

E qui si avverta, che quando si succedono

più Nomi di diverso genere, o di diverso nume-

ro, a ciascuno si deve adattare l’ articolo, che gli

conviene ; onde si dirà i Monti, e le Valli, non

i Monti, e Valli.

Se i Nomi, che si succedono, sono della

stesso genere, e dello stesso numero può anche

bastare l'articolo dato al primo soltanto, senza ri-

peterlo dinanzi agli altri; ma il ripeterlo innanzi a

ciascuno è di miglior uso. Si dirà adunque piutto-

sto le Colline, le Valli, e le Pianure, che le

Colline , Valli, e Pianure.

 

Pagina 108

 

Quando a più Nomi uniti insieme s'adatta un

medesimo Aggettivo, questo suol esser plurale,

ancorchè ciascuno de’ Nomi sia singolare, come

Demostene , e Cicerone insigni Oratori.

Ove si tratti di cose animate, se un de' Nomi

è maschile, tale suol esser ancor l’Aggettivo, co-

me il Padre, e la Madre a me carissimi.

Per le cose inanimate l'Aggettivo prende il

genere del Nome più vicino. Anche in queste però

il maschile suol preferirsi al femminile; onde si dirà

piuttosto molte case, e molti templi incendiati,

che molti templi, e molte case incendiate. ’

 

CAPO II.

CONCORDANZA DeL VERBO COL SOGGETTO

DELLA PROPOSIZIONE.

 

I Verbi s'accordano sempre col loro Soggetto in

persona, ed in numero : come io parlo, tu parli,

quegli parla; noi parliamo; voi parlate ec.

Nei tempi composti, quando il Verbo, si co-

struisce coll’ essere i Participj s’ accordano pur col

Soggetto in genere, e in numero, come egli è

venuto , ella è venuta , e nel plurale eglino sono

venuti, elleno sono venute.

Quando il Verbo si costruisce coll’ avere, il

Participio o ritiene la terminazione in o, oppure

s'accorda col Nome, sopra cui cade l’ azione del

Verbo: laonde si dice egualmente Io ho scritto

una lettera, e ho scritta una lettera.

Se il Verbo conviene a più Nomi, cioè se nel-

la proposizione vi son più Nomi, che servono di

Soggetto , il Verbo suol essere comunemente plu-

rale, ancorchè ciascuno di tali Nomi sia singolare,

come Orazio, e Virgilio sono stati eccellenti Poeti.

E se questi Nomi son di diverse persone, il

 

Pagina 109

 

Verbo si accorda colla prima piuttosto ehe colla

seconda, e colla seconda piuttosto che colla terza,

come Io e tu siamo concordi; Tu e Paolo siete

discordi.

Coi Nomi collettivi, cioè con quelli che signi-

ficano adunanza di più persone, o di più cose, co-

me popolo, turba, esercito, presso gli Antichi si

trova qualche volta il Verbo al numero plurale,

benchè tali Nomi sian posti al singolare, come nel

Boccaccio: Il popolo a furore corso alla prigione

lui n’avevano tratto fuori invece di aveva.

Da’ moderni Scrittori però questo più non si

usa che colle voci il più, la più parte; la mag-

gior parte, un buon numero, una gran parte ec.,

come: Il più degli uomini, o la più parte degli

uomini secondano anzi le lor passioni, che la

ragione.

 

SEZIONE II.

DEL REGGIMENTO.

CAPO I.

DEL REGGIMENTO DE' NOMI.

I Nomi o sono retti dai Verbi, o dalle altre

parti del discorso.

I Verbi poi o son transitivi, o son intransi-

tivi.

ARTICOLO I.

Dei Nomi retti da’ Verbi Intrensitivi.

I Verbi Intransitivi altri sono assoluti, ed altri

relativi.

Intransitivi assoluti son quelli, i quali con-

 

Pagina 110

 

tengono un attributo, che riguarda il solo Soggetto

della proposizione, e non si riferisce a nessun'altra

cosa, come Pietro vive, o è vivente.

Intransitivi relativi son quelli i quali nel Sog-

getto della proposizione indican un attributo che si

riferisce a qualche altra cosa, come Pietro ubbidi-

sce al Padre, cioè è ubbidiente al Padre.

 

INTRANSITIVI ASSOLUTI.

 

Gli Intransitivi assoluti, quando sono della pri-

ma, o della seconda persona, spesse volte formano

una proposizione de sè soli, senza che nemmeno

il Soggetto sia espresso: così Vivo è una proposi-

zione compiuta ; perchè è lo stesso, come Io sono

vivente.

Quando però sono di terza persona , il Sog-

getto si deve esprimere, come Pietro vive, ec-

cetto che apertamente si sottintenda, come se al-

cun domandasse, se Pietro viva, nel qual caso

basterà rispondere Vive.

Talvolta vi si aggiunge pure un Aggettivo, il

qual si accorda col Soggetto, come Pietro vive

contento.

Fuor del Soggetto gl’ Intransitivi assoluti per

sè non richieggono altro Nome; e se alcuna volta

da qualche Nome si trovano accompagnati, questo

è sempre retto da una prepasiaione o espressa , o

sottintesa, come Vivere molti anni, che vuol dire

per molti anni; Correre molte miglia, che vuol

dire per molte miglia.

 

INTRANSITIVI RELATIVI.

 

Gl' Intransitivi relativi per formare una propo-

sizione compiuta, oltre al Nome del Soggetto,

riechieggono d'ordinario anche il Nome della cosa,

 

Pagina 111

 

 

a cui l'attributo si riferisce. Così se dicessi sem-

plicemente: Io giovo , la proposizione sarebbe im-

perfetta, e ognuno mì dimanderebbe: a qual cosa,

o a chi? Parimente se dicessi: lo mi ricordo, do-

manderebbe ognuno: di qual cosa, o di chi?

 

Quest'altro Nome, che chiamasi il comple-

mento o compimento della proposizione or s' ac-

compagna colla preposizione Di, come mancare,

o abbondare, rallegrarsi o dolersi di qualche co-

sa; ora colla preposizione A, come tendere , at-

tendere, cedere , ubbidire a qualche cosa, o a

qualcuno ; ora colla preposizione Da, come dipen-

dere, derivare , provenire , scaturire, nascere ec.

da qualche cosa, o da qualcuno.

 

ARTICOLO II.

 

Dei Nomi retti da’ Verbi Transitivi.

 

I Verbi transitivi distinguonsi in attivi, e passivi.

I Verbi attivi, come altrove si è detto, son

quelli, che esprimono direttamente l’azione di una

cosa sopra d’ un’altra; come Caino uccise, Abele.

I Verbi passivi son quelli, che esprimono ciò

che una cosa patisce, o riceve dall’ altra, come

Abele fu ucciso da Caino.

 

ATTIVI.

 

I Verbi attivi si trovano anch’ essi qualche

volta col solo Soggetto, come Pietro legge, e tal-

volta anche senza, quando siano di prima e se-

conda persona, come Leggiamo, o il soggetto si

sottintenda facilmente, come se alla domanda:

Che fa Antonio? sì rispondesse Legge.

Ordinariamente però oltre al Seggetto espri-

mente la persona o la cosa che [...], il quale si

 

Pagina 112

 

 

chiama agente, i Verbi attivi vogliono anche il

Nome della persona o della cosa, sopra cui cade

l'azione, il qual chiamasi paziente. Così la propo-

sizione sopraccennata sarebbe imperfetta , se si di-

cesse unicamente: Caino uccise ; aggiungendovi

Abele divien perfetta; e in questa proposizione

Caino uccise Abele; Caino è l’Agente, Abele il

paziente.

Molti Verbi attivi oltre l'agente, e il paziente

per compimento della proposizione richieggon an-

che qualche altro Nome, il qual s’ accompagna o

colla preposizione Di, come accusare, ammonire,

lodare, biasimare, spogliare, vestire, privare,

fornire ec. alcuno di qualche cosa, o colla pre-

posizione A, come dare, rendere, somministra-

re, togliere, rapire, involare, negare alcuna co-

sa ad alcuno, o colla preposizione. Da, come di-

videre , separare, staccare , allontanare, rimove-

re, ec. una cosa da un'altra.

 

PASSIVI.

 

Quando un Verbo di attivo si volta in passi-

vo , il paziente diventa Soggetto della proposizio-

ne, e l agente si accompagna colla  preposizione

Da, come nel succitato esempio Abele fu ucciso

da Caino. Qualche volta invece della preposizione

Da sì usa anche la preposizione Per, massima-

mente quando vi sia altro Nome accompagnato.

dalla preposizione Da, come Per voi fu Antonio

staccato dal suo amico più caro.

Abbiamo detto altrove, che nelle terze per-

sone i Verbi attivi diventan passivi anche col sol

premettervi un si, e affiggerlo ad essi in fine,

come Si ama, o amasi l'ozio; Si amano, o

amansi i piaceri. Or qui è da avvertire, che in

tal caso se il Nome retto dal Verbo è plurale,

 

Pagina 113

 

anche il Verbo deve esser plurale, come nell’esem-

pio Si amano i piaceri, e sarebbe errore il dire

Si ama i piaceri, come pur usano alcuni mala-

mente ad imitazione de’ Francesi (a).

I Verbi Intransitivi, o Neutri, che nella ter-

za persona si usano anch’ essi passivamente, come

abbiam detto altrove, possono aver il Soggetto ac-

compagnato dalle preposizioni Da, o Per, come

a me si va; Per te si viene. Ma se hanno do-

po di sè un Aggettivo, questo deve cambiarsi in

Avverbio, o esprimersi in altra maniera: così se

vorran farsi passive le due proposizioni Egli vive

felice; Voi vivete contenti, non si dirà Da lui si

vive felice; Da voi si vive contenti; ma Da lui

si vive felicemente; Da voi si vive in uno stato

contento.

E pur da notarsi, che i Neutri, i quali sono

accompagnati dai Nomi personali mi, ti, si ec.

 

(a) I Francesi dicono On aime, o l'on aime les

plaisirs; e la ragione di questo uso secondo il Si-

gnor DU MARSAIS si è che il loro On è una sin-

cope della parola Homme Uomo, e significa l' Uo-

mo in generale, e preso in un senso indetermina-

to , ossia equivale al nostro Uno, ed infatti negli

antichi manoscritti si trova Un dit (uno dice), in-

vece di On dit (si dice). Ma perchè questo Un

dagli antichi Francesi pronunziavasi all’ Italiana

( cioè coll’ U Toscano, che in Francese si scrive

Ou) quindi col tempo l'Un o Oun s'è cambiato in

On. Presso i Francesi adunque il Verbo ancorchè

sia seguito da un Nome plurale, sempre conservasi

al numero singolare, perchè sempre si accorda

coll’On, o Un, e On aime les plaisirs significa pro-

priamente Uno ama i piaceri. Ma presso di noi il si

non fa che esprimere il passivo; e perciò il Verbo

deve accordarsi col suo Soggetto dicendo Si umano

i piaceri, non Si ama i piaceri.

 

Pagina 114

 

come addormentarsi, o svegliarsi , che da alcuni

malamente si chiamano Neutri passivi, non si pos-

sono usare passivamente nemmeno alla terza per-

sona. Laonde non sì dirà: Quando si si addor-.

menta, Quando si si sveglia; ma’converrà dire :

Quando uno si addormenta o si sveglia, o con-

verrà cambiar frase dicendo : Quando si prende

sonno, quando si comincia a svegliarsi (a).

 

ARTICOLO III.

Dei Nomi retti dalle altre Parti

del Discorso.

 

Molti Nomi sono retti o da altri Nomi, o da-

gli Aggettivi, o da’ Participj, o dagli Avverbj, o

agli Interposti, o immediatamente dalle medesime

Preposizioni.

Intorno a questi veggasi ciò che si è detto

nel Libro I., singolarmente ne’ Capi delle Prepo-

sizioni degli Avverbj, e degli Interposti. Al ri-

manente supplirà l’uso, e l'osservazione de’ buoni

Scrittori assai meglio che non farebbero le molte

regole.

 

(a) Anche qui i Francesi dicono: Quand on

s'endort, Quand on se reveille, perchè l'On presso

loro equivale ad Un, e il vero senso di queste lo-

ro espressioni corrisponde alle nostre: Quando uno

s' addormenta, Quando uno si sveglia.

 

Pagina 115

 

CAPO II.

 

DEL REGGIMENTO DE' VERBI.

 

I Verbi nel discorso ora stanno assolutamente da

sè; come Io leggo; ora son retti da altri Verbi,

come Io voglio leggere, o voglio che tu legga (a),

ora son retti dalle congiunzioni, come Benchè tu

legga; Se io leggessi ec.

 

ARTICOLO I.

De' Verbi retti da altri Verbi.

 

Allorchè un Verbo è retto da un altro Verbo,

or si pone al Modo indefinito, ed ora a un Modo

definito, cioè all' Indicativo, o al Soggiuntivo.

Per conoscere quando abbia ad usarsi l’ uno,

o l’altro Modo conviene osservare in 1.° luogo se

il Verbo che è retto da un altro appartenga al

Soggetto del Verbo che lo regge, o appartenga

ad altro Nome. Dicendo per esempio. Io voglio

leggere, il Verbo leggere spetta al Soggetto Io,

e dicendo Voglio che tu legga, il Verbo legga

spetta al Nome Tu.

2.° Conviene osservare, se Il Verbo della Pro-

posizione principale esprime un affetto dell'animo,

come: Mi piace, mi duole, temo, spero, voglio,

desidero ec., o un atto della mente, come So,

credo, conosco , dubito ec. o un’ azione, che fassi

 

 

(a) In questo caso il Verbo retto fa l'ufficio di

Nome, ed è come se si dicesse: Io voglio la lettu-

ra. Così Bramoso di leggere è come Bramoso della

lettura; Dedito al leggere è come Dedito alla lettu-

ra ec.

 

Pagina 116

 

col mezzo delle parole, come : Ei narra, dice,

prega, esorta, consiglia, persuade, comanda,

afferma , nega, induce, raccomanda, commette,

incarica ec. o un movimento proprio, come Va,

viene, giugne, ascende ec. o un movimento fatto.

fare ad altri, come: Tira, conduce, strascina,

spinge, manda, o altre cose somiglianti.

Quando il Verbo principale esprime un affetto

dell'animo, se il Verbo soggiunto appartiene al

Soggetto della Proposizione egli ama di esser po-

sto all’ Indefinito , e trattone il Verbo Voglio, co-

gli altri ama anche di essere accompagnato dalla

Preposizione Di, come Voglio partire; e Deside-

ro, bramo, mi piace, temo, spero, godo, m'in-

cresce di restare; se poi appartiene ad altro No-

me, gode piuttosto di essere messo ad un Modo

definito; e questo dev' essere il Soggiuntivo, per-

chè la proprietà, o l'azione da lui espressa non si

afferma, ma, si accenna soltanto. Quindi si dirà

Voglio , desidero, godo, mi spiace ec. che tu

vada, o che tu stii.

Se il Verbo principale esprime un atto della

mente , il Verbo soggiunto si può mettere sempre

all’ Indefinito : ma se appartiene al Soggetto vuole

per ordinario la preposizione Di, come Egli sa,

crede, conosce di essere innocente: laddove quan-

do appartiene ad altro Nome non la vuol mai, co-

me Io so, credo, parmi, dubito, penso, conosce

lui esser reo : lo stesso è pure dei Verbi Dire ,

narrare , sentire , provare , affermare, negare, e

simili, come Ei dice, narra, afferma, essere av-

venuto il tal fatto.

Che se il Verbo soggiunto vuol porsi ad un

modo definito, questo deve essere Indicativo, quan-

do il Verbo principale è affermativo , ed esprime

una cognizione certa; ma all’ incontro dev’ essere

soggiuntivo quando il Verbo principale è accompa-

 

Pagina 117

 

gnato dalla negazione, o significa una cognizione

soltanto probabile, o dubbiosa. Si dirà adunque Io

conosco , vedo, comprendo, che ciò è vero ; e

Non so, non conosco, dubito , credo, parmi, che

ciò sia falso.

Coi Verbi Andare, Venire, Giugnere, Scen-

dere, Ascendere , Tirare, Condurre, Accompa-

gnare, Spingere, Mandare, Indurre, Movere,

Sforzare, e con tutti quegli altri , che significano

qualche specie di movimento o reale o figurato, il

 

Verbo soggiunto si mette all’ Indefinito accompa-

gnato dalla Preposizione A; come Ei va, giugne,

tira, sforza,ec. a prendere, o a lasciare la tale

o tal cosa.

Coi Verbi Raccomandare, Commettere, Inca-

ricare, Comandare, come pure coi Verbi Pregare,

Consigliare, Esortare, Persuadere, e simili, se

il Verbo soggiunto si pone ad un Modo definito,

questo dev essere il Soggiuntivo, come Vi racco-

mando, commetto , incarico ec. che andiate nel

tale o tal luogo; se poi si mette all’ Indefinito,

coi primi vuol essere preceduto dalla Preposizione

Di, coi secondi ammette anche questa, ma colla

Preposizione A si accompagna più volentieri, co-

me Vi raccomando, commetto, comando, incarico

di andare nel tal luogo; e Vi prego, consiglio,

esorto, persuado di passare o a passar nel tal

altro.

Si avverta, che quando i Verbi passivi si può,

si deve, si fa, si dice, si crede e simili, reggono

un Indefinito, il quale appartenga ad un Nome

plurale, anche i suddetti Verbi si debbon porre al

plurale: onde non si dirà; Si può fuggire i vizj;

Si deve amar le virtù; Sette si dice essere stati

i Savi della Grecia ec. come usano malamente

 

Pagina 118

 

quelli che in ciò vogliano imitare i Francesi (a),

ma Si possono fuggire i vizj; Si debbono amare

le virtù; Sette si dicono essere stati i Savj della

Grecia.

 

ARTICOLO II

 

Dei Verbi retti dalle Congiunzioni.

 

La Congiunzione che ora accompagna un Indi-

cativo, ed ora un Soggiuntivo secondo che richie-

de il Verbo precedente, come So che tu puoi, e

desidero che tu voglia.

La Congiunzione Se regge il Soggiuntivo quan-

do l’altro Verbo è Soggiuntivo condizionale , co-

me Verrei, se potessi; regge l’ Indicativo quando 

l’altro Verbo è pure indicativo, come Verrò, se

potrò. Qualche volta il Se non è condizionale, ma

dubitativo , e allor sempre regge un Soggiuntivo,

come Non so se io possa.

Le altre Congiunzioni condizionali sempre vo-

gliono il Soggiuntivo, come Verrò, purchè, qua-

lora, quando, dove io possa.

Le Congiunzioni Acciocchè (invece di cui

non è di buon uso il dir soltanto acciò), Affin-

chè, e Perchè vogliono esse pure il Soggiuntive ,

come Mostratevi , acciocchè , affinchè , perchè io

vi vegga.

 

 

(a) Già si è detto innanzi, che i Francesi ciò

anno, perchè il loro On, che serve al passivo pro-

priamente significa Uno, e perciò il Verbo si mette

al singolare com esso accordandolo; ma in Italia-

no il si è un semplice segno del Passivo, e perciò

il Verbo deve accurdarsi al plurale col suo Sog-

getto , che qui sono i vizj, le virtù, i Savj della

Grecia.

 

Pagina 119

 

Un Soggiuntivo pur reggono ordinariamente

le Congiunzioni Quantunque, Sebbene, Benchè,

Ancorchè , Avvegnachè , Comechè ; per esempio

Benchè egli possa, pur nega di farlo. V' ha qual-

che caso però, in cui posson reggere anche un

Indicativo, come Ei può tentarlo: sebbene io son

persuaso che non potrà riuscirvi.

Le Congiunzioni Prima , Avanti, Innanzi,

quando son sole, reggono un Indefinito colla pre-

posizione Di, come Prima, avanti, innanzi di

venire: quando sono seguite dal Che vogliono il

Soggiuntivo, come Primachè, avantichè, innanzi-

chè venga.

La Congiunzione Dopo, se è sola, regge un

indefinito, come Dopo esser venuto, o Dopo di

esser venuto ; seguita dal Che regge l’ Indicativo, se

l’altro Verbo è di tempo passato, come Dopo ch’ ei

fu venuto, subito fu terminata ogni cosa; e regge

il Soggiuntivo , se l’altro Verbo è di tempo futu-

ro, come Si farà ogni cosa dopo ch'ei sia venuto:

nel qual caso però si può dir ancora Dopo che sarà

venuto. Lo stesso è di Tosto che, e Subito che.

Anche Senza da sè sola regge un Indefinito,

come Senza tornare; e Senzachè un Soggiuntivo,

come Senzachè torniate.

Conciossiachè, e Concioffossechè, quando equi-

valgono al cum de’Latini, vogliono sempre il Sog-

giuntivo, come Conciossiachè io debba, o con-

cioffossechè io dovessi. Quando il Conciossiachè

equivale ad Imperocchè, ammette anche l’Indicativo.

Le altre Congiunzioni lasciano il Verbo a quel

Modo, che chiede il senso, nè per sè vogliono

piuttosto un Modo, che l’altro.

 

Pagina 120

 

SEZIONE III.

DELLA COSTRUZIONE.

Nella Costruzione , ossia nella disposizione delle

parole a due cose si deye riguardare, cioè alla

chiarezza , e all’armonia.

La maniera più chiara di esporre qualunque

Proposizione è quella di metter prima il Soggetto

con tutte le sue determinazioni, e qualificazioni,

quando ne abbia, come Aggettivi, Participj, Ge-

rundj, Genitivi retti da lui, Proposizioni incidenti

ec.; indi mettere il Verbo coi suoi Avverbj, quan-

do ne abbia; dopo questo i Nomi retti dal Verbo

colle loro determinazioni, e qualificazioni, quando

essi pure ne abbiano.

Ecco in qual maniera secondo questa Costru-

zione dovrebbe disporsi la seguente Proposizione di

Monsignor della Casa; L’adulazione, spargendo le

sue menzogne di veleno dolcissimo sotto specie di

vera lode, diletta gli orecchi degli sciocchi con

lingua vana e bugiarda.

Siccome però il dispor sempre le parole se-

condo questa Costruzione rigorosa, che si chiama

Costruzione semplice , renderebbe il Discorso trop-

po nojoso: così per dargli più grazia, e leggiadria,

a Costruzione molte volte si varia , e allora si

chiama Costruzione inversa, o Inversione.

Così il Casa nella succennata Proposizione or-

dina le parole nel seguente modo: L'adulazione,

sotto specie di vera lode le sue menzogne di dol-

cissimo veleno spargendo, con vana lingua e bu-

giarda diletta gli orecchi degli sciocchi.

Bisogna però guardarsi dal variare l’ordine delle

parole in maniera , che il discorso diventi oscuro.

 

Pagina 121

 

 

Soprattutto quando in una Proposizione si trovi un

Verbo Attivo, che possa convenire del pari e al-

l'agente e al paziente, l’ agente si dee sempre

metter prima del Verbo, e il paziente dopo, co-

me nella proposizione recata altrove: Caino uccise

Abele; poichè altrimenti facendo, o la proposizio-

ne esprimerebbe tutto il contrario, come dicendo

«Abele uccise Caino, o darebbe un senso affatto

dubbioso, come chi dicesse Caino Abele uccise,

o Abele Caino uccise, dove non si saprebbe chi

sia stato nè l’ uccisore, nè l’ucciso.

Per la stessa ragione nelle proposizioni inci-

denti, quando il che possa far nascere dubbio, se

sia agente o paziente, si deve usar cui, il quale

nori può essere che paziente. Invece adunque di

dite: Abele, che Caino uccise, dove non si sa-

prebbe qual sia stato l’ucciso , si dovrà dire Abele,

cui Caino uccise, dove è manifesto che l’ucciso è l

stato Abele.

Molte volte per rendere la Proposizione più

chiara gioverà ancora il voltare il Verbo di attivo

in passivo , dicendo per esempio : Abele, che da

Caino fu ucciso.

Qualora poi dal numero , o dalla persona, o

dallo stesso significato del Verbo chiaramente ap-

parisca qual sia l’ agente , e quale il paziente, al-

lor si potrà por l uno o l'altro a piacere avanti

o dopo del Verbo. Così egualmente si potrà dire

Alessandro vinse i Persiani, e I Persiani vinse

Alessandro: e sarà pur lo stesso il dire I Persiani

che Alessandro sconfisse, o I Persiani cui Ales-

sandro sconfisse, veggendosi manifestamente dal

numero singolare del Verbo, che il vincitore è stato

Alessandro.

Oltre all’ oscurità, nella Costruzione è da schi-

varsi ancor l’affettazione. Perciò l’uso che avevano

i nostri Antichi di portar quasi sempre il Verbo in

 

Pagina 122

 

fine alla maniera de’ Latini, da’ Moderni è abban-

donato, attenendosi questi ad una Costruzione più

semplice, e più naturale. È però da distinguere la

diversità de’ componimenti, potendo ad una Ora-

zione Accademica, o ad un Panegirico esser per-

messe molte di quelle inversioni, che ad una sem-

plice Narrazione, o ad una Lettera disdirebbono.

L’Armonia del Discorso nasce 1.° dal sapere

ben temperare le vocali di suono grave, e aperto

con quelle di suono debole e chiuso, e le Conso-

nanti di spirito forte con quelle di spirito tenue.

2.° Dal ben moderare la gravità delle parole,

che han molte consonanti colla piacevolezza di

quelle che ne han poche. i

3.° Dal ben disporre, e distribuire gli accenti,

o le pose della voce, frammischiando accortamente

le parole piane alte tronche e alle sdrucciole, e

le parole corte alle lunghe.

In tutto questo però l'orecchio, e l’ esempio

de’ più colti Scrittori opportunamente imitato è

quello, che dee guidarci principalmente.

 

SEZIONE IV.

DELLE FIGURE GRAMATICALI.

 

Siccome delle altre cose suole avvenire, che in-

ventate da principio per bisogno, si volgono po-

scia ancora al comodo, ed al piacere ; così è av-

venuto pur delle Lingue. Dopo che si fu stabilito

quanto, era necessario per manifestare altrui i pro-

pri ensieri, si è voluta nel discorso ancora la

brevità, e l'eleganza. A questo fine si sono intro-

dotte nelle regole alcune alterazioni, che si chia-

man Figure, le quali sono cinque principalmente.

1. L'Ellissi, ossia Mancanza, per cui si tra-

 

Pagina 123

 

lascia qualche parola, che facilmente si possa sot-

tintendere.

2. Il Pleonasmo, ovvero Abbondanza, per

cui se ne aggiunge qualcuna non necessaria, affine

di dare al discorso maggior pienezza, o forza, ed

ornamento.

3. La Sillessi, o Concezione, per cui qual-

che Parte del discorso accordasi colle parole che

si concepiscono colla mente piuttosto che con quelle

che sono espresse.

4. L'Enallage, o Permutazione, per cui una

Parte del discorso all’altra si sostituisce.

5. L’Iperbato, o Rovesciamento, per cui si

cambia l'ordinaria loro disposizione.

 

 

CAPO I.

DELL'ELLISSI.

 

L Ellissi è di due maniere. O si lascia solamen-

te di ripetere qualche parola, che già è stata det-

ta , come: Egli è Uomo saggio, e morigerato

invece di dire: Egli è Uomo saggio, egli è Uo-

mo morigerato; e questa si chiama Zeugma, cioè

unione, perchè saggio e morigerato s'uniscono al

medesimo Nome Uomo.

O si tralascia qualche paroli del tutto, come:

Maraviglia; che se’ stato una volta savio. Bocc.,

dove si sottintende È maraviglia; e questa si

chiama propriamente Ellissi.

 

 

ARTICOLO I.

 

Zeugma.

 

Li unire più Aggettivi ad un sol Nome , come

 

Pagina 124

 

nell’ esempio di sopra arrecato, o più Nomi ad un

solo Aggettivo, come Deliziose valli e pianure,

o più. Verbi ad un solo Soggetto, come Ei legge

e scrive correttissimamente, o più Soggetti ad un

sol Verbo, come La virtù, e la dottrina forma-

no il miglior pregio d'un Uomo, sono maniere

diventate così comuni, che si riguardano come

maniere ordinarie piuttosto che come Figure.

Le regole che in ciò debbono osservarsi per

ben accordare gli Aggettivi co’ loro Nomi, e i

Verbi co’ loro Soggetti si sono pure.già indicate,

trattando delle Concordanze. 

Solo è qui da avvertire, che talora s’adopera

un solo Verbo, benchè appartenga a diverse Pro-

posizioni, e i Soggetti sieno di diversa persona, e

di diverso numero. In tal taso in Italiano il Verbo

vuol esser posto anzi nella prima, che nella se-

conda Proposizione. Laonde ove dice Cicerone :

Ille timore , ego risu corrui, da noi si dirà: Ei

cadde di timore, ed io di riso; e dove dice Vir-

gilio : Hic illius arma , hic currus fuit; noi dire-

mo : Qui furon l' armi di lei (Giunone ), qui il

cocchio.

È da avvertire eziandio, che quando,più Ver-

bi reggono un medesimo. Nome, sieno tutti della

medesima classe, onde il Nome possa a tutti con-

venire nel medesimo modo, Perciò non si dirà :

Egli attende, e impara molte cose, ma Egli stu-

dia e impara molte cose, o Attende a molte cose,

e molte ne impera.

 

ARTICOLO II.

 

Ellissi.

 

Anche mplte Ellissi propriamente dette son  di-

ventate maniere comuni. Tale è il sopprimere i

 

Pagina 125

 

Nomi personali quando, sono il Soggetto della pro-

posizione, come Vivo, Vivete invece di Io vivo,

Voi vivete. Tale è pure il sopprimere con molti

Genitivi il Nome, che li regge, come Era di sta-

te o d'inverno invece di dire Era tempo di state

o d'inverno. Le seguenti meritan maggiore osser-

vazione.

Ellisi del Nome. Cader dall'alto, Scender

al basso sottintendendo luogo. Levarsi, tacendo del

letto. Esser da molto, o da poco, cioè merito o

pregio. Durar molto , poco, troppo, cioè tempo.

Ellissi del Verbo. Via di quà; cioè va via.

Quà, cioè vieni quà. Bene, cioè sta bene. Volen-

tieri, cioè il farò volentieri. Egli giunse fin là,

ma più avanti non potè, o non seppe, o non vol-

le, si supplisca andare, o fare. Andare, o man-

dare per uno persona, o per una cosa ; maniera

usitatissima dai Toscani, sottintendendo per chia-

marla, o per prenderla.

Ellissi del Pariicipio. Misero! a che son io!

cioè ridotto.

Ellissi della Preposizione. Dar mangiare o

bere usato spesso dal Boccaccio per dar a man-

giare, o a bere. La Dio mercè, vale a dire per

la mercè di Dio. Vi ha soppressione della prepo-

sizione per quando si usa chè invece di perchè ;

della preposizione in quando che significa in cui,

come nel tempo che il tale vivea. Coi pronomi

costui , costei, costoro abbiam già notato, come

spesso si sopprima la preposizione di , e coi pro-

nomi cui, e altrui anche la preposizione a.

Ellissi della Congiunzione. Il che specialmente

dopo i Verbi temere, dubitare, e parere spesse

volte si ommette, come: Dubitava, o temeva non

gli avvenisse alcun male; Parmi non sia ancor

tempo. Le congiunzioni pure, e così correlative di

sebbene e siccome si ommetteno anch’ esse ove la

 

Pagina 126

 

proposizione  precedente sia breve, e però facil-

mente si possano sottintendere, come Sebbene fos-

se stretto da ogni parte, se ne fuggì; Siccome

temeva qualche mala ventura, non volle restare.

Si sopprime non di rado anche perciò , come: Il

tempo minaccia, conviene affrettarci. L’e, e l'o

si tacciono spessissimo, spezialmente quando più

aggettivi, o più nomi s'uniscono insieme, nel qual

caso la congiunzione non si dà per lo più che al-

l' ultimo.

Ellissi dell’Interposto. Misero me! Lasso me!

Beato lui! sottintendendo oh, o ahi.

In molti de’ Neutri che sogliono accompa-

gnarsi coi Nomi personali questi pure si tacciono,

dicendo Affondare per affondarsi; Agghiacciare

per agghiacciarsi; Aggravare per aggravarsi, peg-

giorar nella malattia; Ammalare per ammalarsi;

Annegare per annegarsi; Annighittire per anni-

ghittirsi; Impoverire per impoverirsi; Infermare

per infermarsi; Prosperare per prosperarsi; Sbi-

gottire per isbigottirsi, e simili, di cui parecchi

esempi si trovano massimamente presso gli Antichi.

 

CAPO II.

DEL PLEONASMO.

 

A questa Figura riduconsi quelli che si chiaman

ripieni , o particelle riempitive, di cui altre s'ado-

prano per dar maggior forza al discorso, altre per

semplice ornamento.

Pleonasmi del primo genere sono i seguenti:

ECCO, come Ecco io non so ora dir di

no. Boccaccio.

BENE, come Gl' involò ben cento doppie.

BELLO, come Le portò cinquecento be' fio-

rini d'oro. Bocc.

 

Pagina 127

 

 

PURE, come Il dirò pure; Pur così fosse;

Pur finalmente l' ho giunto.

GIA’, come Già Dio non voglia che ec. Se

già non fosse ec.

MAI, come Mai sempre per sempre; Mai

sì ; mai no per sì, no.

MICA e PUNTO, come Una nè dirò non

mica d'Uomo di poco affare. Bocc. Tedaldo non

è punto morto. Bocc.

TUTTO, come Il giovane, tutto solo. Bocc.

Tutto a piè fattosi loro incontro. Bocc.

UNO, come Se i miei argomenti frivoli già

tenete , quest' uno solo ed ultimo a tutti gli altri

dia supplemento. Bocc.

ORA, come Deh or t'avessero essi affogato.

Bocc.

ALTRIMENTI, come Io non so altrimenti

chi egli siasi; Egli nol volle fare altrimenti.

IO, TU ec. replicati due volte, come Io il

so bene io quel che farò; Tu il vedrai bene tu ec.

Pleonasmi di semplice ornamento sono :

EGLI, EI, E', ed ELLA, di cui i tre pri-

mi si usano in ambi i generi, e numeri, come

Egli non è cosa strana; Egli vi sono molti: il

quarto solamente nel femminile, come Ella è cosa

rara. Nello stil famigliare e nel burlesco invece

di Egli si usa anche Gli, e di Ella La, come

Gli è grande; La non è piccola.

MI, TI, SI, CI, VI, NE o soli, o uniti

con LA, come Tu di quà te n'andrai ben tosto;

Io non so più che mi dire; Ei se la vive tran-

quillamente.

ESSO, come Sovr' esso il ponte; Lungh'esso

il fiume ; Essolui, Essolei, Essoloro.

CON, come Con meco, Con teco, Con seco;

e nel Boccaccio si trova ancora Con esso teco.

SI', come Se ti piace, sì ti piaccia; se non

 

)

 

Pagina 128

 

sì te ne sta. Bocc. Questa voce però qualche vol-

sa equivale ad Anche, come Oltre a quello, ch'egli

fu ottimo filosofo morale, sì fu egli leggiadrissi-

mo, e costumato. Bocc.; e qualche volta a certa-

mente, come Pognamo che altro male non ne se-

guisse, sì ne seguirebbe, che mai in pace nè in

riposo con lui viver potrei. Bocc.

NON, come Non so nulla; Non v'ha niuno.

Nè non credeste; Temo non m'avvenga alcun ma-

le; Non dubito ch' ei non abbia a tornar presto.

DOVERE , VENIRE, ANDARE, come

Richiese a' Cherici di là entro, che ad Abram

dovessero dar il battesimo, cioè dessero. Bocc.

Gli venne trovato un buon Uomo, cioè trovò.

Bocc. Vanno fuggendo quello che noi cerchiamo,

cioè fuggono. Bocc. Spesso però i Verbi andare,

e venire uniti al gerundio d’un altro Verbo espri-

mono il frequentativo; così Più volte la medesima

cosa gli venne, o gli andò dicendo equivale al

Latino Dictitavit.

I Francesi si valgono pure del Verbo Andare

per significare un futuro prossimo, come Je m'en

vais vous dire comme cela est arrivé; e del Verbo

Venire per significare un passato prossimo, come

Ce que je viens de vous dire. Alcuni servili imi-

tatori de' Francesi usan anch'essi: Vi vado a dire

come ciò è accaduto, e Quel che vengo di dirvi;

ma i buoni Scrittori rifiutano così fatti France-

sismi, e nel primo caso useranno invece: Eccomi

a dirvi, o Mi farò a dirvi, o Verrò dicendovi

come ciò è accadutò; e nel secondo Quel che v'ho

detto or ora, o pur ora.

 

Pagina 129

 

CAPO III.

 

DELLA SILLESSI.

 

La Sillessi occorre principalmente negli Agget-

tivi, e ne' Verbi, allorchè questi discordano dai

Nomi espressi nel discorso, e s' accordano invece

con altri Nomi,gche si concepiscono col pensiero.

Una Sillessi negli Aggettivi è l’usare il Pleo-

nasmo Egli in ambi i generi, e i numeri, e unir

Esso con Lei, e con Loro. Presso gli Antichi si

legge ancora Trovato una spada , Gettato più

dardi, il che ora però sarebbe affettazione.

Sillessi nei Verbi è quella di mettere il Ver-

bo avere usato nel significato di essere al numero

singolare , ancorchè il soggetto sia plurale , come

Assai pochi vi ha che nol veggano, all' incontro

quella di unire un Verbo plurale ad un Nome col-

lettivo singolare, come Il popolo a furore corso

alla prigione lui n’avevano tratto fuori. Bocc.; e .

lo stesso far pare quando un Nome singolare ha

qualche altro esprimente compagnia , per esempio:

Il Re co’ suoi compagni rimontati a cavallo al

reale ostiere se ne tornarono. Bocc.

Sillessi dell’Aggettivo insieme, e del Verbo è

quando si dice; Parte di essi fuggirono spaven-

tati, perte ne furon presi ed uccisi.

 

CAPO IV.

 

DELL’ ENALLAGE.

 

La sostituzione più frequente, che in Italiano sì

trovi è quella dell’Aggettivo in luogo dell'Avver-

 

Pagina 130

 

bio, come Chiaro conosco per chiaramente; Ti

dico aperto invece di apertamente; Temo forte

per fortemente; Dolce parla e dolce ride per

dolcemente.

Un’ altra è quella del Participio in luogo del-

l'Indefinito, come Fece veduto a’ suoi sudditi.

Bocc. per fece vedere; o dell’ Indefinito in luogo

del Soggiuntivo, come Qui ha questa cena, e non

saria chi mangiarla. Bocc. invece di chi la man-

giasse: o dell’ Imperfetto del Soggiuntivo in luogo

del Trapassato, come Alzò questi la spada , e

ferito l'avrebbe, se non fosse uno che stava ritto

innanzi, che lo tenne per lo braccio. Bocc. invece

di se non fosse stato; o finalmente dello stesso

Indefinito in luogo dell Imperativo nelle proposi-

zioni; negative, come Non far ed altri quello che

a te non vuoi che sia fatto.

All' Enallage appartiene puranche il sostituire

che fanno i Grandi il Noi all’ Io, come Noi vo-

gliamo o comandiamo, e il sostituire che  fassi

comunemente il Voi al Tu, dicendo Vi prego,

vi esorto parlando ad una sola Persona invece di

Ti prego, ti esorto.

 

CAPO V.

DeLL'IPERBATO.

 

Cinque specie d' Iperbato da'Gramatici si distin-

guono.

1. L’Anastrofe, cioè trasposizione, che è il

porre avanti una parola, che si dovrebbe por do-

po, come La pur dirò invece di la dirò pure;

La vi ho data invece di ve l'ho data.

2. La Tmesi, che è il dividere una parola

frapponendone qualcun' altra, come Acciò dunque,

che veggiate invece di acciocchè dunque,

 

Pagina 131

 

 

3. La Parentesi, ch'è l’interrompere una

Proposizione , mettendone di mezzo un’ altra, per

esempio Io opposi le forze mie (come Iddio sa}

quanto potei. Bocc. Le Parentesi però vogliono

esser corte, perchè non rompano l’ ordine della

Proposizione principale, e quando la necessità pur

richiegga , che vengan lunghe, si debbon ripetere

le parole precedenti alla Parentesi per ripigliare

il filo della principale Proposizione.

Le altre due maniere d’iperbato , che sono

la Sinchisi, cioè confusione di costruzione, e l' A-

nacoluton, cioè inconseguenza , che è il mettere

una voce isolata e senza corrispondenza, sono anzi

difetti, che figure o proprietà di linguaggio, e si

debbono perciò schifare.

Resta ad osservare riguardo alle Figure in

genere, che siccome esse a rigore sono altrettante

irregolarità; così debbonsi usar parcamente. Chi ne

fa un abuso soverchio oltre al cadere nell’ affetta-

gione, dee introdurre necessariamente ne’ suoi di-

scorsi della confusione, e della oscurità.

 

 

APPENDICE.

De Sinonimi, e delle Parole, che si usano

in più sensi diversi.

 

In una Lingua esatta ogni idea aver dovrebbe il _

suo distinto vocabolo, di modo che nè più parole

si usassero a significare una medesima idea,

nè si adoperasse una stessa parola ad esprimere più

idee diverse. Ma niuna Lingua gode di questa

esattezza; e la nostra fra l'altre come abbonda di

termini, che si adoperano in un medesimo senso,

e che perciò si chiaman Sinonimi: così spesse

volte si serve pure di un medesimo termine in più

sensi tra lor differenti.

 

Pagina 132

 

Ben è vero che chi esaminasse attentamente

il significato preciso de’ vocaboli, che si usano co-

me sinonimi, troverebbe fra loro delle differenze,

per cui i veri sinonimi si ridurrebbero forse a pic-

col numero. Ma ciò richiederebbe lunghissimo stu-

dio, e sarebbe da eseguirsi in un nuovo Vocabo-

lario , che intitolar si potrebbe. Vocabolario de Si-

nonimi, come ha fatto per la Lingua Francesé

l'Ab. GERARD.

Noi qui ci contenteremo di darne un saggio,

o esponendo alcuni di que’ termini, che frequente-

mente s' adoprano come sinonimi, benchè abbiano

realmente fra loro una significazione distinta: a cui

soggiugneremo alcuni di quegli altri, dove per

lo contrario più significati diversi s’esprimono colla

medesima voce.

 

SINONIMI APPARENTI.

 

ABBORRIRE, ABBOMINARE. L’abborrire

importa soltanto una forte avversione; l'abbominare

importa eziandio una forte disapprovazione. Uno

abborrisce la schiavitù; abbomina la tirannia.

 

AUSTERITA’, SEVERITA’, RIGORE. Al-

l' austerità si oppone la mollezza ; alla severità il

 

rilassamento; al rigore la clemenza. Un anacoreta

è austero nel suo vivere ; un padre è severo nella

educazione de’ suoi figli; un giudice è rigoroso

nelle sue sentenze.

BASTANTE, SUFFICIENTE. Il bastante si

riferisce alla quantità che uno desidera; il suffi-

ciente all'uso che deve farne. All’uomo avido nulla

è mai bastante, ancorchè abbia più di quel che è

sufficiente a bisogni della natura.

COSTUME, ABITO, Il costume riguarda

l'azione; l’abito riguarda l'agente. Per costume noi

intendiamo la frequente ripetizione del medesimo

 

Pagina 133

 

atto; per abito l’effetto che questa ripetizione pro-

duce sull’animo © sul. corpo. Il costume d'andar a

spasso, o di starsene colle mani in mano, fa acqui-

star l’abito all’ ozio.

DESISTERE, RINUNZIARE, LASCIARE,

ABBANDONARE. Ognuno di questi termini im-

porta cessazione dal tener dietro a qualche oggetto,

ma per diversi motivi. Noi desistiamo per la diffi-

coltà d’ ottenere; rinunziamo per qualche disgusto

sopravvenuto; lasciamo per appigliarci a qualche

altra cosa che più ne piace; abbandoniamo perchè

la cosa ci è di peso. Un Politico desiste da' suoi.

disegni, quando li trova impraticabili; rinunzia

l'impiego, quando ha ricevuto alcun torto; lascia

l'ambizione per amore della tranquillità; abbando-

na il servigio , allorchè invecchia, o che più non

può sofferirne il peso.

DISTINGUERE, SEPARARE. Noi distin-

guiamo tutto ciò che non confondiamo con altre

cose; separiamo che stacchiamo da quelle. Gli

oggetti son distinti l’ un dall’altro per le lor qua-

lità; son separati per la distanza di luogo o di

tempo.

EQUIVOCO, AMBIGUO. Espressione equi-

voca è quella che ha un senso palese inteso da

tutti, e un senso occulto inteso soltanto dalla per-

sona che l’usa. Espressione ambigua è quella, che

ha palesemente due sensi, e ci lascia in dubbio

qual le si debba applicare. Un uomo onesto non

userà mai un’ espressione equivoca ; un uom con-

fuso spesso proferirà delle frasi ambigue senza av-

vedersene.

INTERO, COMPIUTO. Una cosa è intera

quando mon manca niuna delle sue parti; è com-

piuta quando non manca nulla di ciò che le spet-

ta Uno può aver per sè solo un’ intera casa, o

non aver niuno appartamento compiuto.

 

Pagina 134

 

INVENTARE, SCOPRIRE. Si inventano le

cose nuove, e si scoprono quelle che prima eran

nascoste. Galileo ha inventato il telescopio; Har-

vey ha scoperta la circolazione del sangue.

ORGOGLIO, VANITA’. L'orgoglio fa che

abbiamo soverchia stima di noi medesimi ; la va-

nità che cerchiamo soverchiamente la stima degli

altri. Perciò fu detto di taluno: Egli è troppo or-

goglioso per esser vano.

SORPRESO, ATTONITO, STUPEFATTO.

Io son sorpreso da ciò che è nuovo o inaspettato;

attonito di ciò che è vasto o grande; stupefatto

di ciò che mi riesce incomprensibile.

OSSERVARE, NOTARE. Si osserva in via

d’ esame per giudicare; si nota in via d’attenzione

per ricordarsi Un Generale osserva tutti i movi-

menti del suo nemico; un Viaggiatore nota tutti

gli oggetti, che più lo feriscono. |

TRANQUILLITA', PACE, CALMA. La

tranquillità è una situazione libera da ogni turba-

mento considerata in sè stessa; la pace è la me-

desima situazione considerata rispetto alle cagioni

che posson turbarla; la calma rispetto ai turba-

menti che l'han preceduta. L’uomo dabbene gode

tranquillità in sè stesso, pace cogli altri, e calma

dopo le tempeste.

UNICO, SOLO. Una cosa è unica quando

non ve n' ha alcun’ altra della medesima specie: è

sola quando non è accompagnata da altre. Un fi-

gliuol unico da’ premurosi genitori non sì lascia

mai solo.

 

VERBI ADOPERATI IN DIVERSI SENSI.

 

Questi son molti; è come il volerli tutti an-

noverare ne porterebbe assai in lungo, sceglieremo

soltanto i principali.

 

Pagina 135

 

ACCATTARE oltre al significato di mendi-

care ha quello aricora di prendere in prestanza.

Accattato da lei un mortajo, il rimanda. Bocc.

ADAGIARE s adopera per fornire uno di

qualche cosa. Gli ebbe di tutta ciò , che bisognò

loro, e di piacere era, fatti adagiare. Bocc.

AGGIUNGERE si usa invece di giungere.

Quando aggiugnerò io alla liberalità delle gran

cose di Natan ? Bocc.

AMAR MEGLIO s'adopera per voler piutto-

sto. Io amo molto meglio di dispiacere a queste

mie, carni, che ec. Bocc.

ANDARNE LA VITA, o LA TESTA si-

gnifica essere stabilita per alcuna cosa la pena di

morte, o esserne in pericolo la vita. Come fostù

sì folle, che tu confessassi quello che tu non fa-

cesti giammai, andandone la vita? Bocc.

APPORRE si usa per incolpar uno a torto.

Il marito poteva per altra cagione essere cruc-

ciato con lei, e ora apporle questo per iscusa di.

sè. Bocc.

APPORSI vale, indovinare. E venne immagi-

nandosi, e s'appose, Ch'ella fosse sua moglie,

ei suo marito. Malmantile.

 

ATTENERE si usa per appartenere. L' ere-

dità s'attenerà a mè. Ambra. Per esser Parente,

Erede, d'uno, che non t'attiene quasi nulla. Sal-

viati. Per tenersi, stare ad una cosa. Attenendosene

Salabaetto alla sua semplice promessione. Bocc.

AVERE s’adopera per riputare. Gli diede la

sua benedizione, avendolo per santissimo Uomo,

Bocc. Per ottenere, o procacciare. Ebbe un ca-

vallo, e da'suoi fanti il fece vivo scorticare. Nov.

Ant. Per ritenere. Disse alla buona femmina,

che più di cassa non aveva bisogno , ma che se

le piacesse, un sacco gli donasse, e avessesi quel-

la. Bocc. Per intendere, o sapere. Donna, io ho

 

Pagina 136

 

avuto du lui, che egli non ci può essere qui do-

mane. Bocc.

AVVENIRSI si usa, per abbattersi, Ovunque

con persona a parlar s' avveniva. Bocc. Per gio-

vare. Oh come s'avvenne al savio Uomo d'esser

cauto! Guido Giudice, Per convenire, star bene.

Se ella va, ha grazia ec. Finalmente e'se le av-

viene ogni cosa maravigliosamente. Firenzuola.

AVVISARSI per accorgersi. Gentiluomo, av-

visiti tu di nessuno che queste cose ti faccia?

Franco Sacchetti. Per deliberare S' avvisò di far-

gli una forza da gualche ragion colorata. Bocc.

E per credere, o essere di parere, nel qual senso

s'adopera anche avvisare , o esser d' avviso.

CONDURRE per indurre. Con la maggior

fatica del mondo a prendergli, ed a mangiare la

condusse. Bocc.

CONFORTARSI per concepir fiducia. Come

costei l’ebbe veduto, così incontanente si confortò

di doverlo guerire. Bocc.

CONOSCERSI per intendersi, aver perizia.

Per quello che mi dice Boliette, che sai che si.

conosce così bene di questi panni sbiavati.

CONSENTIRE per concedere, permettere.

Prima soffrirebbe di essere squartato, che tal cosa

nè in sè, nè in altrui consentisse. Bocc.

CONTENDERE per vietare, impedire. Con-

tesono loro il passo. Gio. Villani. ‘

CRESCERE per accrescere. E crebbono assai

la città di Pisa. Gio. Villani. Per allevare. Come

figliuola cresciuta m'avete. Bocc.

DOMANDARE per interrogare. Alessandro

domandò l'Oste là dove esso potesse dormire,

Boccaccio.

ESSERE per andare. I pùrenti dell'una par-

te e dell'altra furono a lui, e con dolci parole

il pregarono. Bocc.

 

Pagina 137

 

FARE si usa per risvegliare l’idea di qualun-

que Verbo precedente. Così lei popparono, come

 

la madre avrebber fatto. Bocc. cioè poppato. Sul

sar del giorno o della notte vuol dire sul comin-

ciare. Or fan sedici anni, significa or son compi-

ti. Far forza vale importare. Disse il Zeppo: Egli

è ora di desinare di questa pezza; Spinelloccio

disse : Non fa forza, io ho altresì a parlar se-

co d'un mio fatto. Bocc. In questo senso usasi

anche il solo fare. Che vi fa egli, perchè ella so-

pra quel verron si dorma? Bocc.

FARSI vale innoltrarsi. Fattasi alquanto per

lo mare. Bocc: e affacciarsi. Nè posso farmi nè

ad uscio, nè a finestra. Bocc. Fatti con Dio vale

resta,o vanne con Dio, modo di salutare o di

licenziare. Meuccio, fatti con Dio, ch'io non

posso più stare teco. Bocc.

GIOVARE si usa alla maniera latina per

piacere. Poichè Filostrato ragionando in Romagna

è entrato, a me per quella similmente gioverà

d' andare alquanto spaziandomi. Bocc.

MENARE SMANIE, MENAR ORGOGLIO

significa smaniare, insuperbire. Nè invaghì sì for-

te, che egli ne menava smanie. Bocc. Desidera-

bile è la nobiltà, ancorchè di lei sola alcun non

debba menar orgoglio. Carlo Dati. Menar la vita

significa vivere.

METTERE gi usa in senso neutro per isboc-

care. Per l’ aggiunto di più fiumi, che di sotto

a Firenze mettono in Arno. Gio Villani.

MONTARE vale importare, e s’adoperà nel

medesimo senso anche levare, e rilevare. Ta di-

resti, e io direi, e alla fine niente monterebbe.

Bocc. Assalivano l'oste, ma poco levava, sì ave-

va Castruccio afforzato il campo. Gio. Villani.

La legge natural nulla rileva. Dante.

MORIRE si usa nei passati per uccidere,

Ohimè! ella m'ha morto. Bocc.

 

Pagina 138

 

MOSTRARE si adopera per sembrare ; ap-

parire Non è perciò così da correre, come mo-

stra, che voi vogliate fare. Bocc.

MOVERE per andare. Or movi, non smar-

rir l'altre compagne. Petrarca.

PARTIRE per allontanare. Egli aveva l’ a-

nello caro, nè mai da sè il partiva. Bocc.

E per dividere. Il del paese, Che Appennin

parte, il mar circonda e l’Alpe. Petrarca.

PENARE per avere difficoltà. Mentre ch' io.

penerò a uscir dell'arca, egli se ne anderanno

pe’ fatti loro. Bocc.

PICCARSI per offendersi di qualche cosa.

Non ti piccar di ciò, Malmantile. E per preten-

dere di ben saperla. Allo stesso Socrate era fatta.

qualche domanda: delle cose naturali e divine ec.

delle quali il medesimo Filosofo non si piccava.

Salvini.

PORRE, o PORSI IN CUORE per delibe-

rare. Tra loro hanno posto d' uccidermi. Franco

Sacchetti. Io mi posi in cuore di darti quello ,

che tu andrai cercando. Bocc.

PORTARE per esigere, richiedere. Secondo

che la stagione portava. Bocc. Portare in pace.

val sopportare. Portatelo in pace. Bocc.

PRENDERE per intraprendere. incomincia-

re. Lasciatami prestamente presero a fuggire,

Boccaccio.

RECARE per indurre. Io mi crederei in bre-

ve spazio di tempo recarla a quello, che io ho

già dell' altre recate. Bocc.

RECARSI posto assolutamente vale offender-

si. E recaronsi, che gli Aretini avessero loro

rotta la prece. Gio. Villani.

RICHIAMARSI s'adopera per dolersi. Io son

venuto a richiamarmi di ni d'una valigia, la

quale egli m'ha imbolata. Bocce.

 

Pagina 139

 

RICOVERARE s’adopera per rifugiarsi. Co-

me vide correre al pozzo, così ricoverò in casa,

e serrossi dentro. Bocc. S'adopera anche per ri-

cuperare

RICORDARE si usa per nominare. Perchè

ricordavàate voi o Dio, o i Santi? Bocc. E vale

anche consigliare, ammonire.

RIMANERSI s’adopera per cessare. Vanno

ad incantore con una orazione, ed il picchiar si

rimane. Bocc.

RIPOSARSI vale lo stesso. Riposandosene

già il ragionare delle donne , comandò il Re a

Filostrato che procedesse. Bocc.

RIPIGLIARE, e RIPRENDERE valgono

rimproverare. A voi sta bene di così fatte case.

non che gli amici, ma gli strani ripigliare. Bocc.

RITRARRE da uno val somigliarlo. Da quel-

la antica madre non ritrai, Che al mondo di-

mostrò la sua potenza. Franco Sacchetti.

 

ROMPERE usato assolutamente vale far nau-

fragio. Laddove dovreste riposare , per lo impeto

del vento rompete, e perdete voi medesimi. Dante,

RUBARE si usa per ispogliare. Molto ben

sapeva la cui casa stata fosse quella, che Gui-

dotto aveva rubata. Bocc.

SENTIRE s’ adopera per conoscere. Quel che

tu vali, e puoi, Credo che il senta ogni gentil

persona. Petrarca. E per aver qualità. Io il qual

sento dello scemo anzi che no, più vi debbo esser

caro. In questo senso adoprasi anche avere, come

Egli ha dello scemo, o del pazzo : e tenere, co-

me nel Boccaccio: Tenendo egli del semplice.

Sentire avanti vale saper molto. Tu se’ saviissi-

ma, e nelle cose di Dio senti molto avanti. Bocc.

SOPRASTARE si usa per indugiare. Delle

sette volte le sei soprastanno tre o quattro anni

di più, che non debbono a maritarle. Bocc.

 

Pagina 140

 

SOSTENERE per comportare, o permet-

tere. Vollele far la debita riverenza; ma ella nel

sostenne. Bocc.

SPERARE per aspettare. Del quale sapeva,

che non si doveva sperare altro che male. Bocc.

STAR BENE ad uno val convenire. Io non

son fanciulla, alla quale questi innamoramenti

stieno oggimai bene. Bocc. Stare si usa anche

per consistere. In questo sta la dignità e l'eccel-

lenza della Vergine Maria sopra gli altri Santi.

Passavanti.

STARSI val intertenersi. Perciò sfatti piana-

mente fino alla mia tornata. Bocc. E astenersi

dal far qualche cosa. Sì è meglio fare e pentere,

che stare e pentersi. Bocc.

TENERE all’imperativo sì usa per pigliare.

Te' (cioè tieni) questo lume, buon Uomo. Bocc.

E per giudicare. Corrado avendo costui udito si

maravigliò, e di grand' animo il tenne. Bocc.

Tener uscio , porta; entrata, e simili s' adopran

per vietare. E quale uscio ti fu mai in casa tua

tenuto ? Bocc. Tener favella vale restar di parlare

ad alcuno per isdegno. La Belcolore venne in

iscrezio col Sere, e tennegli favella infino a ven-

demmia. Bocc. Tener credenza vale tener segreto.

Se io credessi , che tu mi tenessi credenza, io ti

direi un pensiero, che io ho avuto più volte. Bocc.

TENERSI val trattenersi, fermarsi. Di Fi-

renze usciti non si tennero , sì (cioè finchè non)

furono in Inghilterra. Bocc.

TOCCARE per commovere. Questo ragiona-

mento, con gran piacere toccò l'animo dello Aba-

te. Bocc.

TOGLIERE per prendere. Togli guel mor-

tajo, e riportalo alla Belcolore. Bocc.

TORNARE per riporre. Tacitamente il tor-

narono nell'avello. Bocc. Per ridondare. Ogni vi-

 

Pagina 141

 

zio può in grandissima noja ternare di colui che

l'usa. Bocc. Tornar bene vale giovare, convenire.

TRAPASSARE per morire. Il quale non

istette guari che trapassò. Bocc.

TRARRE per accorrere. Quasi al rumor ve-

nendo colà trassero. Bocc.

VALERE per giovare. La Regina le avea

ben sei volte imposto silenzio , ma niente valea.

Bocc. E per meritare, Ch'io ami, questo non de-

ve essere maraviglia ad alcuno savio , e spezial-

mente voi, perciocchè voi il valete. Bocc.

VENIRE per divenire. E crescendo Proneo

venne sì bello della persona, che ec. Bocc. Per

uscirne odore. Dianzi io imbiancai miei veli col

solfo , sì che ancor ne viene. Bocc. per riuscire.

Tanto più viene loro piacevole, quanto maggiore

è stata del salire e dello smontare la gravezza.

Boccaccio.

VOLERE si usa per dovere. Questi Lom-

bardi non ci si voglion più sostenere, cioè non

ci si debbono. Bocc. Voler essere vale esser per

essere. Per trattato de’ Tarlati ‘usciti d'Arezzo

volle essere tradito, e tolto a'Fiorentini il castel-

lo di Laterino, cioè fu per essere. Gio. Villani.

USARE s' adopera per frequentare. Usava

molto la chiesa. Bocc. E per conversare. Quanto

più uso con voi, più mi parete savio, Bocc.

NOMI E AGGETTIVI USATI IN DIVERSI SENSI.

Di questi non faremo che accennarne alcuni

pochi.

FATTO s'adopera.per nome, personaggio,

cosa ec. Qualche gran fatto deve esser costui, che

ribaldo mi pare. Bocc.

PECCATO per male in genere, danno, di-

sordine. Gran peccato fu, che a costui ben n'av-

venisse Bocc.

 

Pagina 142

 

PEZZA significa spazio di tempo. Fgli è

gran pezza, che a te venuta sarei. Bocc. lo stesso è

vale anche pezzo. Io mi veniva a star teco un

pezzo. Bocc.

BELLA e VECCHIA aggiunti a paura signi-

fican grande. Per bella paura si rappatumò con

lui. Bocc. E fece a tutti una vecchia paura. Pulci.

SOLENNE è usato.dal Boccaccio per grande,

eccellente, straordinario , e da lui si aggiunge a

dono, convito , uomo , giocatore, bevitore ec.

Quanto alle Preposizioni; agli Avverbj, alle è

Congiunzioni , e agl’ Interposti già abbiam dimo-

strato a’ loro luoghi i significati diversi, in cui si

sogliono adoperare.

 

Pagina 143

 

 

GRAMATICA

RAGIONATA

DELLA LINGUA ITALIANA

 

LIBRO III.

DELLA ORTOEPIA O RETTA PRONUNZIA.

INTRODUZIONE.

 

La Pronunzia è sì diversa nelle diverse Provin-

cie dell’Italia, che troppo difficil cosa sarebbe, e

pressochè impossibile l' assegnarne regole certe e

precise. Quella che è tenuta in maggior pregio si

è la pronunzia de’ Romani, e de’ Tuscani, singo-

larmente de’ Sanesi, ma'questa medesima non può

apprendersi che coll’ uso. Noi dunque non farem

qui che alcune generali osservazioni, le quali se

non varranno ad insegnar la vera maniera del pro-

nunziare, gioveranno almeno a schifarne ì princi-

pali difetti.

Le Parole sono composte di Sillabe, e queste

di Lettere. Or per sapere in qual modo e le Let-

tere, e le Sillabe, e le Parole abbiansi a pronun-

ziare, è necessario il determinare primieramente

che cosa per esse abbiasi ad intendere.

Le Parole sona le Voci, o unioni di Voci,

 

Pagina 144

 

di cui ci serviamo per manifestare ad altri le no-

stre idee.

Diciamo Voci, o unioni di Voci, perchè

alcune Parole consistono in una voce sola, altre

son l'unione di più Voci distinte. Re per esempio

contiene una sola Voce; Mure ne contien due ,

MA, e RE; Amare ne contien tre A#MA RE.

Ogni Voce proferita con una distinta emissio-

ne di fiato si chiama una Sillaba.

E perciò le Parole, che sono formate di una

sola Voce, come Re, si dicono monosillabe; quelle

che son composte di due, come Mare, si chiaman

dissillabe, o bissillabe; quelle che ne contengono

tre, come Amare si dicono trisrillabe; e general-

mente tutte quelle, che comprendono più d'una

Voce, si chiamano polisillabe.

Ma le Voci non tutte si proferiscono allo

stesso modo.

Alcune si pronunziano con una semplice aper-

tura di bocca, come A; altre col premettervi qual-

che movimento particolare delle labbra, o della

lingua (a), come MA, e RE.

Le prime si dicono Voci semplici; le secon-

de si dicono Voci articolate, perchè son prece-

dute dai movimenti anzidetti, che chiamansi Arti-

colazioni.

Ma siccome noi abbiamo spesse volte bisogna

di manifestare i nostri pensieri a Persone lontane,

a cui non può giugnere la mostra Voce: così per

supplirvi si è inventata l’arte di scrivere, cioè

quella di rappresentare con alcune figure segnate o

 

(a) In alcune hanno parte eziandio i denti, il

naso ec. come vedremo, ma sempre dipendente-

mente dai movimenti delle labbra, o della lingua.

 

Pagina 145

 

sulla carta, o su d’ altra materia, le diverse. Voci

o semplici, o articolate, di cui è composta ogni

Parola.

Queste Figure si chiamano Lettere; e l'atto,

in cui vedendole si proferiscono le Voci ad esso

corrispondenti, si chiama leggere.

Ma qui si osservi, che le Voci semplici, co-

me A, si rappresentano con una Lettera sola; le

Voci articolate, come MA, e RE , si rappresen-

tano con più Lettere, altre delle quali, come M,

e R indican le Articolazioni, che si premettono

alle Voci; altre, come A, ed E indican le Voci

stesse, che a lor succedono.

Le Lettere adunque altre rappresentan le Vo-

ci, ed altre le Articolazioni.

Quelle che rappresentan le Voci, si chiaman

Vocali ; e nella Lingua Italiana son cinque A, E,

 

I, O, U.

Quelle, che rappresentano le Articolazioni, si

chiamano Consonanti; e nella Lingua Italiana son

diciassette, vale a dire B, C, D, F, G, H, J,

L, M, N, P, Q, R, S, T, V, Z.

Le prime si dicon Vocali, perchè esprimono

le stesse Voci, e si proferiscono da sè sole.

Le seconde si chiamano Consonanti, perchè

esprimono le Articolazioni, che non si possono

proferir da sè sole, ma che fan suono insieme

colle Vocali, a cui sono congiunte.

Infatti per quanto uno prepari le labbra per

proferire la Lettera B, non ne uscirà mai niun

suono , finchè non v'aggiunga qualche Vocale, di-

cendo BA, o BE.

Quindi è che per nominare le Consonanti è

necessario aggiungervi qualche Vocale.

I Toscani le nominan bi, ci, di, effe, gi,

acca, je, elle, emme, enne, pi, qu, erre, essa,

ti, ve, zeta.

 

Pagina 146

 

Gli altri Italiani le nominan più comunemente

be, ce, de, ef, ge, acca, je, el, em, en, pe,

qu, er, es, te, ve, zeta.

Le Lettere anticamente non significavano che

le figure; o i segni, con cui si rappresentano in

iscritto le Voci, e le Articolazioni.

Ora però questo nome si adopera ancora per

significare le stesse Voci, e le stesse Articolazioni.

Quindi allorchè si dice le Lettera A, la Let-

tera Bi, o la Vocale A, la Consonante B; ora

s'intende di esprimere le figure A, e B, ed ora

la Voce , e l' Articolazione , che da queste figure

sono rappresentate.

Noi abbiamo creduto necessario l'avvertirlo e

per maggior istruzione, e perchè noi medesimi ci

serviremo del nome Lettrra or nell' uno, or nel-

l’altro significato, facendo però in modo, che si

distingua sempre bastantemente in quale, dei due

significati si abbia a prendere (a).

 

CAPO I.

DELLA PRONUNZIA DELLE LETTERE.

 

ARTICOLO I.

DELLE VOCALI.

 

Le Vocali nella Lingua Italiana non sono che le

cinque già accennate A, E, I, O, U.

 

(a) In qualche Parte d'Italia le Lettere si chia-

man Parole, e si dice la Parola A, la Parola B.

È troppo necessario il ben distinguere i termini

per non confonder le cose, MARE è una Parola;

MA, e RE sono due Sillabe; M, A, R, E sono

quattro Lettere.

 

 

 

Pagina 147

 

Ne' Libri Latini se ne trova un'altra , cioè Y

(ipsilon), che però da noi si pronunzia come I (a).

Il diverso suono delle Vocali nasce dalla diversa

apertura delle labbra, della bocca, e della gola (b).

L’A è la Vocale, in cui queste tre parti re-

stano più aperte.

Nel proferir l'E, che si chiama targa, o a-

perta, si stringono un pochetto la gola, la bocca,

e le labbra; e la lingua che nell’A ordinariamente

si tiene un po’ sollevata, nell'E si spinge un po'

innanzi verso ai denti inferiori.

Tutto questo si fa maggiormente nel pronun-

ziare l'E, che si dice stretta o chiusa.

Più ancora nel pronunziar l'I.

Nell'O largo, o aperto si rotondan le lab-

bra ; e la bocca, e la gola si aprono a un di

presso come nell’A.

Per l'O stretto, o chiuso si stringe alcun po-

co la bocca, e la gola; e le labbra più strette,

e più rotondate sì spingono un po’ in fuori.

Questo si fa ancor maggiormente nel proferir

l'U Toscano.

E vie più nel proferir l'U Francese, o Lom-

bardo.

Difetti nella Pronunzia delle Vocali.

L'U Francese, o Lombardo è uno de’ prin-

cipali difetti da doversi schivare nel leggere, e nel

parlare la Lingua colta d'Italia.

Convien però fare attenzione , che per fuggir

l'U Lombardo non si passi all' estremo opposto , a

 

(a) L'Y propriamente è Lettera Greca, e dai

Latini non si usava appunto che nelle parole deri-

vate dal Greco.

(b) La parte della gola, che serve principal-

mente alla diversa modificazione dei suoni, è quella

che si chiama laringe, e volgarmente pomo d'Adamo.

 

Pagina 148

 

cui passano alcuni, che è di far sentir un O chiuso

invece dell'U Toscano.

Un altro difetto è lo scambio frequentissimo ,

che si fa dell’E, e dell'O aperto coll’ E, e l' O

chiuso, e viceversa.

Ma siccome nella nostra Ortografia non v' ha

indizio nessuno per distinguere quando si abbiano

a pronunziare nell’uno, o nell’altro modo {a): così

non resta che osservare diligentemente i Toscani

medesimi, o quelli che lor s'accostano più da vicino.

 

ARTICOLO II.

DELLE CONSONANTI.

 

Le Consonanti si distinguono primieramente in la-

 

biali, e linguali, secondo che le labbra, o la lingua

hanno la parte maggiore alla loro articolazione.

 

Delle Consonanti Labiali.

Le Consonanti labiali son cinque B, P, M,

V , F.

Nel pronunziare BA, BE, BI, BO, BU

non si fa che mandar fuori naturalmente la voce

 

(a)Il Trissino, il Salvini, il Manni, e alcuni

altri avean proposto, che l'o, e l'E si distingues-

sero con segni diversi quando son chiuse, e quan-

do aperte: ma il loro util pensiero non è stato se-

guito: benchè adempiere pur si potrebbe con som-

ma facilità, contrassegnando l'O, e l' E aperta

coll’ accento grave, alla maniera de' Francesi, e

l' O e l'E chiusa coll' accento acuto, o lasciando

anche quest' ultime senza accento, il che abbastan-

za indicherebbe, che s'abbiano a pronunziar chiuse.

L'uso degli accenti potrebbe anche servir moltissi-

mo alla determinazione delle Parole sdrucciole,

piane, e tronche, siccome a suo luogo diremo.

 

Pagina 149

 

nell'atto che si apron le labbra, conformando poi

queste, secondo che richiede il suono delle Vocali,

che seguono alla Lettera B.

Per pronunziare PA, PE, PI, PO, PU si

fa lo stesso; ma le labbra si premono l’un contro

l’ altro prima d’aprirle, e la voce si manda fuori

con maggior forza.

L'articolazione di MA, ME, MI ec. è mol-

to simile a quella di BA, BE, BI se non che

la voce si fa uscire in parte anche dal naso, e ri-

sonare alcun poco nella sua cavità interiore.

Di qui è che il B, e il P si chiamano la-

biali semplici, e la M si dice labiale nasale.

Le altre due V, F, si dicono labiali dentali,

perchè la loro articolazione dipende unitamente

dalle labbra, e dai denti.

Per pronunziare VA, VE, VI, ec. si appog-

giano i denti superiori sul labbro inferiore, e la

voce si manda fuori naturalmente nell’atto di stac-

care i denti dal labbro.

Per pronunziare FA, FE, FI ec. il labbro

inferiore si preme alcun poco contro ai denti su-

periori, e innanzi di staccare i denti dal labbro

si comincia a spingere il fiato con forza , il quale

uscendo lateralmente, e battendo nel labbro supe-

riore fa sentire una specie di soffio.

 

Delle Consonanti Linguali.

 

Le altre Consonanti (eccetto la H) sono tut-

te linguali.

Si soddividono però anche queste in varie

classi.

Il D si articola appoggiando la punta della

lingua ai denti superiori, e spingendo la voce mo-

 

deratamente.

Il T appoggiando la punta della lingua un

po' più abbasso, cioè fra i denti superiori, e gl'in-

feriori , e spingendo la voce con maggior forza.

 

Pagina 150

 

Perciò queste due Consonanti si chiamano lin-

guali dentali.

NA, NE, NI ec. si pronunzia appoggiando

la punta della lingua al palato (o come dicesi vol-

garmente al cielo della bocca) con un po' di for-

za , e facendo in parte passar la voce pel naso.

Perciò questa Consonante si chiama linguale

nasale.

LA, LE, Llec. si proferisce appoggiando

più debolmente la punta della lingua al palato, e

mandando naturalmente la voce nell'atto. di stac=

care la lingua.

RA, RE, RI ec. si pronunzia accostando la

punta delia lingua al palato un po’ più indentro

che per la L, ma senza toccarlo, e facendola

tremolare nell’ atto di mandar fuori la voce.

Queste due Consonanti si potrebber chiamare

linguali palatine; invece si chiamano linguali li-

quide, della quale denominazione è difficile l'asse-

gnar la giusta ragione.

GE, GI si proferiscono appoggiando al pa-

lato la parte anteriore della lingua ; e mandando

fuori la voce naturalmente.

CE, GI si pronunziano allo stesso modo, ma

premendo un poco la lingua contro il palato, e

spingendo la voce con maggior forza.

Nel proferire GA, GHE, GHI; GO, GU,

la punta della lingua si appoggia sotto a denti in-

feriori, e la parte di mezzo si appoggia al palato

un po' in dentro verso la gola, mandando fuori la

voce con una piccola aspirazione.

Lo stesso pure si fa nel proferire CA, CHE,

CHI, CO, CU, sennonchè il mezzo della lingua

si appoggia al palato un po’ meno indentro , e la

voce si spinge con maggior impeto, e con aspira-

zione più forte.

Quindi è che GE , GI, e GHE, GHI; CE,

 

Pagina 151

 

CI, e CHE, CHI propriamente sono articolazioni

affatto diverse, e dovrebbero esser pure contrasse-

gnate con diverse Lettere : invece le une si scri-

vono colla H, e le altre senza.

Il G in GA, GHE, GHI ec., e il C in

CA, CHE, CHI ec. si chiamano gutturali, per-

chè si articolano verso alla gola : ma questo nome

non può lor convenire in GE, GI, e CE, CI,

che piuttosto son palatine.

K,e Q si articolan allo stesso modo che il

C gutturale. Si osservi però che il K appartiene

agli Alfabeti Latino, e Greco; e che il Q è se-

guito sempre da un Dittongo, che comincia per

U, come quasi, questo ec.

Nell’ articolazione della S s' appressa la punta

della lingua ai denti inferiori, e tra Questi e i

denti superiori, che tengonsi vicinissimi gli uni agli

altri, si fa uscire la voce a maniera di fischio, o

di sibilo.

Perciò questa Lettera si chiama linguale fi-

schiante , o sibilante.

Un tal sibilo però ora è più forte, ed ora

più dolce, come è facile a distinguere nel sa di

rossa, e di rosa.

La X, che parimente appartiene agli Alfabeti

Latino , e Greco, è un composto delle articola-

zioni del C gutturale, e della S forte: infatti

Xerxes si propunzia come Csercses.

La Z è similmente un composto delle artico-

lazioni ora di D, e S dolce, ora di T, e S for-

te: così Zelo equivale a dseto , e zitto eequivale a

tsitto.

Perciò la X, e la Z si chiamano Lettere

doppie.

Il J si articola mettendo le parti laterali della

lingua fra i denti molari, e accostandone la parte

 

Pagina 152

 

più interna al palato nell'atto di spinger voce:

Resta la H, la quale da alcuni si esclude pu-

re dal numero delle Consonanti. Ella esprime quel

fiato, che avanti di proferire una Vocale si manda

talvolta dal fondo della gola a maniera di sospiro,

e che chiamasi aspirazione.

Nella Lingua Italiana però questa aspirazione

si sentir solamente in CHE, CHI, e GHE,

GHI.

Negli interpesti ah, oh, deh, uh, eh ec. in-

vece di far sentir l'aspirazione, si prolunga o stra-

scina,la Vocale medesima: e le parole io ho , tu

hai, egli ha, essi hanno si proferisceno come se

la H, non vi fosse; e alcuni infatti sogliono scri-

verle anche senza la H, sostituendovi in cambio

un accento , come ò , ài , à, ànno.

 

Difetti nella Pronunzia delle Consonanti.

 

Nelle labiali siccome fra il B, e il P, fra il

V, e la F non v'ha quasi altra differenza, che la

minore, o maggior forza, con cui si spinge la

voce ; così è facile lo scambiarle. I Tedeschi in-

fatti invece di BE frequentemente pronunzian PE,

e invece di VE dicon FE. In bocca ad un Ita-

liano ciò farebbe cattivissimo suono; perciò con-

viene avvezzarsi a ben distinguere le loro diverse

articolazioni.

Anche nelle linguali tra il D, e il T, tra il

G, e il C così gutturale come non gutturale, la

principal differenza consiste nella minore, o mag-

gior forza, con cui la voce si manda fuori. Ma

con un po’ di attenzione è facile accostumarsi ad

articolarli distintamente ne' debiti modi.

 

Pagina 153

 

I Toscani usano per lo più di articolare CE,

CI, come SCE, SCI, dicendo non sc' era, non

sci è stato invece di non c'era, non ci è stato:

e CA, CHE, CHI, CO, CU, come HA, HE,

HI, HO, HU con una forte aspirazione, senza

far sentire il C, dicendo he hosa invece di che

cosa. Ma in questa parte dagli altri Italiani non

sono imitati.

La S si pronunzia, come abbiam detto, con

un sibilo ora più dolce, ed ora più forte. Qui la

diversità fra le varie Parti dell’ Italia è grandissi-

ma. I Toscani, i Romani, i Napoletani usano più

comunemente la seconda ; i Piemontesi, i Geno-

vesi, i Lombardi, i Veneziani assai più la prima.

Casa per esempio da quelli si pronunzia con S

forte, da questi con S dolce.

La Z anch'essa, come abbiam pure accenna-

to, or si pronunzia con maggior forza, ed equi-

vale a TS forte, or con minore, e corrisponde a

DS dolce. Anche qui i Toscani, i Romani, i Na-

poletani fan più uso della prima che non della se-

conda, la quale sembra invece, che agli altri piac-

cia maggiormente.

Un difetto da schivarsi attentamente nella pro-

nunzia della Z, e che sebben più comune ai Pie-

montesi, ed ai Genovesi, non lascia però di aver

luogo talvolta anche fra i Lombardi, e i Vene-

ziani, è il far sentire la sola S, senza il T, o il

D, che deve precederla, dicendo a cagion d'esem-

pio Grasia invece di Grazia, Prestessa invece di vu

Prestezza, Pasiensa invece di Pazienza.

Un difetto contrario è quello di pronunziare

la S come Z, il che usano talvolta i Toscani, e

più i Romani e i Napoletani, singolarmente quan-

do la S viene dopo la L, la N, e la R, dicendo

Polzo per Polso, Inzegna per Insegna, Corzo

per Corso.

 

Pagina 154

 

Altro difetto, che comunissimo ai Veneziani,

lo è pure ad alcuni Lombardi, si è quello di

proferire CE, CI come se fosse ZE, ZI, di-

cendo Zerto , Zittà, Zima invece di Certo, Cit-

tà, Cima.

La R è la Consonante più difficile ad artico-

larsi pel tremolio, che deve darsi alla lingua nel

proferirla. Per avvezzarvisi convien ripeterla più

frequentemente dell’altre or separatamente, or nel-

le parole che più n' abbondano, come trarre, i

tremare , terrore ec.

 

CAPO II.

 

DELLA PRONUNZIA DELLE SILLABE.

 

Ogni voce distinta, e proferita con una distinta

emissione di fiato , forma una Sillaba, come ab-

biamo già detto.

Ogni Vocale pertanto può formare una Silla-

ba da sé sola. Al contrario niuna Consonante può

formar Sillaba , se non è unita a qualche Vocale.

 

ARTICOLO I.

DEI DITTONGHI, E TRITONGHI.

 

Alle volte due Vocali non formano che una Sil-

laba sola, e questa allor si chiama Dittongo.

Ciò, avviene quando le due Vocali si pronunziano

 

Pagina 155

 

in un sol fiato, e così unitamente, che vengono

quasi a formare un suono solo, come AU in Au-

ra, EU in Euro, UO in Uomo, IU in Giuro,

OI in Oibò.

Anche tre Vocali compongono alcuna volta

una Sillaba sola, la quale allor si dice Tritongo,

come IEI in Miei, UOI in Tuoi, IUO in Giuoco.

In questi casi la voce si posa sopra una sola

delle Vocali, la quale si può chiamar Vocal do-

minante : le altre si fanno appena sentire sfuggi-

tamente.

La Vocal dominante nei Dittonghi ora è la

prima, ed or la seconda. Nell’ Au di Aura la

voce si manda fuori solamente per l'A: l'U si fa

sentir dopo sfuggitamente col ristringimento delle

labbra, facendo muso del fiato medesimo, che è già

uscito per l'A.

Al contrario nell’UO di Uomo l'U si fa sen-

tire sfuggitamente innanzi all'O, e la voce si fer-

ma in seguito sull'O medesimo.

Nei Tritonghi la Vocal dominante ora è nel

mezzo, come in mièi, tuòi ; ora in fine, come in

giuò#co.

Allorchè nel proferire due, o tre Vocali di

seguito si manda fuori un nuovo fiato per ciasche-

duna, esse non formano più Dittongo , Triton-

go , ma fanno altrettante Sillabe separate, come

Pa#u#ra, Le#u#to o Li#u#to.

 

Pagina 156

 

ARTICOLO II.

 

DELLE SILLABE MISTE DI CONSONANTI E DI VOCALI.

 

Le Consonanti oltre alle distinzioni, che abbiam

di sopra accennate, ne han pure un’ altra, ed è

quella di mute, e sonore.

Le Consonanti sonore sono F, R, S, X, Z.

Nel pronunziar FA, RA, e SA la prima fa sen-

tire il soffio, la seconda il mormario, e la terza

il sibilo innanzi che si oda il suono dell’ A. Questo

sibilo si sente pure nell’ X, e nella Z che son

composte dell' S.

 

Le altre Consonanti son tutte mute, perchè

non dan niun suono, se non seguite da una Voca-

le, e il suono non si ascolta, se non nell’ atto

che si spinge il fiato, e si apre la bocca per pro-

nunziare questa Vocale. Così ben può uno, come

si è già accennato nella Introduzione, preparare le

labbra o la lingua per pronunziare BA, o DA;

ma finchè non aprirà le labbra, e non istaccherà

la lingua dai denti per dar passaggio alla voce ,

onde far sentir l'A, non ne uscirà mai niun

suono.

Quindi è che siccome le Consonanti mute

non servono che a modificate il suono della Vo-

cale seguente ; così con queste avrebbero sempre

a far Sillaba, come avviene diffatti in BA, CA,

DA.

Ma AB, AC, AD, e simili non avrebbero a

formare una Sillaba sola, poichè dopo pronunziata

 

Pagina 157

 

l'A, non si può far sentire il B senza chiuder le

labbra, e riaprendole mandar fuori la voce nuova-

mente , la quale per conseguenza dee far sentire

un’ altra Vocale.

Questa vocale si ode infatti, ed è un e ; co-

sicchè volendosi pronunziar AB noi veniamo real-

mente a dir ABe.

Ma l'e è proferità sì rapidamente , e con

fiato sì tenue, che appena si sente. Perciò ella è

chiamata e muta; ed AB si considera per una Sil-

laba sola, come se il B fosse appoggiato all’A

precedente, e la e, che realmente la segue, non

esistesse. Così si dica di AC, AD ec.

Circa alle Consonanti sonore è vero che in

AF, AR, AS, pronunziata l'A, si ode il soffio

dell’ F, il mormorio dell’R, e il sibilo della S,

senza che s'abbia a riaprire la bocca. Ma questo

medesimo soffio , e sibilo, e mormorio contengo-

no il suono di un' e muta o di un’i ; e perciò

vale anche per esse quello che delle Consonanti

mute abbiam detto.

Oltre a queste Sillabe, che son le meno com-

poste,ve n'ha dell’ altre più composte assai, vale

a dire o di una Consonante, e più Vocali, come

PIE in pie#no, BUO in buo#no, MIEI, TUOI

ec.; o di una Vocale, e più Consonanti, come

BAN in ban#do, GRA in gra#do; o di più Con-

sonanti, e più Vocali, come PIAN in pian#ta ,

GLIUO in fi#gliuo#lo.

In queste Sillabe, quando v' ha più d' una

Vocale, esse formano sempre un Dittongo, o un

Tritongo ; e quando v' ha più di una Consonante,

quelle che non s' appoggiano immediatamente alla

Vocale seguente sono sempre accompagnate impli-

citamente da un e muta.

Abbiamo già avvertito che l'articolazione del

 

Pagina 158

G in gia, ge, gi, ec. e del C in cia, ce, ci ec.

è affatto diversa da quel che sia in ga, ghe, ghi, e

in ca, che, chi, dimodochè a rigore dovrebbe pure

indicarsi con Lettere totalmente diverse. Lo stesso

è di scia, sce, sci; glia, glie, gli; gna, gne,

gni, che sono anch’ esse articolazioni particolari, e

totalmente distinte da tutte l’ altre.

Per articolare sce , sai la lingua si ritira fra

i denti molari colla punta sollevata in mezzo del-

la bocca, e innanzi di proferir l'E, o l'I, si

manda un debol fischio , e quasi appannato : per

articolare glia, glie, gli , la lingua posta fra i

denti molari si accosta colla punta al palato; per

articolare gna , gne, gni , si applica al palato la

parte interiore della lingua, e sì fa risonar la vo-

ce nel naso.

Noi abbiamo dunque realmente tre nuove ar-

ticolazioni, una fischiante, una linguale palatina,

e una linguale nasale , che avrebbono pure a rap-

presentarsi con tre nuove Lettere.

La mancanza di tali lettere fa che la prima

si rappresenti da noi per SC, la sceonda per GL,

la terza per GN (a).

 

(a) La stessa mancanza fa pure, che queste

articolazioni dalle altre, Nazioni si rappresentino

con altre diverse Lettere. Cavallo a cagion d’esem-

pio da' Francesi si scrive Cheval, e si pronunzia

Sceval; Corto dagl’Inglesi si scrive Short, e si pro-

nunzia Sciort; Scherzo da Tedeschi si scrive Scherz,

e si pronuncia Scerz. Così invecchiato da’ Francesi

è detto viegli, e si scrive vielli; Signore dagli Spa-

gnuoli è detto Segnor, e si scrive Señor.

 

Pagina 159

 

ARTICOLO III.

 

DIFETTI NELLA PRONUNZIA

DELLE SILLABE.

 

Rispetto alle Sillabe composte di una sola Vo-

cale veggasi ciò che abbiam detto della pronunzia

delle Vocali.

Riguardo ai Dittonghi, ed ai Tritonghi il di-

fetto più comune a varie parti d'Italia è quello di

scambiar l’U in V, dicendo Av#gusto, invece di

Au#gusto, Ev#ropa invece di Eu#ropa, Vo#mo

invece di Uo#mo, Fi#gli#volo invece di Fi#gliuo#lo;

e di porre un V tra l'A, e l'O, dicendo Pa#vo#lo

in luogo di Pao#lo.

Nelle Sillabe composte di Consonanti, e di

Vocali oltre ai difetti , che possono nascere dalla

cattiva pronunzia delle Consonanti medesime, in-

torno ai quali veggasi ciò che abbiamo detto più

addietro, è da guardarsi che nelle Sillabe, le qua-

li terminan per Consonante , l'e muta non facciasi

troppo gagliardamente sentire, come usano alcu-

ni, i quali pronunzian conne invece di con, adde

invece di ad.

Pagina 160

 

CAPO III.

DELLA PRONUNZIA DELLE PAROLE.

 

Nelle Parole oltre alla retta pronunzia delle

Lettere, e delle Sillabe, di cui sono composte, è

d'uopo anche osservare 1.° di nulla aggiugnere, e

nulla togliere a ciò che è scritto 2.° di fermar

la voce sulle Sillabe, ove conviene.

 

ARTICOLO I.

DEL NON AGGIUGNERE, O TOGLIERE

A CIO', CHE È SCRITTO.

 

È difetto comure a molti nella pronunzia delle

Parole, in cui l'I, e l’U son seguiti da un'altra

Vocale, senza però far con essa Dittongo, il frap-

porvi sfuggitamente un J;o un V, dicendo per

atto d'esempio MI#jO invece di MI#O; e TU#vO

Invece di TU#o.

Ciò avvienè nel primo caso, perchè nell’apri-

re la bocca per far passaggio dall'I all'O, solle-

van la lingua, e le fan toccare il palato, sicchè

si sente frammezzo l'articolaziene del J; e avvien

nel secondo caso perchè nell' aprire le labbra per

passare dall' U all'O, incontrano col labbro infe-

riore nei denti superiori , sicchè nè nasce l' artico-

lazione del V.

 

Pagina 161

 

Un altro difetto, che assai comunemente s'in-

contra spezialmente nella Superior Parte dell' Ita-

lia, si è quello di proferir come semplici le Con-

sonanti doppie, massimamente quando sono verso

il principio, o verso il mezzo della Parola ; e

all'incontro sul fine di essa proferir doppie le sem-

plici. Si odon molti per esempio prenunziare

a#rivo, ca#tivo , dife#toso invece di ar#rivo, cat-

tivo, difet#toso, e pronunziare al contrario stat#to

invece di sta#to ; vedut#to invece di vedu#to , ca-

ten#na invece di cate#na ec.

Le seguenti osservazioni potran giovare a cor-

reggerne più facilmente i Fanciulli.

Abbiamo detto, che le Consonanti sono altre

sonore, ed altre mute. Ora le Consonanti mute

veramente non si pronunzian mai doppie. Se in

Fatto s'avessero a pronunziare distintamente i due

TT, converrebbe dir FATe# TO, perchè dopo il

primo T sarebbe indispensabile il far sentire l'e

muta.

Qual è dunque la differenza tra fatto, e fato,

accetta, e aceto, e simili?

Eccola: nel dir fatto, dopo proferita 1'A si

dispone subito la lingua per l’articolazione del T,

e colla lingua così disposta si sta un momento in

silenzio, quindi si proferisce con forza la Sillaba

TO. La sua pronunzia si può dunque esprimere

nella maniera seguente : FAt# TO.

 

Al contrario nel dir fato la Vocale A si pro-

lunga alcun poco, e dietro a lei si proferisce la

Sillaba TO senza interrompimento, e naturalmen-

te; sicchè la sua pronunzia equivale a FAa#TO.

La stessa è la differenza tra accetto, e aceto.

Nelle Consonanti sonore, il doppio suono si

fa sentir realmente col prolungare per doppio tem-

po, e rinforzar maggiormente il loro soffio, o

sibilo, o mormerio.

 

Pagina 162

 

La differenza adunque tra Saffo; e Pafo, tra

spesso, e speso, tra ferro, e fero sì è che in

Saffo tra l'A, e l'O si ode un soffio continuato,

e gagliardo, che s' attacca ad amendue le Vocali,

e la Vocale A cessa subito; il che può rappresen-

tarsi per SaF#FO: al contrario in Pafo la Vocale A

si prolunga, e il soffio della F cade tosto sull'O,

onde è come PAa# FO. Lo stesso dicasi della di-

versa pronunzia di SPeS#SO, e SPEe# SO, di

FeR#RO , e FEe#RO.

 

Circa alla Z siccome essa equivale a due Con-

sonanti, una muta, e l'altra sonora; così quando

è raddoppiata, si comincia ad interromper la voce

per la Consonante muta, e si proferiscono in ap-

presso con maggior forza la muta, e la sonora

appoggiate amendue alla Vocale seguente : perciò

da pronunzia di pezzo è come PEt#TSO.

 

ARTICOLO II

DELLE POSE DELLA VOCE,

E DEGLI ACCENTI.

 

Nelle Parole Italiane la posa della Voce, che

anche chiamasi Accento , si fa ordinariamente o

sull’ ultima Sillaba, come troverà, o sulla penulti-

ma come troverànno , o sulla terzultima , come

troverannosi.

Le prime si dicono Parole tronche, le secon-

de Parole piane , le terze Parole sdrucciole.

Alcune pur ve ne sono, in cui la posa si fa

sulla quartultima Sillaba, come abbèverano o sulla

quintultima, come abbè#veranosi, o sulla sestultima

 

Pagina 165

 

come abbèveranosene, la prima delle quali si chia-

ma bisdrucciola, la seconda trisdrucciola, la terza

quadrisdrucciola : ma queste sono rarissime.

Se in quella guisa che si segna l'accento nelle

Parole, in cui la voce si ferma sulla Vocale fina-

le, come troverà, si accentassero anche le Parole

piane, e le sdrucciole, niuno potrebbe errare nel

pronunziarle (a).

Ma quest uso nell’ Italiana, Ortografia, sebben

proposto, da alcuni, non s' è introdotto: e dall'al-

tra parte il ridurre a classi generali tutte le Parole

piane e le sdrucciole sarebbe cosa infinita.

Noi ci riportiamo adunque in ciò all’esperien-

za, ed all’ uso. Invece osserveremo, che quando

la voce si posa sull’ ultima Vocale, questa si pro-

nunzia con maggior forza, e con un certo alza-

mento di voce. La differenza tra amo e amò;

arrivo, arrivò è sensibilissima.

È però da notare, che. aleuni fan sentire

questa differenza anche più che non dovrebbesi,

pronunciando le ultime Vocali non accentate così

debolmente, che si ha pena ad intenderle. Convien

 

(a) Basterebbe anche accentare soltanto le tron-

che, e le sdrucciole, con che verrebbe a conoscer-

si, che le non accentate son piane. E perchè l’ac-

cento indicante le pose della voce non si confon-

desse con quello che si destinasse a contrassegnare

l'E, e l'O aperto, basterebbe fissare per queste

Vocali l'accento grave (‘), siccome abbiam detto

innanzi, e per le pose della voce l’ accento acu-

to (’). Dove poi la voce cadesse sopra lo stesso E,

ed O aperto, ad indicare amendue le cose servir

potrebbe l' accento composto (^).

 

Pagina 164

 

pertanto avvezzarsi a spiccarle anch’ esse distinta-

mente, e per meglio riuscirvi, è d’uopo accostu-

marsi a proferire l'O, e l'E in fin di parola non

chiuse e strette, come sogliono per lo più i Lom-

bardi, ma larghe, e aperte, come usano i Tosca-

ni, e i Romani.

Nelle Parole piane, e nelle sdrucciole la Vo-

cale, su cui si ferma la voce, comunemente si

proferisce con minor impeto , e minor alzamento

di tono, ma invece si prolunga di più, come

AMAa#TO, AMAa#BILE.

Si eccettuin le Vocali seguite da doppia Con-

sonante della medesima specie, le quali, come già

abbiamo accennato, si pronunzian con prestezza ,

prolungando invece o la Consonante medesima, se

è sonora, o frapponendovi un piccolo silenzio, se

è muta.

La stessa regola si tiene quando questa Vocale

è seguita da due Consonanti di diversa specie, di

cui una a lei si congiunga. La Vocale anche allora

si pronunzia prestamente, e la sospensione di voce

si fa in cambio sulla Consonante , a cui si unisce

un’ e muta, ma quasi insensibile, come ban#do,

par#to ec.

 

Pagina 165

 

GRAMATICA

RAGIONATA

DELLA LINGUA ITALIANA

 

LIBRO IV.

DELL'ORTOGRAFIA.

INTRODUZIONE.

 

 

Il vocabolo Ortografia nasce dai due Greci ortes

retto, e grafo scrivo, e significa scrivere retta-

mente.

Lo scrivere rettamente consiste nel'rappresen-

tar le parole per mezzo dei caratteri in quel mo-

do medesimo, in cui debbon essere pronunziate.

Perciò ad avere un'esatta Ortografia importa

moltissimo l' acquistar prima un’ esatta Pronunzia.

Dove però questa manchi, potranno rispetto

all' Ortografia supplire in parte le seguenti regole.

 

Pagina 166

 

 

CAPO I.

 

DELL'ALFABETO ITALIANO.

 

L'Alfabeto (a) Italiano è composto di ventidue

Lettere, che sono A, B, C,D, E, F, G, H,

I, J, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V,

Z, cinque delle quali , cioè A, E, I, O, U sono

Vocali, le altre son Consonanti.

 

Delle Lettere K, X, Y.

 

I Latini avevano una Vocale di più, cioè Y

(ipsilon) , e due Consonanti di più, cioè K (cap-

pa), e X (ix), che in Italiano non si usano.

Gl’ Italiani nelle Parole derivate dal Latino

all’ Y sostituiscono l'I, come gyrus (giro); al

K sostituiscono il C; come kalendae (calende);

alla X sostituiscono l’ S, come exemplum (esempio).

La X però si conserva in alcuni pochi Lati-

nismi, come ex professo; ex abrupto, ex proposito.

 

(a) Alfabeto è nome tratto dalla lingua Greca ,

in cui le prime due Lettere A, B si nominan Alfa,

Beta. Dai Toscami esso chiamasi l’Abbicci, perchè

le prime tre Lettere A, B, C da lor si pronunzia-

no, come già si è detto, a, bi, ci.

 

Pagina 167

 

ALFABETO ITALIANO

Della Lettera H.

 

Anche della H gl'Italiani non fanno molto uso.

In principio non si adopera che nelle quattro

parole ho, hai, ha, hanno derivate dal verbo

avere.

Nel fine si aggiunge soltanto negli Interposti,

o voci di esclamazione ah, oh, eh, uh, deh,

doh, puh.

Nel mezzo si dà soltanto agli interposti ahi,

ohi, ahimè, ohimè, e alle Sillabe Che, Chi, Ghe,

Ghi, Sche , Schi, come cheto, china, ghetto,

ghiro , esche, paschi per distinguerle da Ce, Ci,

Ge, Gi, Sce, Sci, come ceto, Cina, getto, giro,

esce, pasci.

Le Sillabe Ca, Co, Cu, e Gu, Go, Gu si

scrivono sempre senza la H, come caro, curo ,

cura, gara, gola, gusto.

 

Dell'I dopo il C, ed il G.

 

Le Sillabe Cia, Cio, Ciu; Scia, Scio, Sciu;

e Gia, Gio, Giu hanno l’I; ma Ce, Sce, e Ge

ne van senza. Percìò si scriverà faccia , e facce ;

fascia, e fasce ; piaggia , e piagge; comincio, e

comincerò ; gareggio, e gareggerò.

Cie, Scie e Gie hanno l’I solamente allorchè

questo si pronunzia distintamente, e separatamente

dall’E, come Provinci#e, regi#e, speci#e, effigi#e,

sci#enze. Si scrivon però coll’ I anche le Reggie,

e le greggie per distinguerle dal verbo egli regge,

e dal nome singolare il gregge, e coll’ I si scrive

anche Cielo , cieco, leggiero, arciero, messaggie-

ro , passeggiero , perchè alcun poco si fa sentire

nella pronunzia.

 

Pagina 168

 

Del Ci, e Zi.

 

Alcune parole si pronunziano , e scrivono in-

differentemente e con ci, e con zi, come ufficio

e uffizio, indicio e indizio, beneficio e benefizio,

giudicio e giudizio, delicie e delizie, specie e

spezie, annunciare e annunziare, pronunciare e

pronunziare ec.

 

Del Gl, e Gn.

 

Le Sillabe Glia, Glie, Glio, Gliu, hanno il

C quando nel pronunziarle si applica tutta la lingua

al palato, come veglia, toglie, meglio, figliuolo.

All'incontro quando nella pronunzia si applica,

al palato solamente la punta della lingua, cioè si

fa sentire solamente la L, il G si tralascia, come

Italia, Giulia; olio, Cavaliere, umiliare , milione

e simili.

Gna, Gne , Gno , Gnu si scrivono sempre

senza I, come degna, insigne, regna , ignudo.

 

Del J, e dell'j doppio.

 

Il J in Italiano non si usa, che in mezzo

alle parole, e sempre tra due Vocali, come ajuto.

gioja, guajo , cuojo, Ferrajo , Librajo ec.

Nelle parole, che in Latino comincian per J,

in Italiano si sostituisce il G, come da jacere (gia-

cere), da jurare (giovare) ; e in quelle che

 

Pagina 169

 

hanno il J dopo il B, come abjectus, objectus,

subjectus , si sostituisce l’I raddoppiando il B, co-

me abbietto, obbietto, subbietto.

Quando un Nome, o un Aggettivo nel singo-

lare termina colle Vocali io, che faccian sillaba

separata, nel plurale invece di scriversi con ii, si

scrive con j: così da giudizi#o, ozi#o, uffizi#o

vengon giudizj , ozj, uffizj.

Ciò non può farsi coi Verbi; e perciò non si

scrive tu ringrazj, tu annunzj, ma tu ringrazii,

tu annunzii.

Anche nei Nomi, e negli Aggettivi sono ec-

cettuati tutti quelli in cui la voce si posa sull’ I,

di io, come Dio, pio, restìo , natìo che al plu-

rale si scrivono con ii, cioè Dii, pii, restii, natii.

Quelli al contrario, in cui nel singolare le

Vocali io fan dittongo, cioè si pronunzian con una

sola emissione di fiato, nel plurale si proferiscono,

e sì scrivono con un solo i, come da raggio,

occhio , figlia, empio , esempio ec. raggi, occhi,

figli, empi, esempi.

Anche quelli che nel singolare finiscono in jo,

come Ferrajo, Librajo, guajo, cuojo, nel plurale

si scrivono con un i semplice, come Ferrai, Li-

brai, guai, cuoi.

 

Dell' M, e dell'N.

 

La Lettera N avanti a B, e P si cambia

sempre in M, come Giambatista, Giompiero in

luogo di Gianbatista , Gianpiero. Lo stesso si fa

ancora in tiemmi per tienmi.

La M all’ opposto si cambia sovente in N

quando è innanzi ad un’ altra N, come andianne

invece di andiamne.

 

Pagina 170

 

Dell'U, e del V.

 

Ben appresa la diversa pronunzia, e denomi-

nazione della Vocale U, e della Consonante V (ve),

non sarà più sì facile lo scambiar l'una per l’altra.

Noi farem dunque soltanto intorno a queste Lettere

alcune piccole osservazioni.

1.° Dopo il G, ed il Q, l'U è sempre Vo-

cale, ed ha un suono sfuggito, che termina nella

Vocale seguente, come guerra, guadagno, questo,

acquisto ec.

2.° L’U ha il medesimo suono sfuggito in-

nanzi all’O, quando con lui fa dittongo, come

cuore, buono, scuola, uomo, figliuolo, vuole,

duole ec.

3.° L’ U però non ha luogo, se non in quel-

le parole, dove la voce si posa sull’ O che gli

viene appresso ; come negli esempi anzidetti. Al-

lorchè la voce batte su d'altra Vocale, l'U si

tralascia, come bontà, coraggio, scolare, voleva,

dolente, non buontà, scuolare ec. Si eccettuan

nuovamente , buonamente ; e da alcuni si scrive

anche giuocare.

 

4.° Alcune parole si pronunziano , e si scri-

vono indifferentemente, e coll’u, e senza, come

pruovo, e provo, scuopro, e scapro, truovo e

trovo.

 

Pagina 171

 

Delle Lettere Majuscole.

 

Da Lettera Majuscola si incomincia sempre:

1. La prima parola d'ogni discorso.

2. La prima parola dopo il punto.

3. La prima parola allorchè si riferisce qual-

che detto, o qualche autorità altrui.

4. La prima parola di ogni verso scrivendo

in poesia.

5. Ogni Nome proprio di persona, di fami-

glia, di città, di provincia, di fiume ec., come

Pietro , Bembo, Milano, Lombardia, Po.

6. Ogni Nome di dignità, o di titolo, come

Imperadore, Re, Duca, Marchese, Conte ec. (a).

7. Ogni Nome di nazione preso da sè, come

gl' Italiani, i Tedeschi , i Francesi ec.

8. I Nomi di quelle cose, che nel discorso

interessano maggiormente , e su cui si vuole che

il Leggitore fissi maggiormente l’attenzione.

 

CAPO II

 

DELL’ ACCENTO.

 

L' Accento si sovrappone generalmente all’ultima

Vocale di quelle parole, che sono di più sillabe,

 

 

(a) Da alcuni questi titoli si scrivon ora con

lettera minuscola. I più però amano tuttavia di

scriverli con lettera majuscola.

 

Pagina 172

 

che finiscono in Vocale, e in cui sa di questa Vo-

cale si appoggia la voce, come pietà, bontà, per-

chè , però ec.

Nei Monosillabi non si pone se non:

1.° Quando contengono un dittongo, e la vo-

ce si ferma su l’ultima Vocale, come ciò, può,

già , più, quì, quà (dalla maggior parte però

qui, e qua si scrivono senza accento ).

2.° Quando hanno due diversi significati, per

distinguere i quali in uno si aggiunge l'accento, e

nell’ altro si ommette. Così hanno l’ accento è , e

dà quando vengono dai verbi essere e dare, come

egli è, egli dà; dì nome in significato di giorno,

e imperativo del verbo dire; sì avverbio afferma-

tivo, e in significato di così; nè congiunzione ne-

gativa; là e lì avverbj di luogo: e non hanno

l'accento, allorchè questi monosillabi si usano in

altro senso.

 

Alcuni aggiungon l’ accento anche a sè quan-

do è nome personale, come egli ama troppo sè

stesso, e a chè quando significa perchè, altri l’om-

mettono.

Qualche volta l' accento si pone anche sulla

penultima Vocale, come in balìa (arbitrio) per

distinguerlo da balia (nutrice ), in gìa (andava)

per distinguerlo da già avverbio, e in umìle, si-

mìle, Oceàno ec. quando in Poesia l’ accento del

verso si fa cadere sulla loro penultima Vocale.

 

Pagina 173

 

 

CAPO III.

DELL’APOSTROFO.

 

L' Apostrofo è quella virgoletta, che mettesi in

alto, quando l’ultima Vocale di una parola sì tra-

lascia per l’incontro di un’ altra parola, che per

Vocale incominci, come bell’ ingegno invece di

bello ingegno , grand' opera invece di grande

opera.

Nell’ articolo Gli l'i non si può troncare, se

la parola seguente non comincia similmente per i.

Quindi si scriverà bene gl' Italiani, gl' Indiani,

ma non gl' anni, gl' editti, gl' orsi, gl’uomini,

perchè gl' avrebbe allora quel suono aspro, che

ha nelle parole latine gladius, gleba, gloria,

gluten.

Similmente CE, CI, GE, GI non si possono

apostrofare se non innanzi all’ E, e all’ I; onde

lo scrivere piagg’ amene, dolc' amico è errore.

Anzi queste sillabe si sogliono per lo più scri-

vere intere anche innanzi all’ E, e all’ I, come

piagge erbose, dolce incontro.

Il nome personale ci è quasi il solo, che in-

nanzi alle Vocali E, ed I si scriva coll’Apostrofo,

come c'era, c'invitò , c' indusse.

Le Vocali accentate non si possono elidere se

non nei composti di che, per esempio perch' io

venga , bench' egli vada.

Quando il che si apostrofa innanzi alle Vocali

A, O, U, da alcuni si tralascia anche la H, la

 

Pagina 174

 

quale infatti non è più necessaria, e si scrive

c'ama, c' onora, c'udiva: dai più però la H si

ritiene tuttavia, scrivendo ch’ ama, ch' onora,

ch' udiva.

Gli Antichi usarono spesso di elidere la prima

Vocale della parola seguente invece dell’ ultima

della parola precedente, come allo ’ncontro invece

di all’ incontro: da' Moderni ciò si usa assai più

di rado.

Nelle parole che si troncano anche innanzi a

Consonante ( delle quali verremo ora a parlare ) ,

l’Apostrofo, benchè segua Vocale, suol tralasciarsi,

scrivendo gentil animo, fedel amico, invece di

gentil' animo , fedel' amico.

 

CAPO IV.

 

DEL TRONCAMENTO DELLE PAROLE.

 

Le Parole Italiane regolarmente finiscono tutte

in Vocale, eccetto alcune poche, come non, con,

per, in, e simili.

Affine però di togliere la troppa uniformità di

suono, che nascerebbe dal terminarle sempre in

Vocale, alcune si troncano di quando in quando,

e si finiscono in Consonante, benchè la parola se-

guente cominci anch’ essa per Consonante.

 

Intorno a ciò ecco le regole principali.

 

Pagina 175

 

Del Troncamento de' Nomi,

e degli Aggettivi.

 

Innanzi a parola, che cominci per Consonan-

te, si posson troncare i Nomi, e gli Aggettivi

singolari, che finiscono in E, o in O, e che in-

nanzi a queste Vocali hanno una delle Consonanti

L, M, N , R, non preceduta da altra Consonan-

te, come fedel servidore, Uom grande, pien po-

polo, leggier vento. Quelli però, che troncandosi

formano un suono troppo aspro, si scrivono, e si

pronunziano interi, come chiaro , raro , oscuro ,

duro , strano , e quasi tutti quelli, che finiscono

in me, o mo, eccetto Uomo.

Similmente se le Consonanti L, M, N, R

sono raddoppiate, o sono precedute da altra Con-

sonante diversa, il troncamento non può più farsi;

onde non si dirà ingan per inganno, fer per fer-

ro, ladr per ladro.

Si eccettui capello, bello, quello, e alcuni

altri terminati in llo, che tuttavia si troncano, co-

me capel biondo, bel viso, quel campo.

Anzi bello, e quello innanzi a Consonante,

che non sia S impura (cioè seguita da altra Con-

sonante ), o Z aman piuttosto di esser troncati,

che interi; e perciò si dirà piuttosto bel viso, quel

campo , che bello viso, quello campo.

I Nomi, e gli Aggettivi plurali regolarmente

non si troncano, benchè ai Poeti qualche volta ciò

sia permesso in grazia del verso.

Nemmeno i Nomi, e gli Aggettivi singolari

si troncan mai, se finiscono in A; ed è inesatto

il dire (benchè se ne trovi qualche esempio anche

 

Pagina 176

 

presso gli Antichi) una sol volta, una sol cosa

invece di dire una sola volta, una sola cosa.

Si eccettui Suora, di cui si fa Suor, come

Suor Maria, Suor Cecilia.

 

Del Troncamento dei Verbi.

 

Nei Verbi si posson troncare:

 

1. Gl’Indefiniti, come amar, temer, legger,

sentir invece di amare, temere, leggere, sentire.

2. Alcune prime persone plurali, come noi

amiam, amavam, amerem invece di noi amiamo,

amavamo, ameremo.

3. Alcune terze persone plurali, come essi

aman, amavan, ameran, amaron, amin, amas-

ser, amerebber, amerebbon invece di essi amano,

amavano , ameranno ec.

4. In alcuni Verbi anche la terza persona

singolare, come egli vuol, suol, duol, vien ,

tien, val, cal invece di egli vuole, suole duole,

viene, tiene, vale, cale.

5. Nei Verbi venire, e tenere anche la se-

conda persona singolare, come vien presto , tien

questo, invece di vieni presto, tieni questo.

6. Nel Verbo essere anche la prima singola-

re, come io son pronto invece di io sono pronto,

Negli altri Verbi la prima persona singolare mai

non si tronca; e perciò fu rimproverato al TASSO

quel verso: Amico, hai vinto, io ti perdon,

perdona.

 

Pagina 177

 

Del Troncamento degli Avverbj,

e delle Preposizioni unite all’Articolo.

 

Tra gli Avverbj si troncano bene, male, fuori,

ora, e i suoi composti allora, talora, finora,

dicendo ben, mal, fuor, or, allor, talor, finor.

Tra le Preposizioni unite all’Articolo, si tron-

cano dello, allo, dallo, nello, dicendo del, al,

dal, nel come del piano, al monte ec.

Troncansi pure dei, ai, dai, nei, dicendo

de’, a', da’, ne’, come de’ piani, a' monti ec.

Si dice ancora col, e co’ invece di con lo, e

con li; pel, e pe' invece di per lo , e per li; sal

e su’ invece di su lo, e su li; tral, e tra’ invece

di tra lo, e tra li.

Notisi però, che quando la parola seguente

comincia per S impura, o per Z, questi tronca-

menti non posson farsi, e perciò allora nel singo-

lare si dice dello, allo, dallo, nello ec., come

dallo scudo, allo zecchino ; e nel plurale si dice

degli, agli, dagli, negli ec. come dagli scudi ,

agli zecchini: sebbene alcuni dicano ancora al zec-

chino, e ai zecchini.

 

Del Troncamento d' intere Sillabe.

 

Alle Preposizioni articolate riferite di sopra

non si tronca una sola lettera, ma un’ intera Sil-

laba, come del invece di del#lo, al invece di al #lo.

Altre parole vi sono pure, nelle quali si fa

 

lo stesso, come vo' per voglio ; die' per diede ;

 

Pagina 178

 

fe per fece, e fede; ve’ per vedi; e' per egli;

que’ per quelli; be' per belli; gran per grande;

San per Santo ; ver per verso (preposizione ) ; e

in alcuni Scrittori si legge anche me' per meglio,

e mezzo; ma' per mali; qua’ per quali.

 

Questi troncamenti però non posson mai farsi

allorchè la parola seguente comincia per Vocale,

o per S impura.

 

Anzi allora non si scrive nemmeno quelli, e

belli; ma quegli, e begli, come begli Uomini,

begli Spiriti, quegli anni, quegli studj.

 

CAPO V.

 

DELL’ACCRESCIMENTO DELLE PAROLE.

 

Quando ad una parola, che termini per Conso-

nante, segue una parola cominciata per S impura,

innanzi alla S si pone un I, come per istento,

con istudio , affin di togliere il cattivo suono, che

farebbe il dire per stento, con studio.

Alla preposizione a, ed alle congiunzioni e, o,

seguendo Vocale, si aggiunge ordinariamente un

D, come ad uno, ed egli, od io, per togliere

similmente il cattivo suono, che farebbe a uno,

e egli, o io.

Questo però non si fa sempre; ma solamente

quando tralasciando il D ne risulti un suono spia-

cevole: nel qual caso si usa anche ned invece di

nè, come ned egli in cambio di nè egli.

Ad alcuni di que' Nomi che finiscono in Vo-

cale accentata s' aggiunge talvolta un'intera sillaba,

 

Pagina 179

 

dicendo pietade o pietate, virtude o virtute ec.

invece di pietà, e virtù; ma ciò si usa più nel

verso, che nella prosa.

 

CAPO VI.

 

DEL RADDOPPIAMENTO

DELLE CONSONANTI.

 

Questa è la parte, in cui errano più di frequen-

te gli abitanti dell’Italia superiore così nel pronun-

ziare, come nello scrivere. Egli è pur difficile

l'assegnarne regole universali, ed esatte. Procurerem

tuttavia di accennare almeno le principali, incomin-

ciando dalle Parole composte , dove le regole son

più costanti, e venendo in seguito alle semplici.

 

Delle Parole Composte.

 

Parole composte si chiaman quelle, che son

formate di due, o più altre unite insieme, come

oltremodo formato di oltre, e modo.

In alcune di queste la Consonante raddoppiasi,

in altre si scrive semplice.

 

Pagina 180

 

 

Parole Composte , in cui raddoppiasi

la Consonante.

 

Nelle Parole composte la Consonante raddop-

piasi.

1.° Quando uno dei Vocaboli componenti fi-

nisce in Vocale accentata, e l’altro incomincia per

Consonante. Così in perciocchè composto di per-

ciò, e che si raddoppia il C, in vedrollo compo-

sto di vedrò, e lo si raddoppia la L.

Conviene eccettuare il pronome gli, che sem-

pre scrivesi con un G solo; come dirogli, man-

derogli.

2° Quando il primo dei Vocaboli componenti

è un Verbo monosillabo, come evvi, statti, van-

ne, fammi composti dei Verbi è, sta, va, fa, e

delle parole vi, ti, ne, mi.

3.° Quando la prima delle Voci componenti

è una delle seguenti particelle A, I, O, CO, SO,

SU, DA, RA, FRA, come accorrere, irriga-

re, opporre, commovere, sollevare, succedere,

dabbene , raccontare , frammettere.

Si eccettua la S impura, che sempre si scrive

semplice, come aspirare , costringere , sospirare.

 

Parole Composte, in cui la Consonante

non si raddoppia.

 

Nelle Parole composte la Consonante non si

raddoppia:

1.° Allorchè la prima delle Voci componenti

 

Pagina 181

 

è di più Sillabe, e non finisce in Vocale accen-

tata, come portami, vedilo , godasi, oltremodo,

altresì, oltremonti, sottoposto ec.

S' eccettuan contra, e sopra, che fan rad-

doppiare la Consonante che lor succede, come

contrapporre , soprattutto.

Anche altre raddoppia in dltreltanto, e al-

trettale, ma non in altresì; ogni raddoppia in

Ognissanti; oltra raddoppia in oltracciò, che pe-

rò equivale ad oltr' a ciò.

2.° Quando la prima è una delle Particelle

DE, RE, PRE, come deridere, regolare, pre-

mettere.

 

Parole Composte, in cui la Consonante

or si raddoppia, ed or no.

 

Vi sono alcune particelle, che ora fan rad-

doppiare la Consonante , ed ora no.

TRA raddoppia solamente in trattenere.

DI raddoppia solamente la F, e la S, come

diffondere, dissimile

Ma circa alla F si eccettua difetto, e difen-

dere: circa alla S si deve osservare, che quando

la seconda delle parole componenti comincia per

Vocale, invece di DI si scrive DIS, ma con una

S sola, come disinganno, disonore.

IN raddoppia sempre di sua natura, quando

la seconda delle Voci componenti comincia per N,

come innato , innumerabile, e qualche volta an-

che quando la seconda comincia per Vocale, come

innacquare, innabissare, innalzare, innamorare,

innanellare, innanimare , innanzi.

SE raddoppia solamente in sebbene; e seppure.

RI solamente in rinnegare , rinnestare , rin-

novare.

 

Pagina 182

 

PRO solamente in proccurare , proffilare, e

provvedere, che però scrivonsi ancora senza rad-

doppiamento , cioè procurere , profilare, e prove-

dere.

E raddoppia il C, e la F, come eccedere,

eccitare , effeminato , effusione, ed anche il B,

ed il P in ebbene, ed eppure.

 

Delle Parole Semplici.

 

Intorno alle Parole semplici deve osservarsi:

1.° Che niuna Consonante si scrive mai dop-

pia al principio della parola, nè dopo un'altra

Consonante diversa ; perciò non si scriverà ffiato

apparrso , ma fiato , apparso.

2.° Che tutte le parole derivate da un’ altra

vogliono essere scritte come quella, da cui deriva-

no: perciò attivo , atteggiamento, attualmente ec.

si scrivono con due T, come atto.

Si eccettui mellifluo, che ha due L, benchè

mele ne abbia una sola; il che però avviene, per-

chè è tratto dal Latino mellifluus.

Dubitare all’ incontro scrivesi con un sol B,

e dubbio, dubbioso ec. con due.

Anche i Verbi tacere, piacere, e giacere

fuori di taccio, piaccio, giaccio ; taccia, piaccia,

giaccia; e tacciano, piacciano , giacciano han

tutto il resto con un C solo.

È però da notare che questi Verbi nel Tem-

po Passato hanno tacqui, piacqui, giacqui; tacque,

piacque, giacque; tacquero, piacquero, giacquero,

dove il Q equivale ad un secondo C: la qual so-

stituzione del Q al C si fa allo stesso modo in

nacqui, nocqui, acqua, acquisto, e simili.

 

 

Pagina 183

 

3.° Che innanzi all’ I seguito da altra Vocale

le Consonanti B, C, F, P si raddoppiano quasi

sempre, spezialmente se le due Vocali forman dit-

tongo, come nebbia , caccia, graffio , doppio,

coppia (un pajo). S'eccettua bacio, cacio, ta-

ciuto, giaciuto , piaciuto , e le parole, ove le due

Vocali si pronunziano separate, come audacia,

tenacia , fallacia , prosapia , inopia, copia (ab-

bondanza ).

4.° Che innanzi allo stesso I seguito da altra

Vocale le Consonanti D, L, M, N, R, V, Z

non si raddoppiano quasi mai, come sedia, olio,

premio , testimonio , gloria, savio , grazia.

Si eccettuino Mummia, bestemmia, pazzia, e

poche altre.

5.° Che la S innanzi all’ I seguita da altra

Vocale si scrive doppia quando si pronunzia aspra,

come Messia, passione, e semplice quando si

pronunzia dolce, come cortesia, occasione.

6.° Che il G sempre si scrive semplice in-

nanzi alle Lettere ion, come ragione , prigione ,

cagione.

Se non v'è la N, è più difficile il fissarne

regola. Tuttavia si osservi, che nelle parole deri-

vate dal Latino, se il G è sostituito alle Conso-

nanti D, o J, deve sempre esser doppio, come

da modius, radius, Majus, mojor ec. moggio,

raggio , Maggio, maggiore: se è posto invece

del T, delta S, o del medesimo G, per ordina-

rio è semplice come da palatium, Ambrosius,

collegium ec. palagio, Ambrogio, collegio.

7.° Che nelle parole derivate dal Latino le

Consonanti CT, e PT si cambiano in due T,

come rectus retto , fructus frutto, aptus atto,

ineptas inetto: e GM si cambia in due M, come

fragmentum frammento, dogmaticus dommatico.

 

Pagina 184

 

Si eccettui rispetto a GM augmentum au-

mento , segmentum segmento; e per riguardo a

CT sanctus santo, tinctus tinto, unctus unto, e

simili, dove il T non raddoppiasi, perchè vien

dopo un’ altra Consonante.

 

CAPO VII.

 

DELLA DIVISIONE DELLE PAROLE

IN FIN DI LINEA.

 

Quando una Parola non cape tutta intera in una

linea, e se ne trasferisce una parte nella linea se-

guente , si deve essa divider sempre esattamente

fra Sillaba, e Sillaba.

In ciò le regole da tenersi son le seguenti:

1.° Le Vocali che forman Dittongo, non si

debbono mai dividere l’ una dall’ altra; quindi non

si scriverà sci#o#gli#e#re, pi#ano, bu#ono; ma

scio#glie#re , pia#no, buo#no.

2.° Quando una Consonante semplice è posta

fra due Vocali, si deve unire alla Vocale seguen-

te, non alla precedente, come a#mi#co, di#vi#no,

a#do#ra#bi# le.

Si eccettuin le Parole composte, che sempre

si debbon dividere nelle lor componenti, come mal-

agevole , dis#inganno.

3.° Allorchè in mezzo alla Parola s'incontrano

due Consonanti della medesima specie, come bb ,

cc, dd ec. una di esse deve congiungersi alla Vo-

cale precedente, e l’altra alla seguente, come

at#to, ac#cet#to , as#sog#get#ta#to.

 

Pagina 185

 

4.° La S con tutte le Consonanti che la se-

guono s' appoggia sempre alla Vocale che viene

appresso, come que#sto , a#spet#to , vo#stro.

Si eccettuin sempre le Parole composte, come

dis#porre, dis#giungere.

5.° Se di due Consonanti fra lor diverse la

prima è un’ F, o una di quelle che chiamansi mu-

te, cioè B, C, D, G, P, T, V, e la seconda

è una di quelle che diconsi liquide, cioè L, M,

N, R , s uniscono amendue alla Vocale seguente,

come a#cre, ve#tro, de#gno ec. In Latino si fa

lo stesso ancora con CT, PT, MN, come do-

ctus , a#ptus, o#mnis.

6.° In tutti gli altri casi quando fra due Ve-

cali si trovano due Consonanti di diversa specie,

la prima s’ unisce sempre alla Vocale precedente ,

la seconda alla seguente, come cen#to, al#to,

er#to ec.

7.° Se le Consonanti son tre, la prima s’uni-

sce alla Vocale precedente, le altre due alla se-

guente, come om#bra , sem#pre, in#clito : eccetto

quando la prima sia un S, come s'è detto di sopra.

8.° Convien guardarsi dal terminare la linea

con una Consonante apostrofata, la quale dee sem-

pre far Sillaba colla prima Vocale della Parola

seguente.

 

Pagina 186

 

 

CAPO VIII.

 

DELLE INTERPUNZIONI.

 

 

L uso de’ Punti, e delle Virgole si è introdotto

per indicare le pause del discorso, e distinguerne

i sensi.

ll Punto fermo o finale si mette alla fine d'o-

gni Periodo, cioè quando il senso è interamente

compiuto.

Se questo non contiene alcuna esclamazione ,

nè interrogazione, si adopera un Punto semplice.

Se v' ha esclamazione si scrive in questo modo (!),

come oh me misero! Se interrogazione, si scrive

in quest'altro modo (?), come Che fai? Che pensi?

 

I due Punti si adoprano :

1.° Per separare le parti maggiori di un lungo

periodo, come sogliono essere molti di quelli, in

cui la prima parte comincia per siccome, o quan-

tunque, e la seconda per così, nondimeno, e

simili.

2.° Allorchè ad un senso per sè compiuto si

vuol aggiungerne un altro, che vi abbia connes-

sione.

3.° Quando si vogliono riferire le precise pa-

role dette da alcuno.

Il Punto e Virgola serve a separare le parti

minori di un Periodo, e si usa frequentemente

innanzi a ma, poichè , perciocchè , e simili; ed

anche innanzi a così, pure, nondimeno ec. quan-

do la sospensione della prima parte non sia stata

troppo lunga.

La Virgola serve a distinguere le parti mini-

 

Pagina 187

 

me, ossia i piccoli sensi, che entrano insieme uniti

a formare il Periodo.

Ella si pone ordimariamente:

1.° Avanti le congiunzioni e, o, nè, se, co-

me, perchè, acciocchè, affinchè , onde, dove,

che, il quale, cioè, vale a dire ec. Sebbene,

quando la distinzione del senso già sia chiara per

sè medesima, innanzi ad alcune di queste congiun-

zioni la virgola or si tralascia.

 

2.° Quando due, o più nomi, o aggettivi, o

verbi, o avverbj van nel discorso uniti insieme,

come: Le quattro parti della Terra sono l’ Eu-

ropa, l'Asia, l'Africa, e l'America.

3.° Fra due Virgole pur si pongono i Voca-

tivi, cioè i nomi dellè Persone, a cui è diretto il

discorso, come: Odi, o Cesare, chi ti chiama.

Porgimi, Antonio, cotesto libro.

A vie meglio dichiarare l’ uso del punto, dei

due punti, del punto e virgola, e delle virgole

servirà il seguente periodo tolto dall’ Orazione di

Monsignor della Casa a Carlo V.

Siccome noi veggiamo intervenir alcuna volta,

Sacra Maestà, che quando o cometa, o altra

nuova luce è apparita nell'aria, il più delle genti

rivolte al Cielo mirano colà, dove quel maravi-

glioso lume risplende: così avviene ora del vostro

splendore, e di Voi; perciocchè tutti gli uomini,

ed ogni popolo, e ciascuna parte della terra

risguorda inverso di Voi solo.

Un senso posto frammezzo ad un altro o per

modo d’ avvertimento, o per digressione, o per

altro motivo, si chiama una Parentesi.

Se questa è breve, si suol racchiudere fra due

virgole, come nel Casa: Quelli, che ciò fare non

vogliono, de’ quali la moltitudine è grande, tali

do questa amicizia riputati eseer deono, quali ec.

 

Pagina 188

 

Se è lunga, si chiude fra due semilune, come

nel medesimo : Ponga mente ancora a fare che

gli atti, i movimenti, lo andare, lo stare, il

sedere, il giacere, le mani, gli occhi, la voce

non solamente non sieno di belle maniere prive

(comechè ciò ad altra scienza più che a questa

appartenga ); ma ancora di riverenza, e di os-

servanza verso l' Amico superiore dieno segnale.

Quando si riferisce alcun passo di qualche Au-

tore, se è breve, si suole sotto segnare con linee;

se è lungo, al principio, ed al fine vi si pongono

due Virgole accoppiate (,,), le quali da molti si

sogliono aggiungere anche al principio d'ogni riga.

 

Pagina 189

 

INDICE.

INTRODUZIONE pag. 3

Libro I. Dell Etimologia.

Sezione I. Spiegazione generale del Discorso

e delle sue Parti " 5

Capo I. Natura ed uso di ciascuna Parte

del Discorso " 6

Capo II. Del Discorso e di ciò che forma

una Proposizione " 13

Sezione II. Dei Nomi e degli Aggettivi " 16

Capo I. Dei motivi per cui si cambiano le

terminazioni nei Nomi e negli Aggettivi " ivi

Capo II. Dei Generi " 17

Capo III Dei Numeri " 20

Capo IV. Dei Segnacasi e degli Articoli " 23

Capo V. Dell’uso degli Articoli " 27

Capo VI. Degli Aggettivi comparativi e

superlativi " 31

Capo VII. Dei Nomi e degli Aggettivi

aumentativi, diminutivi, e peggiorativi " 32

Capo VIII. De’ Nomi personali " 34

Capo IX. Degli Aggettivi indicativi, e sin-

golarmente de’ Pronomi " 36

Sezione III. Dei Verbi e dei Participj " 46

Capo I. De’ motivi per cui si cambiano

le desinenze nei Verbi " ivi

Capo II. Dei Modi " 47

Capo III. Dei Tempi " 48

Capo IV. Dei Verbi transitivi e intransi-

tivi, e della loro divisione in attivi,

passivi, e neutri " 51

Capo V. Delle Conjugazioni " 52

 

Pagina 190

 

Capo VI. Conjugazione de’ Verbi ausiliari

Avere ed Essere pag. 53

Capo VII. Osservazioni intorno alle Con-

jugazioni de’ Verbi ausiliari , e al loro

uso co’ Verbi attivi e neutri ” 58

Capo VIII. Conjugazione de’ Verbi attivi

e neutri  ” 60

Capo IX. Osservazioni intorno alle Con-

Jugazioni precedenti ” 66

Capo X. Del Passato rimoto dell’Indica-

tivo ” 67

Capo XI. Dei Futuri dell'Indefinito e del

Soggiuntivo ” 68

Capo XII. Dei Participj ” 69

Capo XIII. Dei Gerundj ” 73

Capo XIV. Degli Aggettivi verbali " ivi

Capo XV. Dei Verbi passivi " 75

Capo XVI. Dei Verbi anomali o irregolari " ivi

Capo XVII. Dei Verbi difettivi ” 85

Sezione IV. Delle Preposizioni , degli Av-

verbj, delle Congiunzioni, e degl’ In-

terposti " 86

Capo I. Delle Preposizioni ” ivi

Capo II. Degli Avverbj ” 95

Capo III. Delle Congiunzioni " 101

Capo IV. Degl' Interposti ” 104

Libro II. Della Sintassi " 106

Sezione I. Delle Concordanze ” ivi

Capo I. Concordanza dell’ Aggettivo col

Nome ” 107

Capo II. Concordanza del Verbo col Sog-

getto della Preposizione ” 108

Sezione II. Del Reggimento ” 109

Capo I. Del Reggimento de’ Nomi " ivi

Articolo I. Dei Nomi retti da' Verbi in-

transitivi " ivi

 

Pagina 191

 

Articolo II. Dei Nomi retti da’ Verbi

transitivi  pag. 111

Articolo III. Dei Nomi retti dalle altre

Parti del Discorso " 114

Capo II. Del Reggimento de’ Verbi " 115

Articolo I. De’ Verbi retti da altri Verbi " ivi

Articolo II. Dei Verbi retti dalle Con-

giunzioni " 118

Sezione III. Della Costruzione " 120

Sezione IV. Delle Figure gramaticali " 122

Capo I. Dell’ Ellissi " 123

Articolo I. Zeugma " ivi

Articolo II. Ellissi " 124

Capo II. Del Pleonasmo " 126

Capo III. Della Sillessi " 129

Capo IV. Dell’Enallage " ivi

Capo V. Dell’ Iperbato " 130

Appendice de’ Sinonimi, e delle Parole che

si usano in più sensi diversi " 131

Sinonimi apparenti " 132

Verbi adoperati in diversi sensi " 134

Nomi e Aggettivi usati in diversi sensi " 141

Libro III Della Ortoepia o retta Pronunzia " 143

Introduzione " ivi

Capo I. Della Pronunzia delle Lettere " 146

Articolo I. Delle Vocali " ivi

Difetti nella Pronanzia delle Vocali " 147

 

Articolo II. Delle Consonanti " 148

Difetti nella Pronunzia delle Consonanti " 152

Capo II. Della Pronunzia delle Sillabe " 154

Articolo I. Dei Dittonghi e Tritonghi " ivi

Articolo II. Delle Sillabe miste di Con-

sonanti e di Vocali " 156

Articolo III. Difetti nella Pronunzia delle

Sillabe " 159

 

Pagina 192

 

Articolo I. Del non aggiugnere o togliere

a ciò che è scritto pag. 160

Articolo II. Delle Pose della voce o de-

gli Accenti " 162

Libro IV. Dell Ortografia " 165

Introduzione " ivi

Capo I. Dell’ Alfabeto Italiano " 166

Capo II. Dell’ Accento ” 171

Capo III. Dell’ Apostrofo — ”

Capo IV. Del Troncamento delle Parole " 174

Capo V. Dell’Accrescimento delle Parole " 178

Capo VI. Del Raddoppiamento delle Con-

sonanti " 179

Capo VII. Della Divisione delle Parole

in fin di linea " 184

Capo VII. Delle Interpunzioni " 186

 

 

 

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